nell'orto con luca

riflessioni sul quotidiano

 

 

 

SPIRITO GUERRIERO E LINGUA TAGLIENTE

“Vedo la vostra società tec-no-logica / che vi divora sotto i vostri occhi / sento le vostre urla angosciate / che esaltano l’avidità attraverso il progresso / mentre cercate degli anticipi materiali / il suono dei fiori che muoiono / porta messaggi con il vento”

John Trudell usa versi taglienti, per parlare del mondo di oggi. Esprime un anelito di spiritualità, di rispetto della sacralità della natura e della dignità umana; ed attacca il modello di Civiltà Occidentale, portatrice di violenza e di sopraffazione. Come quando svolgeva i suoi carismatici interventi nell’American Indian Movement (“Non dobbiamo farci confondere e ingannare dalle loro illusioni. Non esiste una cosa come il potere militare; esiste solo il terrorismo militare. Non esiste una cosa come il potere economico; esiste solo lo sfruttamento economico... Cercano di programmare le nostre menti e di ingannarci con queste illusioni per farci credere che sono loro ad avere il potere, ma non è così...”).Sin dai tempi dell’AIM non crede nella politica (“L’uno per cento che costituisce la classe dominante e sfruttatrice, e che oggi controlla le economie del mondo, non muterà con le attuali regole politiche. Ci mentiranno, creando l’illusione del cambiamento, e ci metteranno davanti una faccia dopo averci fatto altre promesse”).Con le sue canzoni denuncia i modelli della classe dominante: “Guerra del ricco / strade industriali / confini di classe / parla il denaro / che trasforma la lingua / in pezzi di carta / guerra del ricco / la società dell’uomo libero / furiosa / insicurezza violenta”. Non si considera però un ‘cantautore politico’: tratta tematiche che considera di significato universale, e che rivolge ad ogni persona inquieta e disposta ad ascoltare. Una caratteristica, questa, ancor più evidente nello struggente e crepuscolare CD “Blue Indians” (“Indiani melanconici”). Parla di amori finiti: “Tu eri la mia preghiera il mio libro di virtù / eri la mia eroina la mia cocaina / eri la mia ricchezza il mio splendore / eri i miei misteri e le mie risposte / eri il mio oggi e il mio domani / sei stata qui ma non abbastanza a lungo / Donna graziosa nella mia mente / quell’allegria nella mia anima / quei ricordi nel mio cuore / qui lasciati solitari”. Parla di solitudini esistenziali: “Nelle melanconie / ci sono giorni buoni e giorni brutti / con tutto e niente da perdere / mentre il sole che tramonta non si posa mai / e la notte non ha limiti / Il vuoto tra la libertà e l’essere libero / affrontando la realtà innaturale / un bisogno di vedere un bisogno di essere / fuoco d’erba il mio DNA ha bisogno di THC”. E lancia messaggi di denuncia e speranza: “I pensieri di sogni non sono / in realtà sogni / sfuggendo il nulla nulla sfugge / assassini di miti / minano le loro stesse realtà / nutrendo le anime di agitazioni / l’alterazione scorre / erodendo / cuori / consunti / marchiati in prigioni / di immaginazione e dubbio”. Sullo sfondo l’urlo di una chitarra elettrica, e il canto di un cuore Sioux.

© Maurizio Bekar, 1999: diritti riservati.

Questo testo può essere liberamente consultato, oltre che citato in estratto, riprodotto e ridistribuito, citando nelle note: “Da: Maurizio Bekar © 1999, www.bekar.net“ (se ripreso in estratto), o riproducendo integralmente questa nota di copyright, se ripreso integralmente. _________________________________________________________________

 

 

 

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La fierezza dei Nativi d'America

Post n°81 pubblicato il 18 Giugno 2012 da lucatosoni60

 

Dei Nativi d'America ho amato da sempre la fierezza. Il loro sguardo non si è abbassato mai, la loro schiena è rimasta alta nonostante le sferzate e le angherie del bianco. Hanno avuto il coraggio di parlare con schiettezza senza doppio fine, hanno rifiutato la lingua biforcuta dei bianchi. Cavallo Pazzo, Geronimo, Cochise, Toro Seduto, Captain Jack, Capo Giuseppe sono rimasti guide fino all'ultimo istante e se si sono arresi è stato per salvaguardare la loro gente...sono morti ma senza essere schiavi. Oggi sembra succedere la stessa cosa. Chi porta le proprie ferite, i propri dolori con fierezza, chi parla senza timore  sembra soccombere di fronte alla meschinità e all'arroganza di molti. Oggi emerge l'arte del piagnisteo, del non coraggio, del nascondersi per non dire ciò che si pensa. 

 

 

 
 
 

il Dio in cui non credo (Juan Arias)

Post n°80 pubblicato il 03 Giugno 2012 da lucatosoni60


Sì, io non crederò mai in: 
Il Dio che «sorprenda» l'uomo in un peccato di debolezza. 
Il Dio che condanni la materia. 
Il Dio incapace di dare una risposta ai problemi gravi di un uomo sincero e onesto che dice piangendo: «non posso». 
Il Dio che ami il dolore. 
Il Dio che metta la luce rossa alle gioie umane. Il Dio che sterilizza la ragione dell'uomo. 
Il Dio che benedica i nuovi Caini dell'umanità. 
Il Dio mago e stregone. 
Il Dio che si faccia temere. 
Il Dio che non si lasci dare del tu. 
Il Dio nonno di cui si possa abusare. 
Il Dio che si faccia monopolio di una Chiesa, di una razza, di una cultura, di una casta. 
Il Dio che non abbia bisogno dell'uomo. 
Il Dio lotteria con cui si vinca solo a sorte. 
Il Dio arbitro che giudichi sempre col regolamento alla mano. 
Il Dio solitario. 
Il Dio incapace di sorridere di fronte a molte monellerie degli uomini. 
Il Dio che «giochi» a condannare. 
Il Dio che «mandi» all'inferno. 
Il Dio che non sappia aspettare. 
Il Dio che esiga sempre dieci agli esami. 
Il Dio capace di essere spiegato da una filosofia. 
Il Dio che adorano quelli che sono capaci di condannare un uomo. 
Il Dio incapace di amare quello che molti disprezzano. 
Il Dio incapace di perdonare tante cose che gli uomini condannano. 
Il Dio incapace di redimere la miseria. 
Il Dio incapace di capire che i «bambini» debbono insudiciarsi e sono smemorati. 
Il Dio che impedisca all'uomo di crescere, di conquistare, di trasformarsi, di superarsi fino a farsi «quasi un Dio». 
Il Dio che esiga dall'uomo, perché creda, di rinunciare a essere uomo. 
Il Dio che non accetti una sedia nelle nostre feste umane. 
Il Dio che è capito soltanto dai maturi, i sapienti, i sistemati. 
Il Dio che non è temuto dai ricchi alla cui porta sta la fame e la miseria. 
Il Dio capace di essere accettato e compreso dagli egoisti. 
Il Dio onorato da quelli che vanno a messa e continuano a rubare e a calunniare. 
Il Dio asettico, elaborato in un gabinetto scientifico da tanti teologi e canonisti. 
Il. Dio che non sappia scoprire qualcosa della sua bontà, della sua essenza là dove vibra un amore per quanto sbagliato. 
Il Dio a cui piaccia la beneficenza di chi non pratica la giustizia. 
Il Dio per cui è il medesimo peccato compiacersi alla vista di due belle gambe, distrarsi nelle preghiere, calunniare il prossimo, frodare del salario gli operai o abusare del potere. 
Il Dio che condanni la sessualità. 
Il Dio del «me la pagherai». 
Il Dio che si penta, qualche volta di aver regalato la libertà all'uomo. 
Il Dio che preferisca l'ingiustizia al disordine. 
Il Dio che si accontenti che l'uomo si metta in ginocchio anche se non lavora, 
il Dio muto e insensibile nella storia di fronte ai problemi angosciosi della umanità che soffre. 
Il Dio a cui interessino le anime e non gli uomini. 
Il Dio morfina per il rinnovamento della terra e speranza soltanto per la vita futura. 
Il Dio che crei discepoli che disertano i compiti del mondo e sono indifferenti alla storia dei loro fratelli. 
Il Dio di quelli che credono di amare Dio, perché non amano nessuno. 
Il Dio che è difeso da quanti non si macchiano mai le mani, non si affacciano mai alla finestra, non si gettano mai nell'acqua. 
Il Dio a cui piacciano quelli che dicono sempre: «tutto va bene». 
Il Dio di quelli che pretendono che il sacerdote cosparga di acqua benedetta i sepolcri imbiancati delle loro sporche manovre. 
Il Dio che predicano i preti che credono che l'inferno è pieno e il cielo quasi vuoto. 
Il Dio dei preti che pretendono che si possa criticare tutto e tutti all'infuori di loro. 
Il Dio che giustifichi la guerra. 
Il Dio che ponga la legge al di sopra della coscienza. 
Il Dio che sostenga una chiesa statica, immobile, incapace di purificarsi, di perfezionarsi e di evolversi. 
Il Dio dei preti che hanno risposte prefabbricate per tutto. 
Il Dio che neghi all'uomo la libertà di peccare. 
Il Dio che non continui a scomunicare i nuovi farisei della storia. 
Il Dio che non sappia perdonare qualche peccato. 
Il Dio che preferisca i ricchi. 
Il Dio che «causi» il cancro, che «invii» la leucemia, che «renda sterile» la donna o che «si porti via» il padre di famiglia che lascia cinque creature nella miseria. 
Il Dio che possa essere pregato solo in ginocchio, che si possa incontrare solo in chiesa. 
Il Dio che accetti e dia per buono tutto ciò che i teologi dicono di lui. 
Il Dio che non salvi quanti non lo hanno conosciuto ma lo hanno desiderato e cercato. 
Il Dio che «mandi» all'inferno il bambino dopo il suo primo peccato. 
Il Dio che non dia all'uomo la possibilità di potersi condannare. 
Il Dio per cui l'uomo non sia la misura di tutto il creato. 
Il Dio che non vada incontro a chi lo ha abbandonato. 
Il Dio incapace di far nuove tutte le cose. 
Il Dio che non abbia una parola diversa, personale, propria per ciascun individuo. 
Il Dio che non abbia mai pianto per gli uomini. 
Il Dio che non sia la luce. 
Il Dio che preferisca la purezza all'amore. 
Il Dio insensibile di fronte a una rosa. 
Il Dio che non possa scoprirsi negli occhi di un bambino o di una bella donna o di una madre che piange. 
Il Dio che non sia presente dove vibra l'amore umano. 
Il Dio che si sposi con una politica. 
Il Dio di quanti pregano perché gli altri lavorino. 
Il Dio che non possa essere pregato sulle spiagge. 
Il Dio che non si riveli qualche volta a colui che lo desidera onestamente. 
Il Dio che distrugga la terra e le cose che l'uomo ama di più invece di trasformarle. 
Il Dio che non abbia misteri, che non fosse più grande di noi. 
Il Dio che per renderci felici ci offra una felicità separata dalla nostra natura umana. 
Il Dio che annichilisca per sempre la nostra carne invece di risuscitarla. 
Il Dio per cui gli uomini valgono non per ciò che sono ma per ciò che hanno o che rappresentano. 
Il Dio che accetti come amico chi passa per la terra senza far felice nessuno. 
Il Dio che non poserà la generosità del sole che bacia quanto tocca, i fiori e il concime. 
Il Dio incapace di divinizzare l'uomo facendolo sedere alla sua tavola e dandogli la sua eredità. 
Il Dio che non sappia offrire un paradiso in cui noi ci sentiamo fratelli e in cui la luce non venga solo dal sole e dalle stelle ma soprattutto dagli uomini che amano. 
Il Dio che non sia l'amore e che non sappia trasformare in amore quanto tocca. 
Il Dio che abbracciando l'uomo già qui sulla terra non sappia comunicargli il gusto, la gioia, il piacere, la dolce sensazione di tutti gli amori umani messi insieme. 
Il Dio incapace di innamorare l'uomo. 
Il Dio che non si sia fatto vero uomo con tutte le sue conseguenze. 
Il Dio che non sia nato dal ventre di una donna. 
Il Dio che non abbia regalato agli uomini la sua stessa madre. 
Il Dio nel quale io non possa sperare contro ogni speranza. 
Sì, il mio Dio è l'altro Dio.

 

 

 
 
 

Quanto sei contestabile, Chiesa...

Post n°79 pubblicato il 03 Giugno 2012 da lucatosoni60

"Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo! Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità! Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più duro, di più generoso, di più bello.

Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure.

No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te.
E poi, dove andrei? A costruirne un'altra?

Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti, perché sono i miei che porto dentro. E se la costruirò sarà la Mia Chiesa, non più quella di Cristo.

L'altro ieri un amico ha scritto una lettera ad un giornale: "Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi non è più credibile". Mi fa pena!
O è un sentimentale che non ha esperienza e lo scuso; o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri.

Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra. San Francesco urlava: "Tu mi credi santo, e non sai che posso ancora avere dei figli con una prostituta, se Cristo non mi sostiene".

La credibilità non è degli uomini, è solo di Dio e del Cristo. Degli uomini è la debolezza e semmai la buona volontà di fare qualcosa di buono con l'aiuto della grazia che sgorga dalle vene invisibili della Chiesa visibile.
Forse la Chiesa di ieri era migliore di quella di oggi? Forse che la Chiesa di Gerusalemme era più credibile di quella di Roma?".
(...)
"Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità.
No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io".
(...)

"Ma poi c'è ancora un'altra cosa che è forse più bella. Lo Spirito Santo, che è l'Amore, è capace di vederci santi, immacolati, belli, anche se vestiti da mascalzoni e adulteri.
Il perdono di Dio, quando ci tocca, fa diventare trasparente Zaccheo il pubblicano, e immacolata la Maddalena, la peccatrice.

È come se il male non avesse potuto toccare la profondità metafisica dell'uomo. E' come se l'Amore avesse impedito di lasciare imputridire l'anima lontana dall'Amore. "Io ho buttato i tuoi peccati dietro le mie spalle", dice Dio a ciascuno di noi, e continua: "Ti ho amato di amore eterno, per questo ti ho riservato la mia bontà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine Israele" (Ger 31,3-4).

Ecco, ci chiama "vergini" anche quando siamo di ritorno dall'ennesima prostituzione nel corpo e nello spirito e nel cuore.

In questo, Dio è veramente Dio, cioè l'unico capace di fare le "cose nuove".
Perché non m'importa che Lui faccia i cieli e la terra nuovi, e più necessario che faccia "nuovi" i nostri cuori.
E questo è il lavoro di Cristo.
E questo è il lavoro divino della Chiesa. 

Fratel Carlo Carretto 

 
 
 

lettere d'amore

Post n°78 pubblicato il 02 Giugno 2012 da lucatosoni60

 

 

Fernando Pessoa chiese gli occhiali 

e si addormentò 
e quelli che scrivevano per lui 
lo lasciarono solo 
finalmente solo... 
così la pioggia obliqua di Lisbona 
lo abbandonò 
e finalmente la finì 
di fingere fogli 
di fare male ai fogli... 

e la finì di mascherarsi 
dietro tanti nomi, 
dimenticando Ophelia 
per cercare un senso che non c'è 
e alla fine chiederle "scusa 
se ho lasciato le tue mani, 
ma io dovevo solo scrivere, scrivere 
e scrivere di me..." 
e le lettere d'amore, 
le lettere d'amore 
fanno solo ridere: 
le lettere d'amore 
non sarebbero d'amore 
se non facessero ridere; 
anch'io scrivevo un tempo 
lettere d'amore, 
anch'io facevo ridere: 
le lettere d'amore 
quando c'è l'amore, 
per forza fanno ridere. 

E costruì un delirante universo 
senza amore, 
dove tutte le cose 
hanno stanchezza di esistere 
e spalancato dolore. 

Ma gli sfuggì che il senso delle stelle 
non è quello di un uomo, 
e si rivide nella pena 
di quel brillare inutile, 
di quel brillare lontano... 

e capì tardi che dentro 
quel negozio di tabaccheria 
c'era più vita di quanta ce ne fosse 
in tutta la sua poesia; 
e che invece di continuare a tormentarsi 
con un mondo assurdo 
basterebbe toccare il corpo di una donna, 
rispondere a uno sguardo... 

e scrivere d'amore, 
e scrivere d'amore, 
anche se si fa ridere; 
anche quando la guardi, 
anche mentre la perdi 
quello che conta è scrivere; 
e non aver paura, 
non aver mai paura 
di essere ridicoli: 
solo chi non ha scritto mai 
lettere d'amore 
fa veramente ridere. 

Le lettere d'amore, 
le lettere d'amore, 
di un amore invisibile; 
le lettere d'amore 
che avevo cominciato 
magari senza accorgermi; 
le lettere d'amore 
che avevo immaginato, 
ma mi facevan ridere 
magari fossi in tempo 
per potertele scrivere... 

 
 
 

L'unica cosa che resta

Post n°77 pubblicato il 13 Maggio 2012 da lucatosoni60

 "L'unica cosa che resta" 

E' sceso il buio intorno
mi vedi
è ancora vivi a la fiamma
che trema
prendi ancora fiato
e andiamo
non ti spaventare
noi possiamo

faremo fino in fondo
ogni strada chiusair
supereremo gole
fiumi di acqua velenosa

ogni giorno è un salto
e un posto caro da lasciare
dormi che tra poco è chiaro
e ti dovrò svegliare

meno male che si sei ancora
meno male che ci sei tu
dietro una porta sbarrata a tutti
sei riuscito a trovarmi

 

meno male che si sei ancora
meno male che ci sei tu
per una via sconosciuta agli altri
sei riuscita a toccarmi

la notte è ferma adesso
ci aspetta
il profondissimo mare asciutto
in cui perdersi e nuotare
guarda che sia leggero il peso
poco puoi portare
lascia ogni fatica
lascia andare

meno male che si sei ancora
meno male che ci sei tu
giravo a vuoto senza partire
sei riuscito a guidarmi

meno male che batte ancora
meno male che arrivi tu
cadendo indietro tra le tue dita
fino a dimenticarmi

passeremo freddo e vuoto
solo allora si vedrà
che brilliamo ancora nel profondo dove il cielo
meno male che ridi ancora
meno male che sei con me
ogni ora che va veloce
sei tu la cosa che resta
l'unica cosa che resta

 

 

 
 
 
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INFO


Un blog di: lucatosoni60
Data di creazione: 31/07/2011
 

 

 

 

Tosoni Luca è nato a Sant'Elpidio a Mare il 10 Giugno 1960, è Insegnante di Religione all'Istituto Statale Istruzione Tecnica, Professionale e Scientifica "L Einaudi" di Porto Sant' Elpidio. E'docente di Teologia Morale e di Sociologia della Religione presso l'Istituto Teologico Marchigiano (Fermo-Ancona) e di Teologia Morale speciale presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose "Mater Gratiae" di Ascoli Piceno. Ha conseguito il Dottorato in Teologia Morale presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino "Angelicum" (Roma) e si è laureato in Sociologia presso l'Università di Urbino. Sposato da venti anni, ha un figlio, Mattia. Insieme alla moglie Patrizia è stato responsabile della Pastorale familiare della Diocesi di Fermo. Tiene corsi di aggiornamento per insegnanti di Religione e collabora costantemente con Villa Nazareth (FM), casa diocesana di spiritualità familiare, tenendo relazioni per fidanzati e coppie. Ha pubblicato diversi articoli di taglio morale e sociologico su riviste specializzate sia locali che nazionali. Infine, è autore di varie pubblicazioni. 

 

 

 

MIE PUBBLICAZIONI

Casa Editrice “La Piccola“ (Celleno-VT):

-Vivere e costruire l’amore. Itinerario di spiritualità coniugale (2001),

-Siate forti e coraggiosi. Il ruolo del genitore cristiano in una società che cambia (2002),

-I sentieri della vita. Riflessioni etiche sul nascere, vivere, morire (2003).

 

Casa Editrice Effata (Cantalupa-TO):

-Affidarsi alla vita. Il racconto di un affido familiare (2004),

-Coniugi in crisi, matrimoni in difficoltà. Teologia, magistero e pastorale si confrontano (2003). in collaborazione con D. Giancarlo Grandis

 

Casa Editrice Dehoniane (Bologna):

-Uno sguardo accogliente.Temi di spiritualità coniugale (2007),

 

Casa Editrice Aletti (Villalba di Guidonia- RM):

- La sofferenza e il dolore tra esperienza umana e speranza cristiana (2008).

- Mitakuye oyasin. Un racconto sui Lakota Sioux (2010)


Casa Editrice Zefiro (Fermo):

-Dalla cacca allo stallatico. Riflessioni semiserie sull’orto. Con ricette. (2008)

 

Casa Editrice AndreaOppure (Roma)

-Viaggio nel Pentateuco. Lettura, commento e proposta di attualizzazione di alcuni brani (2010).

 

Casa Editrice Kimerik (Messina)

-Gli anni delle immense compagnie. Storie di straordinaria follia (2009).

 

Casa Editrice SensoInverso

-Sonate deliranti. Brevi, rapidi e beffardi sguardi su quanto ci circonda (2010)

 

 

 
 

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