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Post N° 6Sará anche un cipresso di Natale, ma una certa atmosfera la crea comunque…mi sento tutta un po’ gíngol béll…vorrei affacciarmi alla finestra e vedere tetti bianchi e camini fumanti… Quando l’inverno mi sembrava molto piú inverno, e le giornate erano piú di ventiquattr’ore, quella della Befana era senza dubbio una delle figure meno rassicuranti che sapevo introdursi in casa mia. Ne ero terrorizzata. Tanta era la paura di imbattermici, che la notte in cui sapevo sarebbe passata non osavo mettere piede fuori dal letto. Di andare in bagno non se ne parlava. Mia nonna preparava sul tavolo della cucina un bicchiere di vino e un piatto di panbiscotto e salame, che la mattina dopo ritrovavo pieni soltanto delle briciole piú cariche di significato che io ricordi. La calza, di solito la gamba di un vecchio collant con dentro mandarini, noci, qualche cioccolatino e caramelle, era sempre in un posto diverso. La cercavo con un misto di eccitazione e paura e, quando appariva, allo stomaco mancava il fiato per un attimo. Ma la prova indiscutibile dell’esistenza della Befana era la scomparsa del mucchietto di fieno preparato in giardino: lo spuntino avrebbe anche potuto mangiarlo mia nonna, ma a far sparire il fieno non poteva essere che el musséto (l’asinello) della Befana. |