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La Banca Centrale Europea come prestatore di ultima istanza

Post n°731 pubblicato il 24 Settembre 2011 da Lucky340
 

Ripresa di un interessante articolo da melogramo rosso di Paul De Grauwe:


«Con la crisi dell’Eurozona che mette in dubbio la solvibilità della Spagna e dell'Italia, la BCE è ancora una volta intervenuta per fornire liquidità sui mercati obbligazionari governativi. Questo articolo pone la domanda: esiste un ruolo per la BCE come prestatore di ultima istanza?
Nel mese di ottobre 2008 la BCE ha scoperto che c'è di più per una banca centrale che curare la stabilità dei prezzi. La scoperta è avvenuta quando è stata costretta ad aumentare massicciamente la liquidità per salvare il sistema bancario. La BCE non ha esitato a fungere da prestatore di ultima istanza per il sistema bancario, nonostante i timori di moral hazard, l'inflazione, e le implicazioni fiscali delle sue attività di prestito.
Le cose sono state molto diverse quando è esplosa la crisi del debito sovrano, nel 2010. Stavolta la BCE è stata preda di esitazione. Seguì una politica di stop-and-go  nella quale in alcuni momenti ha fornito la liquidità nei mercati obbligazionari governativi e in altri l’ha ritirata. Quando la crisi ha colpito la Spagna e l'Italia nel luglio 2011, la BCE è stata costretta di nuovo a fornire liquidità sui mercati obbligazionari governativi.
Questo comportamento solleva la domanda: c'è un ruolo per la BCE come prestatore di ultima istanza nel mercato dei titoli di Stato?

La fragilità di una unione monetaria
E 'utile iniziare con la descrizione della debolezza dei mercati dei titoli di Stato in una unione monetaria.

  • I governi dell’Eurozona emettono obbligazioni in valuta "straniera", cioè una di cui non controllano il corso legale.
  • Così i governi non possono garantire ai sottoscrittori che avranno sempre la liquidità necessaria per pagare l’obbligazione alla scadenza.


Questo contrasta con i paesi che stanno “per conto loro” e  che emettono obbligazioni sovrane nella loro valuta. Questa caratteristica permette a questi paesi di poter garantire che il denaro sarà sempre disponibile a pagare i detentori di obbligazioni. È per questo che un paese “per conto suo” può fornire una garanzia implicita, la banca centrale è un prestatore di ultima istanza nel mercato dei titoli di Stato.
L'assenza di tale garanzia rende i mercati delle obbligazioni sovrane in una unione monetaria incline alle crisi di liquidità e contagio – in modo molto simile a come erano i sistemi bancari prima che le banche centrali li sostenessero come prestatori di ultima istanza.

Come l'esistenza di un prestatore di ultima istanza impedisce corse agli sportelli
Nei sistemi bancari senza questo sostegno, i problemi di solvibilità di una banca possono condurre rapidamente i titolari di depositi di altre banche a ritirare i loro depositi (in altre parole, una corsa agli sportelli). Questo mette in moto una crisi di liquidità per il sistema bancario nel suo complesso. Il passo successivo si presenta quando le banche cercano di vendere i loro beni, spingendo così verso il basso i loro prezzi. Il crollo dei prezzi dei beni può andare avanti fino al punto in cui le banche devono più di quanto posseggono. Ecco come la crisi di liquidità innescata da una corsa agli sportelli può degenerare in una crisi di solvibilità, giustificando così i timori che hanno portato i titolari di depositi alla corsa agli sportelli.
E' stato esattamente questo tipo di instabilità che è stato risolto obbligando la banca centrale a svolgere il ruolo di prestatore di ultima istanza. Il punto è che quando le persone sanno che in ogni caso recupereranno il proprio denaro, non si fanno prendere dal panico prelevando fondi. La cosa veramente interessante di questa soluzione è che raramente deve essere usata. L'esistenza stessa di un prestatore di ultima istanza previene la perdita di fiducia a cascata.

I mercati dei titoli di Stato in una unione monetaria hanno la stessa struttura del sistema bancario

Acquirente di ultima istanza per i titoli di Stato
Quando sorgono problemi di solvibilità in un paese (ad esempio, la Grecia), gli obbligazionisti possono vendere titoli di altre nazioni perchè temono il peggio. Questa perdita di fiducia può innescare una crisi di liquidità in questi altri mercati perché non c'è nessun acquirente di ultima istanza. Senza una tale barriera, le paure possono crescere fino a quando il problema di liquidità degenera in un problema di solvibilità. Nel caso di obbligazioni, il ciclo inizia quando la perdita di fiducia aumenta i tassi di interesse che i governi devono pagare per rinnovare le obbligazioni. Ma l'interesse più alto danneggia la solvibilità dei governi. Poiché vi è sempre un tasso di interesse abbastanza alto per rendere qualsiasi paese insolvente, il ciclo di paura e crescita di tassi di interesse potrebbe portare ad un default che si auto-realizza.
L'argomento più importante per la nomina della BCE quale prestatore di ultima istanza sui mercati obbligazionari governativi è quello di prevenire che i paesi siano spinti in questa sorta di cattivo equilibrio –una crisi del debito che si auto realizza. In un certo senso si può affermare che la natura di autorealizzazione delle aspettative genera un fallimento del coordinamento, cioè la paura di liquidità insufficiente spinge i paesi in una situazione  in cui ci sarà liquidità insufficiente per il governo e il settore bancario. La banca centrale può risolvere questo fallimento di coordinamento, fornendo prestiti di ultima istanza.

Sostenere le banche senza sostenere il debito pubblico può essere costoso
L’impossibilità di svolgere il ruolo di prestatore di ultima istanza per i titoli di Stato comporta il rischio di costringere la BCE ad attualizzare la loro promessa di essere prestatore di ultima istanza per le banche nei paesi colpiti da una crisi del debito sovrano. E questo tipo di prestito è quasi certamente più caro del sostegno al debito pubblico. Il motivo è che di solito le passività del settore bancario di un paese sono molte volte più grande della passività del governo nazionale. Questo è mostrato nella Figura 1. Osserviamo che le passività delle banche nella zona euro rappresentano circa il 250% del PIL. Questo a fronte di un rapporto debito-PIL nella zona euro pari a circa l'80% nello stesso anno.

Figura 1 Passività bancarie come percentuale del PIL


 

 

 

 

 

 

 

Fonte: FMI, Global Financial Stability Report, 2008

Se l'argomento per assegnare alla BCE il ruolo di prestatore di ultima istanza sui mercati obbligazionari governativi è forte, l'opposizione a tale mandato è altrettanto intensa. Fatemi rivedere i principali argomenti che sono stati formulati contro l’assegnazione del ruolo di prestatore di ultima istanza alla BCE.

Rischio di inflazione
Un argomento popolare contro un ruolo attivo della BCE come prestatore di ultima istanza nel mercato obbligazionario sovrano è che questo porterebbe ad inflazione.Con l'acquisto di titoli di Stato, si dice, la BCE aumenta la massa monetaria portando quindi ad un rischio di inflazione. Un aumento dello stock di moneta non porta sempre a un aumento dell'inflazione, come ci ha insegnato Milton Friedman?
Una distinzione fondamentale è la differenza tra il denaro e lo stock di moneta. Quando la banca centrale acquista titoli di Stato (o altre attività) aumenta la base monetaria (quella in circolazione e i depositi delle banche presso la banca centrale). Questo non significa che lo stock di moneta aumenti. In effetti durante i periodi di crisi finanziarie, la base monetaria e la disponibilità di moneta tendono a diventare scollegate.
Un esempio di questo è mostrato nella Figura 2 Si osserva che prima della crisi bancaria di ottobre 2008 entrambi gli aggregati erano molto legati. Da ottobre 2008, tuttavia, la disconnessione è diventato davvero spettacolare. Per salvare il sistema bancario, la BCE ha massicciamente accatastato attività sul proprio bilancio, la cui controparte è stato un forte aumento nella base monetaria. Ciò non ha avuto alcun effetto sulla massa monetaria (M3). In effetti la seconda è andata diminuendo fino alla fine del 2009.

Figura 2 Base monetaria e M3 nella zona Euro (2007 = 100)

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: BCE, Statistical Data Warehouse

Questo è accaduto perché le banche hanno accumulato liquidità fornita dalla BCE, e non l’hanno usata per estendere il credito al settore non bancario. Un fenomeno simile è stato osservato negli Stati Uniti e Regno Unito.
Un altro modo per capire questo fenomeno è notare che quando scoppia una crisi finanziaria, gli agenti vogliono detenere liquidità per motivi di sicurezza. Se la banca centrale decide di non fornire il denaro, finisce per trasformare la crisi finanziaria in recessione economica ed, eventualmente, in una depressione, mentre gli agenti finanziari combattono per i contanti. Quando invece la banca centrale esercita la sua funzione di prestatore di ultima istanza e amplia la base monetaria, si ferma il processo deflazionistico. Il chè non ci permette di concludere che la banca centrale rischia di creare inflazione.

Che cosa avrebbe detto Milton Friedman?
Tutto questo è stato molto ben compreso da Milton Friedman, il padre del monetarismo che non può essere sospettato di favorire le politiche inflazionistiche. Nel suo classico scritto insieme a Anna Schwartz, “A monetary history of the US”, sosteneva che la Grande Depressione fu così intensa perché la Federal Reserve non riuscì a svolgere il suo ruolo di prestatore di ultima istanza, e non aumentò la base monetaria degli Stati Uniti a sufficienza (Friedman e Schwartz 1961).

In effetti, a pagina 333, Friedman e Schwartz hanno una figura molto simile alla figura 2,  che mostra come, durante il periodo 1929-1933, lo stock di moneta statunitense sia diminuito, mentre la base monetaria ("high powered money") è aumentata. Friedman e Schwartz hanno sostenuto con forza che la base monetaria sarebbe dovuto crescere molto di più e che il modo per raggiungere questo obiettivo era l'acquisto di titoli di Stato. Con grande dispiacere di Friedman e Schwartz, la Federal Reserve non è ha fatto nulla di tutto ciò. Coloro che oggi temono i rischi inflazionistici delle operazioni del prestatore di ultima istanza farebbero bene a leggere Friedman e Schwartz (1961).

Conseguenze fiscali
Una seconda critica è che le operazioni di un prestatore di ultima istanza sui mercati obbligazionari il governo possono avere conseguenze fiscali. La ragione è che se i governi non riescono a onorare i loro debiti, la BCE incorrerà in delle perdite. Così intervenendo sui mercati obbligazionari governativi, la BCE sta impegnando futuri contribuenti. La BCE dovrebbe evitare operazioni che mescolano politiche monetarie e fiscali (vedi Goodfriend 2011).
Tutto questo sembra ragionevole. Eppure non riesce a riconoscere che tutte le operazioni di mercato aperto (comprese le operazioni sul mercato dei cambi), comportano il rischio di perdite e quindi di avere implicazioni fiscali. Quando una banca centrale acquista titoli privati ​​nel contesto di una sua operazione sul mercato aperto, c'è un rischio, perché l'emittente della obbligazione può fare default. Ciò determinerà quindi delle perdite per la banca centrale. Queste perdite non sono in alcun modo diverse dalle perdite in cui la banca centrale può incorrere nell’acquistare titoli di Stato. Quindi, l'argomento implica in realtà che una banca centrale dovrebbe astenersi da qualsiasi operazione di mercato aperto. Ma allora smette di essere di una banca centrale

Vi è un'altra dimensione del problema che risulta dalla fragilità dei mercati dei titoli del governo in un'unione monetaria.

  • I mercati finanziari possono condurre i paesi in un circolo vizioso, dove il default diventa inevitabile;
  • l'uso del prestatore di ultima istanza può impedire che i paesi siano spinti in un tale circolo, e
  • se l'intervento da parte delle banche centrali ha successo non ci saranno perdite, e nemmeno conseguenze fiscali.


Che dire del moral hazard?
Come con tutti i meccanismi di assicurazione c'è il rischio di moral hazard. Fornendo l’assicurazione di un prestatore di ultima istanza, la BCE dà un incentivo ai governi ad emettere troppo debito. Questo è davvero un grave rischio. Ma questo rischio di azzardo morale non è diverso dal rischio di azzardo morale nel sistema bancario Sarebbe un grave errore se la banca centrale dovesse abbandonare il suo ruolo di prestatore di ultima istanza nel settore bancario, perché c'è il rischio di moral hazard. Allo stesso modo è sbagliato che la BCE abbandoni il suo ruolo di prestatore di ultima istanza nel mercato dei titoli di Stato perché c'è un rischio di azzardo morale.

Il modo di affrontare l'azzardo morale è quello di imporre regole che vincolano i governi nell'emissione del debito in modo molto simile a come è affrontato l’azzardo morale nel settore bancario attraverso l'imposizione di limiti all’assunzione di rischi da parte delle banche.

Separare la disciplina di moral hazard e le funzioni del prestatore di ultima istanza
In generale è meglio separare la disposizione di liquidità dalle preoccupazioni sull’azzardo morale. L’offerta di liquidità deve essere gestita da una banca centrale, la governance sul moral hazard da un'altra istituzione, l’autorità di vigilanza. Questo è stato l'approccio adottato nella strategia verso il settore bancario, la banca centrale si assume la responsabilità del prestatore di ultima istanza, garantendo così la fornitura illimitata di liquidità in tempi di crisi, indipendentemente da ciò che questo comporta in termini di azzardo morale, l'autorità di vigilanza si prende la responsabilità di regolazione e supervisione delle banche.

Questo dovrebbe essere il disegno della governance della zona euro. La BCE si assume la responsabilità del prestatore di ultima istanza nei mercati delle obbligazioni sovrane. Un'autorità diversa e indipendente assume la responsabilità di regolare e sovrintendere alla creazione del debito da parte dei governi nazionali.

Che dire degli stati insolventi?
Idealmente, la funzione di prestatore di ultima istanza deve essere utilizzata solo quando le banche (o i governi) hanno esperienza di problemi di liquidità. Non dovrebbe essere usata quando sono insolventi. Questa è la dottrina formulata da Bagehot (1873).3 E' quindi fortemente sentita dagli economisti nel Nord Europa (vedi Plenum der Ökonomen 2011). La banca centrale non dovrebbe attuare piani di salvataggio delle banche o dei governi che sono in bancarotta.
Questo è certamente corretto. Il problema con questa dottrina, tuttavia, è che il più delle volte è difficile distinguere tra le crisi di liquidità e solvibilità. Molti economisti concordano sul fatto che oggi la Grecia sia insolvente. Ma per quanto riguarda la Spagna, Irlanda, Portogallo, Italia e Belgio? Gli economisti migliori e più brillanti non sono d'accordo sulla questione se i governi di questi paesi sono solo a corto di liquidità o se soffrono di un problema di solvibilità profondo. 
Come potrebbero saperlo i mercati?

Come sostenuto in precedenza, quando scoppiano le crisi del debito sovrano in una unione monetaria, molto spesso capita di vedere un mix di problemi di liquidità e solvibilità. Crisi di liquidità aumentano il tasso di interesse sul debito emesso dai governi e rapidamente degenerano in problemi di solvibilità. Problemi di solvibilità spesso portano a crisi di liquidità che intensificano il problema di solvibilità. Perciò è facile dire che la banca centrale dovrebbe fornire liquidità ai governi o alle banche, che sono illiquidi ma solventi. Tuttavia nel mondo reale, spesso è molto difficile attuare questa dottrina.

EFSF e ESM: poveri surrogati
La BCE ha chiarito che non vuole perseguire il suo ruolo di prestatore di ultima istanza nel mercato dei titoli di Stato. Questo ha costretto i membri della zona euro a creare un istituto surrogato (il Fondo Europeo per la Stabilità Finanziaria o EFSF e il futuro Meccanismo di Stabilità Europeo o ESM).4 Il problema di questo istituzione è che non avrà mai la credibilità necessaria per fermare le forze del contagio, non può garantire che il denaro sarà sempre disponibile a pagare gli obbligazionisti possessori di titoli sovrani.

  • Anche se le risorse di questa istituzione dovessero essere raddoppiate o triplicate rispetto al suo attuale livello di 440 miliardi di euro, non sarebbero ancora sufficienti.
  • Solo una banca centrale che può creare una quantità illimitata di denaro può fornire tale garanzia.

 

Inoltre, l’EFSF e il futuro ESM hanno una struttura di governance che li rende poco adatti alla gestione delle crisi. Ogni paese mantiene un potere di veto. Di conseguenza, le decisioni del EFSF e del futuro ESM verranno continuamente messe in discussione dalle preoccupazioni politiche locali (“true Finns” in Finlandia, Geert Wilders in Olanda, e così via).

L’EFSF e il futuro ESM semplicemente non possono sostituire la BCE. Pertanto, è particolarmente dannoso che la BCE abbia annunciato di voler trasferire la sua funzione di prestatore di ultima istanza a tali istituzioni. Questa è la strada più sicura per crisi future.

Conclusione
La BCE è stata indebitamente influenzato dalla teoria che l'inflazione dovrebbe essere l'unica preoccupazione di una banca centrale. Sta diventando sempre più evidente che anche la stabilità finanziaria deve essere sullo schermo radar di una banca centrale, infatti, la maggior parte delle banche centrali sono state create per risolvere il problema di instabilità endemica dei sistemi finanziari. Con la loro potenza di fuoco illimitata, le banche centrali sono le uniche istituzioni in grado di stabilizzare il sistema finanziario in tempi di crisi.

Per consentire alla BCE per avere successo nello stabilizzare i mercati obbligazionari sovrani della zona euro, dovrà mettere in chiaro che è pienamente impegnata a esercitare la sua funzione di prestatore di ultima istanza. Infondendo fiducia, un tale impegno potrà garantire che la BCE non abbia bisogno di intervenire sui mercati obbligazionari governativi nella maggior parte dei casi, proprio come l'impegno ad essere un prestatore di ultima istanza nel sistema bancario assicura che solo raramente  la banca centrale debba fornire supporto come prestatore di ultima istanza.

Ma se il sostegno della BCE come prestatore di ultima istanza sui mercati obbligazionari sovrani è una caratteristica necessaria del governo della zona euro, non è sufficiente. Al fine di prevenire future crisi nella zona Euro, passi significativi verso una maggiore unificazione politica saranno comunque necessari. Alcuni passi in questa direzione sono stati presi di recente, quando il Consiglio Europeo ha deciso di rafforzare il controllo sui processi di bilancio nazionale e sulle politiche macroeconomiche nazionali. Queste decisioni, tuttavia, sono insufficienti e si impongono modifiche più radicali nel governo della zona euro. Queste ultime devono essere tali che la banca centrale può essere sicura che il suo ruolo di prestatore di ultima istanza sui mercati obbligazionari governativi non porterà ad una dinamica infinita di creazione del debito.

Referenze
Bagehot, W (1873), Lombard Street, 14th ed., Henry S. King and Co.
Buiter, W (2008), “Can Central Banks Go Broke?”, CEPR Policy Insight No. 24.
Calvo, Guillermo (1988), “Servicing the Public Debt: The Role of Expectations”, American Economic Review, 78(4):647?661.
De Grauwe, P (2011), “The Governance of a Fragile Eurozone”, Economic Policy, CEPS Working Documents.
Eichengreen, B, R Hausmann, U Panizza (2005), “The Pain of Original Sin”, in B Eichengreen and R Hausmann, Other people’s money: Debt denomination and financial instability in emerging market economies, Chicago University Press.
Friedman, M and A Schwartz (1961), A Monetary History of the United States 1967-1960, Princeton University Press.
Goodfriend, M (2011), “Central Banking in the Credit Turmoil: An Assessment of Federal Reserve Practice”,?Journal of Monetary Economics.
Goodhart, Charles and Gerhard Illing (eds.) (2002), Financial Crises, Contagion, and the lender of last resort, a Reader, Oxford University Press.
Gros, D and T Mayer (2010), “Towards a European Monetary Fund”, CEPS Policy Brief.
Kopf, Christian, (2011), “Restoring financial stability in the Eurozone”, CEPS Policy Briefs.
Plenum der Ökonomen (2011), “Stellungnahme zur EU-Schuldenkrise”.


1 See Kopf(2011) and De Grauwe(2011) for more on this point. For formal theoretical models see Calvo(1988) and Gros(2011). This problem also exists with emerging countries that issue debt in a foreign currency. See Eichengreen, et al.(2005).
2 The same is true with foreign exchange market operations that can lead to large losses as has been shown by the recent Swiss experience.
3 See also Goodhart and Illing (2002)
4 Gros and Mayer(2010) were the first to propose the creation of a European Monetary Fund to substitute for the ECB.
This column was first published by Voxeu.org

Paul De Grauwe

Traduzione a cura di Andrea Pisauro

 

Ps_

vedi anche il recente articolo da noi pubblicato dello stesso autore

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Commenti al Post:
Lucky340
Lucky340 il 24/09/11 alle 09:23 via WEB
<b<FUGNOLI prova ad indicare una via di uscita:
da il rosso e il nero
Nelle prossime settimane paura e nervosismo domineranno i mercati. Si entra in sala operatoria e ci si deve affidare a medici che finora non hanno brillato per lucidità e hanno spesso litigato tra loro. I timori di contagio saranno continui e la psicosi sarà difficile da tenere sotto controllo.
Tutto passa e passerà anche questa. La speranza ragionevole è che il tutto sia per il meglio e che dopo una fase di travaglio emerga un’Europa più solida.

Il primo dato positivo, in questo quadro difficile, è che alla fine tutti stanno facendo la cosa giusta. I paesi forti, Germania più di tutti, hanno avuto la loro fase di turbamento e confusione, durante la quale hanno flirtato con il tema tabù, quello dell’abbandonare i deboli al loro destino. Alla fine, però, è prevalsa, a quanto è dato di capire, l’idea di accettare una maggiore integrazione, sia pure con regole severe.

Simmetricamente, nei paesi deboli e meno disciplinati ci si è cullati nell’idea di essere troppo interconnessi con i paesi forti per potere essere lasciati soli, si è sognata prematuramente la panacea degli eurobond e, sempre meno sottovoce, si è anche accarezzata l’idea di rovesciare il tavolo, mandare al diavolo i creditori e rimborsarli con i soldini del Monopoli. Alla fine si è capito che quelle che appaiono come invitanti scorciatoie sono in realtà dei campi minati e ci si è convinti a farsi curare sul serio.
Intendiamoci, nei paesi forti la cacofonia non è cessata e gli euroscettici parlano ancora. Se si ascolta bene, però, si nota che le voci più autorevoli della fronda hanno cambiato i loro toni. Roesler, il capo dei liberali tedeschi, è ora molto più morbido. Quanto alla Csu bavarese, continuerà a fare resistenza e a richiedere puntigliosamente garanzie, ma non remerà contro. Alla fine, chi conta nel governo è ancora e sempre la signora Merkel, che ha ormai maturato l’idea che la soluzione passi per una maggiore integrazione delle politiche economiche dell’Eurozona. Se i liberali vorranno tirarsi indietro si rifarà una coalizione con l’Spd o si andrà alle elezioni, dalle quali emergerà comunque una maggioranza proeuropea.
Integrazione, per la Merkel e per Schauble, non significa Stati Uniti d’Europa. Significa fissare insieme, per ogni paese, degli obiettivi vincolanti di bilancio e affidare a un signore poco carismatico che faccia da parafulmine, Van Rompuy, il compito di vigilare con severità sugli indisciplinati e, più avanti, di prendere per tutti decisioni impopolari, come ad esempio l’innalzamento dell’età della pensione. Niente di retorico o di appariscente, quindi, ma qualcosa di molto più stringente di quello che c’è già. In cambio, implicitamente, la Germania garantirebbe, nella fase di transizione, un appoggio finanziario ai paesi deboli attraverso la Bce e l’Efsf.

Quanto ai paesi debitori, la linea è quella di isolare la Grecia da tutti gli altri. Atene sta di fatto accettando di essere commissariata. La manovra della settimana scorsa (quella della patrimoniale attraverso le bollette della luce) era greca, la manovra di questa settimana è europea ed è stata dettata per telefono da Berlino. E’ una manovra dura, che va al di là degli obiettivi concordati nei mesi scorsi e non è ancora chiaro se verrà completata da una ristrutturazione morbida del debito (quella che è in discussione con le banche) e da un successivo buy back o se il taglio di capelli per gli obbligazionisti sarà più profondo.

Quello che è certo è che si punta, questa volta, a dare una sistemazione più strutturale, duratura e convincente dei problemi della Grecia. Si punta cioè a un debito sostenibile (da servire con tassi vicini a quelli tedeschi), a una forte riduzione del disavanzo e a riforme strutturali. Per le banche greche arriveranno aiuti e per la crescita si sbloccheranno fondi europei.
La difficoltà sarà quella di convicere i mercati che la ristrutturazione del debito greco non sarà il primo tassello del domino e non penalizzerà troppo i creditori privati. Portogallo, Spagna, Irlanda e Italia sono oggi in una situazione impegnativa ma sostenibile. Per evitare il contagio, probabile in caso di panico, dovranno continuare a comportarsi esemplarmente ed essere sostenuti dalla retorica e dai soldi illimitati della Bce.

Il secondo intervento chirurgico cui l’Europa si sottoporrà riguarderà le banche che, volenti o nolenti, verranno obbligate a ricapitalizzarsi per 200-300 miliardi, da cercare sul mercato o da accettare dall’Efsf. Gli azionisti saranno ulteriormente diluiti, ma diluiti è meglio che azzerati. Il modello sarà quello della Tarp americana più che quello delle nazionalizzazioni all’inglese.......
 
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