Liberi come l'aria.

A Roma litigano, e a Messina si commissaria il comune.

Dicono che lo sbattere di ali di una farfalla in Cina, può generare un tornado che investe gli Stati Uniti.
In questo caso, più che di una farfalla, si è trattato di due pachidermi della politica.
Bobo e Gianni, che non sono per nulla un duo comico, e che francamente a me non fanno ridere per niente, si sono messi a litigare su chi dei due possiede la proprietà dei simboli socialisti. Dal canto suo, Bobo Craxi sosteneva di avercela lui, come se quel simbolo fosse una sua eredità familiare. Mentre Gianni de Michelis, in virtù del suo scisma che intende preservare la purezza socialista (che è quanto dire!), sostiene di potersene avvalere.

Il risultato è che, in seguito a questa lite, che vede vincitore de Michelis, gli unici a perdere veramente sono i Messinesi.
Per effetto della sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, infatti, le scorse elezioni che videro vincitore Francantonio Genovere, candidato del centrosinistra, sono state invalidate.
Paradossalmente, il motivo è che l'esclusione del simbolo dei socialisti di De Michelis dalla scheda elettorale, ha danneggiato la democrazia.
In poche parole, i diritti democratici di Gianni De Michelis, sono da anteporre ai diritti degli elettori messinesi.
Se consideriamo che De Michelis avrebbe voluto creare una sua lista per puro puntiglio nei confronti di Craxi, soprattutto per farsi riconoscere l'uso del simbolo, e che i candidati in questa lista erano dei napoletani, mai visti e sentiti da queste parti, è giusto ritenere che i risultati delle sue preferenze sarebbero stati pari a zero.
Di fatto, per colpa di una bega personale di De Michelis contro Craxi, che nulla ha a che fare con la Città e con la gestione del suo comune, noi oggi vediamo annullato il risultato democratico delle urne.

Lo disse il marchese del Grillo.
"Io sono io, e voi non siete un cazzo."