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Studi di settore: I conti tornano. La giustizia no.

Post n°99 pubblicato il 09 Giugno 2007 da luloca

Già dal '92, se non ricordo male, si ebbe questa grande trovata degli studi di settore. Un bello studio non c'è che dire! I numeri sono tutti a posto, per le previsioni di entrate fiscali è una trovata geniale. Si può stabilire in anticipo una soglia minima entro la quale di sicuro si assesteranno le entrate fiscali: decisamente un aspetto comodo per la gestione amministrativa dello stato.
Ma, oltre ai numeri, che quadrano perfettamente, c'è qualcosa che non torna. Come si fa a stabilire un reddito minimo per una attività in proprio?
Considerato che le variabili di qualsiasi attività imprenditoriale oscillano dallo 0 a 100, e che qualsiasi cosa può mettere in crisi il fatturato. Come si fa ad essere così sicuri che alla fine, il tal dei tali, dovrà dichiarare al fisco non meno di un tot?

Per mia esperienza posso dirvi che le attività in proprio sono quelle più remunerative, ma sono anche quelle che nascondono i maggiori rischi e sorprese. I fatturati sono determinati: dalle commesse, dalla situazione economica del paese, dalla localizzazione, da quanto ci sa fare chi conduce gli affari, dal non dover affrontare situazioni difficili e impreviste (vedi malattie, lutti, o altri problemi gravi), ed infine dal culo, che è l'elemento che "statisticamente" determina maggiormente i risultati. Andando ad analizzare tutte queste variabili, qualsiasi persona di buonsenso capirebbe che gli studi di settore, che fissano una soglia minima da pagare in base al campo di attività, senza considerare minimamente la realtà del contribuente, non sono solo una stronzata, ma anche un modo vessatorio di far pagare, a chi non raggiungere quei risultati, anche ciò che non è dovuto. Di contro, danno modo a chi evade, di poterlo fare meglio ed impunemente.

L'aspetto sconcertante è che nella legge fiscale, non è neanche previsto e considerato, che un contribuente possa trovarsi ad essere sotto quella soglia di reddito. Ne consegue che chi presenterà una dichiarazione "non congrua" secondo quei parametri, riceverà a casa una cartella esattoriale, in cui gli sarà imposto di pagare la differenza. In altri termini, non solo per quell'anno contributivo non avrà raggiunto il reddito medio del suo settore, ma dovrà integrarlo di tasca sua, pagando IVA ed altri balzelli, per redditi mai percepiti.

Un mio vecchio professore diceva spesso che la statistica è quella scienza secondo la quale, se un tale ha mangiato due polli, ed io neanche uno, alla fine abbiamo mangiato un pollo a testa. In questo caso il guaio è che di quei due polli, lui ne ha pagato solo uno, e l'altro lo dovrei offrire io.

Fino a quando i numeri conteranno più delle persone?

 
Rispondi al commento:
piandeloa
piandeloa il 09/06/07 alle 12:31 via WEB
è una realtà evidente. è sotto gli occhi di tutto che due negozi o due bar con la stessa superficie che si trovano sulla stessa via, che vendono più o meno gli stessi articoli, non lavorano mai allo stesso modo. Di solito uno è pieno di lavoro e uno è vuoto. Non ha senso calcolare un reddito presunto e ha un sacco di conroindicazioni. Ad esempio favorisce il lavoro nero, perché se assumo un dipendente, secondo gli studi, devo per forza guadagnare molto di più. Il risultato è che chi guadagna moltissimo si adegua al minimo senza rischiare controlli. e chi guadagna poco è costretto a chiudere. Di conseguenza il gettito fiscale rimane praticamente invariato, a spese dei più poveri. Io, ad esempio, preferirei continuare con la mia attività anche se guadagnassi 1000\1500 euro al mese, piuttosto di chiudere, ma lo stato non me lo permetterebbe. Ci sarebbero altre 1000 considerazioni da fare (ad esempio mi chiedo come possano applicare gli studi di settore agli agenti di commercio, che hanno guadagni incomparabili fra loro all'interno della stessa categoria), ma sono talmente schifato che non e ho nemmeno la voglia.
 
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Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli, scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. Saranno con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi di poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sè i bambini, e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua. Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali. Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni, vestiti di stracci asiatici, e di camice americane. Subito i Calabresi diranno, come malandrini a malandrini: «Ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!»
 

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