KAYSERSBERG- EGUISHEIM

Post n°12 pubblicato il 14 Agosto 2005 da lpmaggio73

L’ultima tappa della giornata è Kaysersberg, una volta città imperiale oggi centro vinicolo. È attraversato dal fiume Weiss sul quale conserva ancora un ponte del 1400/1500 che fa parte delle antiche mura difensive del paese, oggi quasi del tutto distrutte. Le case sono più alte e signorili, e sovrastate come sempre dalle rovine dell’antica fortezza del 1400.

Dopo il lungo giro sulla strada dei vini, torniamo soddisfatti a Colmar. I vini…ecco di cosa mi ero dimenticata di parlare… e si perchè tra un paese e l’altro ci siamo fatti una cultura sui vitigni locali. Tutti i vini alsaziani sono A.O.C (Appelation d’Origine Controlleè) e portano il nome del vitigno e sono presentati nella bottiglia tipica alsaziane “Flute D’alsace”.

Ci sono 3 AOC: alsace, alsace gran cru, cremant d’alsace (i più vivaci e delicati).

Sono presenti sul territorio sette vitigni: Sylvaner (leggero dal sapore fruttato), Pinot Bianco (delicato), Riesling (secco e fruttato), Moscato (secco), Pinot Grigio (di lunga persistenza in bocca), Gewurztraminer (aromatico, fruttato e floreale), Pinot nero (unico vitigno di rosso o rosè, aroma fruttato alla ciliegia).

Il quarto giorno del nostro viaggio avrebbe dovuto essere consacrato alla visita della via dei formaggi, che parte da Munster, ma non mi sento un gran che bene e così decidiamo di rimanere a Colmar e di visitarla con più calma e soprattutto con il sole...e devo dire che è tutt’altra cosa.

Nel pomeriggio sto un po’ meglio e così andiamo a Eguisheim, l’ultimo dei villaggi alsaziani ..le vacanze stanno per finire!

Ultimo, ma anche più tipico è infatti un paese fortificato come gli altri, ma in più è completamente circolare cosa che rende la visita davvero particolare perchè proseguendo lungo stradine fiancheggiate da casine coloratissime e curate a livello maniacale, si arriva, giro dopo giro alla piazza centrale dominata da ben tre chiese, due più piccole (sono più che altro due cappelle) e una davvero imponente.

La cittadina a dato i natali al futuro papa Leone IX che qui è raffigurato un po’ ovunque.

In questo paesino ci procuriamo finalmente le prove per affermare con assoluta certezza che la cura estrema di questa case, sarà anche in parte dovuta a un amore per l’ordine e i fiori delle signore alsaziane, ma è sicuramente ostentata per attirare i turisti.

Girando, girando per le vie concentriche di questo paese, può infatti capitare al turista che non si lascia distrarre dagli acquisti, di entrare nella strada sbagliata, ovvero quella che da sul retro della casine a graticcio scoprendo così che non sono affatto curate, ma anzi che sono quasi in rovina. Le facciate deliziose e un pò leziose, sono solo tali, ovvero facciate di case dal retro assolutamente fatiscente e talvolta diroccato che si affaccia su strade non lastricate ma ancora di terra battuta. Sarà...ma quasi quasi, queste stradine abbandonate mi piacciano di più, le sento più vere e a loro modo belle, di una bellezza autentica e genuina.

Il villaggio, che si è meritato la targa di villaggio tra i più belli di francia, è piccolo, ma richiede quasi tutto il pomeriggio per essere visitato a dovere, è infatti ricco di scorci panoramici, di torri (la più antica è quella dei Voleurs, vale a dire dei ladri), di fontane medievali e di pozzi (da notare che qui come in tutti i villaggi visitati, i pozzi non sono solo ornamentali, ma sono tutt’ora funzionanti). C’è anche un piccolo museo con strumenti di tortura e un museo della vita contadina.

Il nostro ultimo pomeriggio in Alsazia si conclude con una passeggiata trai vigneti. La sera, dopo aver finalmente assaggiato la Chocrutte (buoni i cavoli, mentre la carne è stata un po’ una delusione) passeggiamo tra le stradine illuminate e iniziamo a pensare a come sarebbe bello tornare in questi luoghi in inverno, magari a Natale che qui è molto sentito e festeggiato, tanto che esistono negozi specializzati in decorazioni natalizie (davvero molto belle) aperti anche in estate.

 
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Haut Koenigsbourg

Post n°11 pubblicato il 14 Agosto 2005 da lpmaggio73

Fine della parentesi culturale...riprendiamo il viaggio. Dopo Hunawir è la volta di una meta affollata, caotica e assolutamente, completamente, turistica.

Il castello du Haut Koenigsbourg ! E’ uno dei tanti castelli fortificati che popolano gli speroni rocciosi delle alte colline che sovrastano la zona. Ciò che lo rende diverso è il fatto di aver avuto in sorte un lungo, attento restauro.

Gli altri castelli infatti, anche se visti da lontano mantengono la loro imponenza, sono fortezze del vuoto, i loro muri interni sono per lo più crollati e non rimane che l’involucro esterno a rappresentanza di antiche fortezze militari.

A Haut Koenigsbourg questo destino è stato risparmiato, forse perchè era il più grande, forse perchè era meno rovinato di altri o forse semplicemente perchè ha un certo punto della sua storia è entrato a fare parte del patrimonio forestale di Selestat, una città non distante, che per iniziativa dell’imperatore Guglielmo II ha dato inizio, agli inizi del 1900 al ripristino del castello. Della struttura originale, rimane molto, ma molto è stato anche ricostruito. L’aspetto attuale del castello è simile a quello che aveva alla fine del 1400, anche se la struttura originaria, un’antica abbazia costruita su uno sperono roccioso è del 1200. Gli interni sono completamente ricostruiti. I mobili  e i decori non sono originali, ma copie fedeli ricostruite a partire da ciò che era rimasto dopo la rovina del castello.

Nota pratica di parcheggio: il castello, a 755 m, è dotato di due parcheggi, uno prima e uno subito dopo il castello, che però sono sempre pieni e così i visitatori lasciano l’auto lungo i margini della strada. Se però non trovate posto nemmeno qui, ed è facile, sarete costretti a scendere dalla collina per poi tornare a salire e provare nuovamente a trovare un parcheggio, visto che non è prevista la possibilità di fare inversione di marcia.

Il costo per l’ingresso è di 7 euro, più se si vuole altri 4 per l’audioguida.

Anche se molto turistico e in parte poco originale, vale la pena visitarlo, se non altro per godere, nelle belle giornate, dello splendido panorama che spazia su tutta la zona attorno fino ai Vosgi e dicono anche fino alla Alpi, nelle giornate veramente terse
 
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HUNAWIR

Post n°10 pubblicato il 14 Agosto 2005 da lpmaggio73

Risaliti in auto ci dirigiamo verso Hunawir e prima di arrivarci (circa 500m prima del paese) ci imbattiamo in un folto gruppo (almeno una decina) si cicogne. Alcune appollaiate sui nidi sopra i tetti di due villette, altre che girano per la campagna. Ovviamente non solo il gruppo delle cicogne è folto, anche quello dei turisti appollaiati ai margini della strada, pronti a immortalare il volo di questo uccello che da queste parti oltre a portare bambini è accreditato anche come porta fortuna.

La presenza di così tanti turista è dovuta al fatto che proprio dietro una delle due villette c’è l’ingresso a un centro per la salvaguardia e la reintroduzione nel territorio delle cicogne, ma leggendo il depliant, scopriamo che si tratta più che altro di un parco di divertimenti, una specie di delfinario fatto per le lontre, castori e animali simili che si esibiscono in una grande vasca trasparente. Così come pure sono previste esibizioni con le cicogne. Ma non era un centro per la salvaguardia…mi sa che i primi dai quali devono salvarsi questi animali sono proprio i direttori del centro, super affollato di turisti e francesi in gita con la famigliola. Accanto o all’interno , non ho capito, vi è anche il giardino delle farfalle… che abbiamo ammaestrato anche loro?! La francia è bella, e i Francesi la sanno vendere molto bene…peccato che troppo spesso cadano nel cattivo gusto!

A 500 m da questo centro superaffollato c’è uno dei paesi più bucolici, tranquilli e ammirevoli della zona. Ovviamente senza l’ombra di turisti. Ammirevole perchè qui le case sono più vere, perchè non si sono preoccupati di dare una mano di vernice colorata su tutte le case e hanno lasciato anche che alcune si presentassero così come erano in origine, spoglie senza tanti fronzoli e orpelli. Le case, normali...abitate dai viticoltori della zona (il paese è letteralmente immerso, inserito nei vigneti) sono ben curate così come i giardini, dove però non abbondano solo fiori, ma anche più concreti orti di cipolle, cavoli e pomodori (che purtroppo per loro credo non mangeranno che a settembre visto che al 4 di agosto sono ancora assolutamente verdi).

Il paese è stupendo e tutto mi ha incantato, dal vecchio lavatoio, alla piccola chiesa, posta su un altura e circondata da un muro di fortificazione con tanto di fossatello, dove però non scorre ne mai è scorsa dell’acqua ma è da sempre stato il luogo di riposo dei defunti del paese. In questo luogo, con le colline coperte dai vigneti, le case in cui hanno sempre abitato e in cui continuano a vivere i loro cari, e i Vosgi in lontananza con le rovine dei castelli di sentinella a sorvegliare la zona, l’ultimo riposo ha un che di dolce e pacificatore.  

Parentesi linguistico-storica. L’Alsazia è da sempre stata contesa tra la Francia e la Germania, passando ora sotto il dominio di una ora dell’altra. Il risultato è stata una commistione di culture, tradizioni, lingua, cucina e architettura e non ultima di religione. In questa zona quasi tutte le chiese (comprese quella di Hunawir) servono sia al culto cattolico sia a quello protestante.

Anche la lingua parlata dagli abitanti del posto, almeno dai più anziani, non è il francese (che comunque parlano perfettamente!) ma l’alsaziano, che altro non è che un intercalare di termini e assonanze francesi e termini e sonorità tedesche. Sembra che gli alsaziani tengano molto a difendere la loro lingua tanto che alla sera dopo il telegiornale regionale in francese ne viene trasmessa una versione in alsaziano, con i sottotitoli in francese.

Notizia curiosa di questo telegiornale, che può far capire quanto questa sia una comunità aperta al turista, ma culturalmente chiusa alla Francia, è la lotta ingaggiata da una panificatrice, parigina, che ha aperto una boulangerie in un paesino isolato, fuori dalle rotte turistiche, dove fino ad allora per prendere il pane fresco bisognava fare 10 km.  Le clienti, quasi tutte anziane in un primo momento hanno disertato il negozio, poi per scoraggiare la “forestiera” hanno deciso di ordinare il pane in alsaziano ben sapendo che la povera panettiera non avrebbe compreso nulla.

 
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Hiroshima

Post n°9 pubblicato il 12 Agosto 2005 da lpmaggio73

Pisu R., (2000). Alle radici del sole. I mille volti del Giappone: incontri, luoghi, riti e follie. Sperling&Kupfer Editori

Nessuno dice mai che Hiroshima, vista dall’alto, dal finestrino di un aereo, per esempio, è bella: un orizzonte di colline, un fiume che si divide in sette lunghe dita che intersecano l’abitato fino al mare, grandi viali alberati. Non lo si dice perchè forse si teme che l’apprezzamento tolga qualcosa all’orrore di quel giorno, il giorno della Bomba.

Chissà se il comandante dell’aereo che sganciò la bomba ebbe il tempo di lanciare un’occhiata a questo panorama, di formulare un pensiero di questo genere, un pensiero fugace, inutile, perchè di quella città che era bella un attimo dopo non rimase più niente, soltanto una nebbia nera e ribollente, un enorme fungo di fumo, rottami e polvere.

 

 
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CORAGGIO CE LA PUOI FARE

Post n°8 pubblicato il 11 Agosto 2005 da lpmaggio73

Insegnami a intraprendere un nuovo inizio,
a rompere gli schemi di ieri,
a smettere di dire a me stesso
“non posso”  quando posso,
“non sono”  quando sono,
“sono bloccato”  quando sono totalmente libero. 

                                             (Rabbi Nachman di Brazlav)

 

 
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