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HUNAWIR

Post n°10 pubblicato il 14 Agosto 2005 da lpmaggio73

Risaliti in auto ci dirigiamo verso Hunawir e prima di arrivarci (circa 500m prima del paese) ci imbattiamo in un folto gruppo (almeno una decina) si cicogne. Alcune appollaiate sui nidi sopra i tetti di due villette, altre che girano per la campagna. Ovviamente non solo il gruppo delle cicogne è folto, anche quello dei turisti appollaiati ai margini della strada, pronti a immortalare il volo di questo uccello che da queste parti oltre a portare bambini è accreditato anche come porta fortuna.

La presenza di così tanti turista è dovuta al fatto che proprio dietro una delle due villette c’è l’ingresso a un centro per la salvaguardia e la reintroduzione nel territorio delle cicogne, ma leggendo il depliant, scopriamo che si tratta più che altro di un parco di divertimenti, una specie di delfinario fatto per le lontre, castori e animali simili che si esibiscono in una grande vasca trasparente. Così come pure sono previste esibizioni con le cicogne. Ma non era un centro per la salvaguardia…mi sa che i primi dai quali devono salvarsi questi animali sono proprio i direttori del centro, super affollato di turisti e francesi in gita con la famigliola. Accanto o all’interno , non ho capito, vi è anche il giardino delle farfalle… che abbiamo ammaestrato anche loro?! La francia è bella, e i Francesi la sanno vendere molto bene…peccato che troppo spesso cadano nel cattivo gusto!

A 500 m da questo centro superaffollato c’è uno dei paesi più bucolici, tranquilli e ammirevoli della zona. Ovviamente senza l’ombra di turisti. Ammirevole perchè qui le case sono più vere, perchè non si sono preoccupati di dare una mano di vernice colorata su tutte le case e hanno lasciato anche che alcune si presentassero così come erano in origine, spoglie senza tanti fronzoli e orpelli. Le case, normali...abitate dai viticoltori della zona (il paese è letteralmente immerso, inserito nei vigneti) sono ben curate così come i giardini, dove però non abbondano solo fiori, ma anche più concreti orti di cipolle, cavoli e pomodori (che purtroppo per loro credo non mangeranno che a settembre visto che al 4 di agosto sono ancora assolutamente verdi).

Il paese è stupendo e tutto mi ha incantato, dal vecchio lavatoio, alla piccola chiesa, posta su un altura e circondata da un muro di fortificazione con tanto di fossatello, dove però non scorre ne mai è scorsa dell’acqua ma è da sempre stato il luogo di riposo dei defunti del paese. In questo luogo, con le colline coperte dai vigneti, le case in cui hanno sempre abitato e in cui continuano a vivere i loro cari, e i Vosgi in lontananza con le rovine dei castelli di sentinella a sorvegliare la zona, l’ultimo riposo ha un che di dolce e pacificatore.  

Parentesi linguistico-storica. L’Alsazia è da sempre stata contesa tra la Francia e la Germania, passando ora sotto il dominio di una ora dell’altra. Il risultato è stata una commistione di culture, tradizioni, lingua, cucina e architettura e non ultima di religione. In questa zona quasi tutte le chiese (comprese quella di Hunawir) servono sia al culto cattolico sia a quello protestante.

Anche la lingua parlata dagli abitanti del posto, almeno dai più anziani, non è il francese (che comunque parlano perfettamente!) ma l’alsaziano, che altro non è che un intercalare di termini e assonanze francesi e termini e sonorità tedesche. Sembra che gli alsaziani tengano molto a difendere la loro lingua tanto che alla sera dopo il telegiornale regionale in francese ne viene trasmessa una versione in alsaziano, con i sottotitoli in francese.

Notizia curiosa di questo telegiornale, che può far capire quanto questa sia una comunità aperta al turista, ma culturalmente chiusa alla Francia, è la lotta ingaggiata da una panificatrice, parigina, che ha aperto una boulangerie in un paesino isolato, fuori dalle rotte turistiche, dove fino ad allora per prendere il pane fresco bisognava fare 10 km.  Le clienti, quasi tutte anziane in un primo momento hanno disertato il negozio, poi per scoraggiare la “forestiera” hanno deciso di ordinare il pane in alsaziano ben sapendo che la povera panettiera non avrebbe compreso nulla.

 
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