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Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 25 Febbraio 2007 da fannyinblu

IL FILOSOFO DELL’INFINITO di Maurizio Vicoli

A 400 anni dalla morte sul rogo, il pensiero di Giordano Bruno mostra ancora tutto il suo fascino innovativo nel campo delle scienze astronomiche.

 Il 17 febbraio del 1600 moriva a Roma, sul rogo di Campo dei Fiori, Giordano Bruno, il filosofo naturalista che per primo, in età moderna, elaborò una tesi organica sulla infinità dell' universo. Il grande merito del filosofo campano consiste nell' aver realizzato un modello cosmologico che, a differenza di quello tomistico-aristotelico, si fonda sull'idea che l'universo sia infinito, e che "finito" e "infinito" sono costituiti della stessa "sustanza" perché essi, così come tutti gli opposti coincidono tra loro. Mai nessuno si era spinto così avanti. Lo stesso Copernico non aveva detto nulla a proposito della natura dell'universo, tanto che Andrea Osiander, primo editore dell' opera copernicana De revolutionibus orbium celestium e considerato da Bruno "solo un asino ignorante e presuntuoso", nel curare la prefazione del celebre libro aveva sottolineato che la teoria eliocentrica di Copernico voleva essere solo un'ipotesi matematica senza alcuna pretesa di rispecchiare la verità fisica. Chi effettivamente irrompe nel quadro culturale dominante del XVI secolo come un fulmine a ciel sereno, è appunto Giordano Bruno che, pur partendo da presupposti di natura filosofico-metafisica, quindi di carattere pre-scientifico, aprirà nuovi e rivoluzionari scenari nel campo dell' astronomia.immagine 

La vita  

Nato nel 1548 a NoIa, Giordano Bruno entrò nell' ordine domenicano all' età di 18 anni e vi rimase circa dieci anni, fino a quando la sua insofferenza per la disciplina ecclesiastica e l'elaborazione delle sue teorie filosofiche (ritenute sin dal principio "pericolose") lo indussero nel 1576 a gettare l'abito monastico e a fuggire dall'Italia. Dopo aver soggiornato a Ginevra, si trasferì a Parigi, dove insegnò filosofia e astronomia, incontrando la feroce opposizione degli aristotelici più intransigenti. Da qui si trasferì in Inghilterra, dove diede alla luce le opere più importanti e poi di nuovo a Parigi. Nel 1591 accettò l'invito del nobile veneziano Giovanni Mocenigo e fece ritorno in Italia. L'anno successivo, però, fu lo stesso Mocenigo a denunciarlo all'Inquisizione come eretico. A Venezia, Bruno riuscì a contrastare gli inquisitori, grazie alla tesi averroistica della doppia verità (la fede e la religione come mezzi di conoscenza della realtà per la gente ignorante; la filosofia e la scienza per gli uomini colti). Tuttavia, una volta trasferito a Roma, subì un processo che durò sette anni, alla fine del quale fu condannato a morte come eretico e bruciato vivo in Campo dei Fiori il 17 febbraio 1600. Le opere più importanti di Bruno furono De l'infinito universo e mondi, La cena delle ceneri, Spaccio della bestia trionfante (tutte del 1584), Gli eroici furori (1585) e De triplici minimo et mensura (1591).   Il "finitamente infinito" immagine

Partendo dalla concezione medievale che i corpi della stessa natura si "cercano" e si "attraggono", Bruno assegnò all'innata tensione umana verso l'infinito non un carattere religioso, nel senso tradizionale del termine, quanto una motivazione di carattere metafisico, cioè il naturale desiderio dell'uomo (che è un essere finito ma che ha in sé una parte di natura infinita) di ricongiungersi all'Infinito globale che si esprime e si manifesta nella Natura. Da qui la definizione che egli dà dell'uomo: un essere "finitamente infinito". L'essere umano infatti è "finito" per estensione fisica e per la durata dell' esistenza ma è anche "infinito" in quanto, pur nella sua finitezza, egli ha dentro di sé una natura infinita, responsabile della sua perenne tensione verso l'Illimitato. Giordano Bruno, quindi, trasferisce l'innata tensione dell'uomo verso l'infinito dalla tradizionale concezione cristiana di naturale propensione dell'anima verso Dio, che ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, a un piano naturalistico-immanente in quanto l'uomo non ricerca l'infinito perché attratto da Dio, ma perché egli vuole ricongiungere la parte di infinito che è dentro di sé con l'infinito totale, che non è trascendente ma immanente, cioè dentro il mondo sensibile, che per Bruno è comunque dotato di anima sensitiva e intellettiva ("panteismo"). Pertanto, Dio, che si identifica con la Natura, si manifesta nel Finito, e il Finito si manifesta nell'Infinito, essendo parte integrante del Tutto; cioè l'uomo si manifesta in Dio (coincidenza degli opposti). immagineUna nuova concezione cosmologica Bruno in questo passo tratto da La cena de le ceneri riduce la concezione aristotelico-tomistica dell'universo ad una semplice ipotesi cosmologica (e quindi vi elimina ogni pretesa di verità assoluta), dello stesso valore di altre ipotesi elaborate a riguardo come quella eliocentrica di Copernico e quella della infinità dell'universo sostenuta dallo stesso Bruno. Il filosofo campano fonda questa concezione sul presupposto che se la causa dell' origine dell'universo, quindi Dio, ha una natura infinita, deve essere infinito anche l'effetto (il Creato): "TEOFILO - Disse appresso Nundinio che non può essere verisimile che la terra si muove, essendo quella il mezzo et centro de l'universo, al quale tocca essere fisso et costante fundamento d'ogni moto. Rispose il Nolano: che questo medesmo può dir colui che tiene il sole essere nel mezzo de l'universo, et per tanto immobile et fisso, come intese il Copernico et altri molti che hanno donato termine circonferenziale a l'universo. Di sorte che questa sua raggione (se pur è raggione) è nulla contra quelli, et suppone i proprii principii. È nulla anco contra il Nolano il quale vuole il mondo essere infinito, et però non esser corpo alcuno in quello al quale simplicimente convegna essere nel mezzo, o nell'estremo, o tra que' dua termini. Ma per certe relazioni ad altri corpi, et termini intenzionalmente appresi.  SMITHO - Che vi par di questo?  TEOFILO - Altissimamente detto. Per che come di corpi naturali nessuno si è verificato semplicemente rotondo, et per conseguenza aver semplicemente centro, cossi anca de moti che noi veggiamo sensibile et fisicamente ne' corpi naturali, non è alcuno che di gran lunga non differisca dal semplicemente circulare, et regolare circa qualche centro: forzensi quantosivoglia color che fingono queste barre et empiture de orbi disuguali, di diversità de diametri, et altri empiastri, et recettarii, per medicar la natura sin tanto che venga al servizio di Maestro Aristotele, o d'altro, a conchiudere che ogni moto è continuo et regolare circa il centro. Ma noi che guardamo non a le ombre fantastiche: ma a le cose medesme; noi che veggiamo un corpo aereo, etereo, spirituale, liquido, capace loco di moto et di quiete, sino immenso et infinito (il che davamo affermare al meno perché non veggiamo fine alcuno sensibilmente, né razionalmente) et sappiamo certo che essendo effetto et principiato, da una causa infinita, et principio infinito, deve secondo la capacità sua corporale; et modo suo essere infinitamente infinito". immagine Bruno si scaglia, poi, contro la teoria aristotelica del Motore Immobile" che tutto muove", sostituendovi una visione dell'universo che potremmo definire animistica (Bruno, infatti, chiama più volte i corpi celesti "animali", nel senso che hanno un'anima "sensitiva" e "intellettiva") e panteistica ma che, alla luce della fisica newtoniana, potremmo interpretare come una forza di attrazione che è all'interno di ogni corpo e che muove lo stesso verso il suo simile. Allo stesso modo i corpi celesti non si muovono sotto l'effetto del "Motore Immobile", ma si muovono proprio perché animati da questa forza propria. Comincia a delinearsi per bocca di un filosofo quella visione che diventerà poi la teoria meccanicistica dell'universo che, a partire da Cartesio, sarà a fondamento della moderna scienza astronomica: "Consideresi dumque che come il maschio se muove alla femina, et la femina al maschio; ogni erba et animale, qual più et qual meno espressamente si muove al suo principio vitale come al sole et altri astri. La calamita se muove al ferro, la paglia a l'ambra, et finalmente ogni cosa va a trovar il simile, et fugge il contrario: tutto avviene dal sufficiente principio interiore per il quale naturalmente viene ad esagitarse, et non da principio esteriore come veggiamo sempre accadere a quelle cose che son mosse o contra, o extra la propria natura. Muovesi dumque la terra, et gli altri astri secondo le proprie differenze locali dal principio intrinseco che è l'anima propria. " Bruno, quindi, passa alla formulazione della teoria concernente l'infinità dell'universo e l'esistenza di "innumerabili fuochi e terre [cioè di innumerevoli sistemi solari]", teoria del tutto nuova nel pensiero moderno. Lo stesso Copernico si era limitato (si fa per dire) all' elaborazione di una nuova teoria eliocentrica, riprendendo il pensiero di Aristarco di Samo e di altri come quello probabilmente del suo maestro Domenico Maria Novara. Bruno, sposando a pieno la teoria dell'astronomo polacco, riporta nel passo che segue una brillante analisi dei movimenti terrestri e degli effetti che causano, illustra il moto di rotazione terrestre intorno al proprio asse, responsabile del succedersi del dì e della notte, e il moto di rivoluzione intorno al Sole, causa dell' alternarsi delle stagioni, ma inserisce gli astri all'interno di uno spazio infinito, giustificando il tutto, come già abbiamo detto, con il celebre argomento che all'infinità della causa(Dio) deve corrispondere l'infinità dell'effetto (il Creato): "Pure di nuovo gli confirmava che l'universo è infinito. Et che quello costa d'una immensa eterea reggione. È veramente un cielo il quale è detto spacio et seno, in cui sono tanti astri che hanno fissione in quello, non altrimente che la terra. Et cossì la luna il sole et altri corpi innumerabili sono, in questa eterea reggione, come veggiamo essere la terra. Et che non è da credere altro firmamento, altra base, altro fundamento, ove s'appoggino questi grandi animali che concorreno alla constituzion del mondo.immagine Vero soggetto, et infinita materia della infinita divina potenza attuale: come bene ne ha fatto intendere tanto la regolata raggione et discorso: quanto le divine revelazioni che dicono non essere numero de ministri de l'Altissimo, al quale migliaia de migliaia assistono, et diece centenaia de migliaia gli amministrano. Questi sono gli grandi animali de quali molti con lor chiaro lume che da lor corpi diffondeno: ne sono di ogni contorno sensibili. De quali altri son effettualmente caldi come il sole et altri innumerabili fuochi; altri son freddi, come la terra, la luna; Venere, et altre terre innumerabili. Questi per comunicar l'uno a l'altro; et participar l'un da l'altro il principio vitale, a certi spacii, con certe distanze, gli uni compiscono gli lor giri circa gli altri, come è manifesto in questi sette, che versano circa il sole, de quali la terra è uno che movendosi circa il spacio di 24 ore dal lato chiamato occidente verso l'oriente: caggiona l'apparenza di questo moto de l'universo circa quella, che è detto moto mundano, et diurno. La quale imaginazione è falsissima, contra natura, et impossibile: essendo che sii possibile, conveniente, vero, et necessario, che la terra si muova circa il proprio centro per participar la luce et tenebre, giorno et notte, caldo et freddo. Circa il sole per la participazione de la primavera, estade, autunno, inverno."   la Concidentia oppositorum immagine  Pur partendo da presupposti qualitativi (tipici dell' era pre-scientifica) e non quantitativi, Bruno fornirà con la "coincidenza degli opposti", quindi con la coincidenza tra Finito e Infinito, un sostrato culturale su cui si innesterà il pensiero scientifico moderno. La Concidentia oppositorum, ripresa dalla filosofia di Nicolò Cusano, in Bruno acquista un valore diverso, perché questa coincidenza non ha luogo solo in Dio, ma nella stessa natura. Così, il filosofo campano finisce per teorizzare una uguale natura "sustanziale" tra terra e cielo, tra Finito e Infinito. Scrive, infatti, Ludovico Geymonat: "Anche quando [Giordano Bruno] cercherà di spiegare il mondo per mezzo degli atomi o monadi, sosterrà che in essi si realizza un intimo nesso tra l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, tra il minimo e il massimo" (L. Geymonat, R. Tisato, Filosofia e pedagogia nella storia della civiltà, Garzanti, Milano, 1997). Una concezione, dunque, che non riserva alcuna differenza" sustanziale" tra la materia dell'universo e quella del cosiddetto mondo sublunare. Una teoria che affonda le sue radici nella filosofia presocratica, in particolare in quella di Democrito, ma che presto sarà a fondamento del moderno pensiero scientifico e quantitativo. Per concludere, possiamo dire che Giordano Bruno è il primo ad elaborare una teoria cosmologica moderna fondata sull' eliocentrismo copernicano e sostenuta dall'idea che l'universo è infinito. Così, anche se il Nolano elabora un sistema filosofico pre-scientifico, fondato su argomenti di carattere qualitativo e non quantitativo, egli è il primo a dare una nuova collocazione all'uomo che viene posto non più in mezzo ma ai margini di un universo senza centro e senza fine, all'interno del quale la sfera celeste e il mondo terrestre sono intimamente connessi da simile natura ("sustanzia"). immagineSe Bruno, comunque, con la filosofia degli "eroici furori" attribuisce all'uomo e alla sua facoltà razionale ancora un ruolo predominante all'interno del cosmo (da qui anche la concezione dell'uomo come essere "Finitamente Infinito"), il nuovo modello cosmologico da lui elaborato sarà destinato a creare nella sensibilità dei poeti e dei filosofi successivi un senso di smarrimento e di precarietà esistenziale all'interno di un universo troppo grande.   Orione – n. 94 – marzo 2000 IL PIANETINO GIORDANO BRUNO

Nel numero di febbraio abbiamo rievocato il 400° anniversario della morte del filosofo Giordano Bruno con un articolo di Maurizio Vicoli, nel quale si lanciava anche un appello per intitolare un pianetino o un osservatorio al nome del grande pensatore di Nola. Siamo lieti di annunciare che questo appello è stato già raccolto dal Gruppo Astrofili Montagna Pistoiese, nella persona di Luciano Tesi, scopritore del pianetino 1997PQ4 (n. 13250). La scoperta è avvenuta il 13 agosto 1997 all’osservatorio di S. Marcello Pistoiese (PT). La proposta di intitolare questo pianetino a Giordano Bruno è stata già inviata al Minor Planet Center che cura l’assegnazione ufficiale dei nomi dei nuovi asteroidi. La redazione di Nuovo Orione si rallegra per la riuscita di questa iniziativa, promossa dall’associazione “Les Amis de Robespierre” di Vasto(CH). Orione – n. 95 – aprile 2000 La “CENA DELLE CENERI” TRA GLI ASTEROIDI L'iniziativa di commemorare Giorda­no Bruno con l'intitolazione di un asteroide stava per andare in porto in tempi record. Già nello scorso numero di marzo avevamo pubblicato l'adesione all'iniziativa di Luciano Tesi, del Gruppo Astrofili della Montagna Pistoiese, che aveva voluto dedicare l'asteroide 1997 PQ4 al filosofo di Nola, di cui ricorreva nel febbraio scorso il 400° anniversario della morte. Subito era partita la citazione al MinorPlanet Center (MPC) di Cambridge (USA). Purtroppo, non sempre la tempestività è premiata. Infatti, il MPC ha comunicato che Giordano Bruno è già onorato dal pianetino n. 5148, il quale, però, reca solo il nome di “Giordano", senza alcun riferimento al cognome, e per questo motivo era sfuggito ai controlli eseguiti prima di inviare la citazione al MPC. L'associazione Les Amis de Robespierre di Vasto (CH), promotrice di questa iniziativa, e il dott. Tesi hanno deciso, pertanto, di inviare una nuova citazione al MPC, per intitolare il pianetino 1997 PQ4 alla "Cena delle Ceneri", l’opera "astronomica" di Bruno che rivoluzionò la filosofia del tempo. Ecco il testo della citazione: Cena ceneri =1997 PQ4. . Scoperto il 13 agosto 1997 da L. Tesi di San Marcello Pistoiese. Nome in onore de “La Cena delle Ceneri", opera scritta dal filosofo italiano Giordano Bruno (1548-1600) dove,per la prima volta nella storia del pensiero filosofico occidentale, si teorizza l'infinità dell'universo e dei mondi. Nella "Cena delle Ceneri", a differenza di quanto teorizzato dallo stesso Copernico, non solo la Terra ma anche il Sole occupa una posizione marginale all'interno di un universo infinito e senza centro. Giordano Bruno pagherà con la vita l'elaborazione di questa nuova concezione cosmologica. Nome suggerito e citazione preparata da M. Vicoli di Vasto.     Orione – n. 99 – agosto 2000   Minor Planet Center IL PIANETINO PER GIORDANO BRUNO

Nelle e-circular di maggio del Minor Planet Center (MPC) è stata pubblicata la conferma ufficiale dell'attribuzione del nome "Cena ceneri" al pianetino 1997 PQ4 (n. 13223), a conclusione dell'iniziativa che aveva voluto celebrare il 400° anniversario della morte di Giordano Bruno con l'intitolazione di un pianetino a una delle sue opere. Nel comunicato del MPC si ricorda che il pianetino fu scoperto il 13 agosto 1997 da Luciano Tesi a San Marcello Pistoiese e si motiva il nome "Cenaceneri" con le seguenti parole: "La Cena delle Ceneri is a work by the Italian philosopher Giordano Bruno (1548-1600) in which, for the first time in Western philosophicai thought, there is discussion of the infinity of worlds in the universe" (La Cena delle Ceneri è l'opera del filosofo italiano G. Bruno in cui per la prima volta, nel pensiero filosofico occidentale, viene discussa l'infinità dei mondi nell'universo).  


 
 
 
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Data di creazione: 01/02/2007
 

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