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I cieli non sono più nostri

Post n°187 pubblicato il 16 Maggio 2010 da maiden.casoria
 
Tag: Blog

Il vulcano islandese dal nome impronunciabile (per chi si volesse cimentare: E y i a f j a l l a j o k u l l) che da tempo alberga negli spazi della cronaca mondiale, ha imposto e continua ad imporre, con i suoi imprevedibili sbuffi di cenere, temporanee chiusure degli aeroporti di mezzo mondo. La nube vulcanica negli ultimi giorni ha attraversato la Francia, la Spagna, il Portogallo ed il Marocco dove diversi scali sono stati chiusi, e ha anche lambito l’Italia. Il nostro paese, come ha dichiarato l’Enac, è attualmente “in stato di osservazione”, la situazione viene monitorata ora per ora e non si esclude l’eventualità di ulteriori  stop ai voli.

Il piccolo vulcano nascosto dai ghiacci di una terra lontana, dunque, è stato ed è ancora in grado di modificare i programmi di milioni di persone, i meeting di lavoro, i guadagni delle aziende coinvolte. E soprattutto, con la forza della sua eruzione ha sbeffeggiato il potere degli uomini di spostarsi da un luogo all’altro del pianeta in brevissimo tempo. Già diversi filosofi hanno riconosciuto in questa vicenda il monito della natura che si riappropria dei suoi spazi, assoggettando l’umanità ai suoi capricci. E di fatto, oggi nessuno può darci la certezza che il viaggio che abbiamo in programma per il prossimo mese potrà realizzarsi senza problemi. Dunque, sebbene la situazione sia complessivamente sotto controllo, assistiamo ad una reale limitazione della nostra libertà di spostamento in aereo. Il cielo - ultimo spazio di conquista dell’uomo dopo la terra ed il mare, l’unico luogo che non ci appartiene davvero, in quanto per natura si può correre, camminare, nuotare, ma non volare – appare negli ultimi tempi in tutta la sua alterità. A far vacillare la fiducia nella nostra supremazia sui cieli si annoverano anche le ultime tragedie di disastri aerei che hanno colpito la nostra sensibilità per l’elevato numero di vittime. La scorsa estate il mondo fu scosso dalla tragedia del volo transoceanico dell’Air France diretto in Brasile. Nulla si sa dell’enorme velivolo che si è inabissato con i bambini, le donne, gli uomini e le loro storie, passioni, desideri nell’Atlantico. Nei giorni scorsi un aereo di linea africano si è schiantato a Tripoli. E tante altre sono le tragedie simili, accadute negli ultimi anni, di cui abbiamo memoria. C’è qualcosa di misterioso nelle nuvole che non ci consente di comprenderle e quindi domarle completamente. A questo si aggiunge anche un’altra minaccia che non risiede nelle insidie della natura, ma che si origina direttamente da noi: il terrorismo. Dopo l’undici settembre del duemilauno, nonostante l’irrigidimento delle misure di sicurezza, nell’immaginario dei passeggeri ogni scenario di disastro pilotato è possibile.

Nella nostra mente, a distanza di tanti anni dalla prima conquista dei cieli, si fa strada l’idea che lassù l’uomo è più vulnerabile, più esposto alle insidie della natura, agli imprevisti del caso, alla follia omicida di ignoti. Oggi, o almeno in questo momento particolare della nostra storia, i cieli ci paiono distanti, non ci sembrano più nostri.

Vivien Buonocore

 
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