Polemica in Abruzzo. La donna, 58 anni, pensionata, ha un tumore
Vive con 250 euro al mese, le è stata negata l'indennità di accompagnamento
Malata e indigente chiede l'eutanasia
Il vescovo: "Un grido di dolore"
di GIUSEPPE CAPORALE
CASTEL DI SANGRO (L'AQUILA)
- Indigente e malata di cancro. Per questo Angela S., 58 anni,
pensionata, vuole morire e chiede l'eutanasia. "Non auguro a nessuno di
vivere in queste condizioni", ripete dal giorno di Natale, quando per
mettere assieme il pasto ha dovuto chiedere aiuto ai vicini. Ora il
disperato appello è diventato un caso. La sua vita, già piena di
difficoltà, da quando ha scoperto di essere gravemente malata è
scivolata in un baratro. Ma il tumore ai polmoni e l'indigenza non sono
i suoi unici nemici: c'è anche la burocrazia che acuisce il dolore.
Già, perché Angela vive con 250 euro al mese di pensione (ottenute per
una invalidità) in un paese arroccato sulle montagne abruzzesi. Appena
scoperta la malattia, ha chiesto alla Asl una semplice indennità di
accompagnamento. Un modo per ottenere un aiuto nei lunghi viaggi (250
chilometri circa tra andata e ritorno) per sottoporsi alla
chemioterapia che deve necessariamente svolgere a Pescara. Ma la sanità
abruzzese - già sconquassata e priva di fondi, anche a causa degli
scandali legati alle tangenti nella pubblica amministrazione - è stata
irremovibile. La donna non può avere l'indennità. Al massimo può
percepire un rimborso spese per i viaggi dovuti alle cure.
La commissione di medicina legale - assicurano dalla direzione della
Asl - l'ha più volte visitata ed ha constatato la "mancanza dei
requisiti di legge". Il "no" da parte dell'ente ha spinto la donna a
chiedere pubblicamente una "morte dignitosa piuttosto che una vita di
stenti, dolore e umiliazione". Non sa come mantenersi, figurarsi come
potersi curare. Angela non può nemmeno sostenere le spese per
presentare ricorso contro la decisione della Asl. Ma almeno per questo
aspetto è intervenuto il Comune di Castel di Sangro, che ha annunciato
la copertura delle spese legali.
Intanto lei continua a rivendicare i suoi diritti: "Non voglio essere
di peso a nessuno, chiedo solo aiuto allo Stato. Me la sono sempre
cavata da sola, con poco. Adesso però il male mi ha attaccato i polmoni
e non mi consente di procacciarmi il necessario per vivere. Purtroppo
non rientro in nessuna forma di ammortizzatore sociale". L'unico
apporto concreto lo ha ricevuto da Comune e Comunità Montana che hanno
messo a disposizione una vettura per consentirle di recarsi a Pescara e
sottoporsi alle cure. Tutto per un importo massimo di 1800 euro frutto
di un contratto di solidarietà, ormai esaurito. "Ora non so proprio
come farò a continuare con i cicli antitumorali...".
L'assessore comunale Andrea Liberatore, uno dei primi ad occuparsi
della vicenda, giudica la decisione della Asl "iniqua verso una persona
che non riesce a sopravvivere. È il risultato di una sanità poco
accorta. In passato sono stati concessi benefici a tutti, ora invece si
negano quelli essenziali a chi ne ha bisogno".
Per il vescovo della diocesi di Sulmona, Angelo Spina, si tratta di "un
grido di dolore, un grido di una persona sola che reclama il diritto
alla vita e non alla morte". Ma anche la chiesa non è stata d'aiuto. La
donna infatti si è rivolta anche al parroco del paese per cercare
sostegno, senza ottenere risultati. Intanto in paese è scattata una
raccolta fondi.
(Che dire....il fatto si commenta da sè)