Il popolo subiva anche gli effetti devastanti delle guerre durante l'avvicendarsi delle dominaziono straniere. Infatti nel 1442 si gridò al miracolo quando l'infante aragonese che dal mare bombardava il castello del Carmine, colpì con una bombardacha del Carmine Maggiore, il Crocifisso di legno che rimase illeso in quanto reclinando il capo schivò il colpo.
L'avvenimento impressionò il re Alfonso D'Aragona che insediatosi nel regno di Napoli, come primo atto, fece erigere un baldacchino a protezione del Crocifisso che è tutt'ora nella chiesa del Carmine e che si espone alla devozione dei fedeli nelle festività Natalizie di ogni anno.
Si gridò al miracolo anche quando la lava del Vesuvio avanzava minacciosa verso la città, e la statua di S.Gennaro portata in processione in località del ponte della Maddalena, arrestò l'avanzata della lava di fuoco. Un busto del Santo è stato apposto sul luogo dell'avvenimento.
Il maremoto del 1343 ci viene descritto dal Petrarca che durante il regno Angioino, era ospite dei monaci Francescani nel convento di S.Lorenzo Maggiore, ed il suo racconto ricco di particolari, manifesta il suo terrore in quella infausta notte nella quale paventava la fine del mondo.
Dal testo di "Carlo Raso"(guida letteraria del centro antico di Napoli) trascrivo lo scritto del Petrarca:
(una catastrofe davvero singolare e mai udita nei secoli.......mi colse qui a Napoli, in questo mio tedioso indugiare........nulla è mai accaduto di più terribile e furioso...torno a casa al primo tramonto...indugio dunque a una finestra volta ad occidente...vado anch'io a letto, allora, per prendere un sonno ritardato.
Ero ancora nel dormiveglia quand'ecco, di colpo, tremare con orribile fragore le finestre e le mura, pur costruite a volta su salde fondamenta di pietra; e il lume da notte, che ho sempre l'abitidine di tenere acceso mentre dormo, si spegne.
Balziamo dal letto e al posto del sonno ci invade la paura della morte vicina.
Mentre nel buio ci chiamiamo a vicenda e alla terribile luce dei lampi riusciamo appena a vederci e a farci forza con voce tremante, i monaci di cui siamo ospiti e il loro santissimo priore David (che nomino per fargli onore), levatisi secondo l'abitudine per recitare le notturne lodi a Cristo, atterriti da quello improvviso cataclisma, armati di croci e reliquie di santi e implorando a gran voce la misericordia divina, irrompono nella mia camera portando avanti le fiaccole.
Mi rincuorai un poco. Ci affrettammo tutti verso la chiesa, e qui giunti, genuflessi, pernottiamo nel pianto, certi ormaiche la fine fosse imminente e che ogni cosa attorno rovinasse......E quando finalmente, dopo una notte che per magico prodigio ci parve doppia, giungemmo in tale stato all'aurora e riuscimmo a indovinare più con il cuore che dalla luce il prossimo spuntare del giorno, vestiti dei sacri paramenti i sacerdoti celebrarono la Messa, e noi, senza ancora osare di guardare il cielo, ci prosterniamo sull'umida e nuda terra).