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Si fotta
Post n°5 pubblicato il 22 Dicembre 2014 da mappe_riflesse
Ieri sera mi è capitato di litigare con una persona (una ragazza, fortunatamente non la mia ragazza, anche perché non ce l'ho). Oddio, «litigare» è una parola grossa: diciamo che abbiamo discusso. Il motivo è futile e non è importante, mi interessava piuttosto fare una riflessione molto piccola sulla dinamica che ho visto. Il fatto è che io non litigo praticamente mai con nessuno, e quindi ogni volta che succede sono sempre un po' turbato e dispiaciuto. Tu hai di fronte questa persona ed evidentemente la pensate in maniera diversa su un argomento che sta a cuore a entrambi. Ma «diversa» non vuol dire necessariamente «incompatibile»: capire dove e in cosa sta questa differenza secondo me è lo scopo di ogni litigio piccolo o grande che si rispetti. Inizialmente trovi la sua idea insensata, o sbagliata, o stupida, o offensiva, o qualunque altro aggettivo volete. Ne discutete, i toni si accendono e tu (contrariamente a quanto potrebbero fare altri) ascolti il pensiero dell'altro. Ribadisci il tuo, ma ascolti anche il suo. E man mano scopri che il suo pensiero ha un suo senso. Cioè, capisci il senso che quella persona dà a quel pensiero e che, dato che quella persona è fatta come è fatta, ha i suoi più o meno validi motivi per pensarla così. Tu ovviamente non sei d'accordo – altimenti non stareste litigando –, ma il suo ragionamento ha pure il suo motivo d'essere e tu l'hai afferrato. Inzi allora a sentirti un po' in colpa perché prima ti sei schierato senza avere prima compreso davvero. Fai un passo indietro, diventi più diplomatico. Smetti di attaccare e cominci a negoziare dicendo: «Ok, ho capito quello che dici e perché lo dici; quello che ti sto dicendo io è che la tua idea cozza con la mia per questo e quest'altro motivo su cui si può discutere; ora ti spiego meglio la mia, così capisci anche tu qual è il punto che mi preme». Cominci a vedere la luce in fondo al tunnel, ma scopri che di là invece non c'è nessun impegno a fare lo stesso sforzo di comprensione che hai appena fatto tu. Anzi: mentre tu hai spostato il tuo piano dialettico da «quello che dici è sbagliato» a «quello che dico io è questo, parliamone», il tuo cessate-il-fuoco viene preso dall'altra parte come un'offerta del fianco. E sparare a un uomo che ha posato la pistola – mi hanno insegnato i film americani – è piuttosto scorretto. Tu ti sei perfino sentito un po' in colpa. Hai anche ritrattato parte delle tue idee, predisponendole a incastrarsi con un altro modo di vedere la questione. L'hai fatto per uscire dal litigio rinforzati, naturalmente. Ma a volte lo scopo dell'altro non è uscire dal litigio rinforzati: è uscirne vincitori. Sapete che vi dico? Che quel piccolo sentirsi in colpa è una cosa bella. È una cosa bella perché implica aver capito l'idea dell'altro, averla fatta propria pur mantenendo il proprio diritto ad avere un'opinione differente. A me fa male quando un'altra persona non mi capisce, penso sia la cosa al mondo che mi fa più male; ma quando dai all'altro gli elementi e la possibilità per capirti e lui/lei non lo fa, tu sei a un ben altro livello. Spiace dirlo, ma è così. Così esci dalla discussione con un senso di amaro in bocca e un niente di fatto. Ci stai un po' male, rimugini un po' sul perché stai male. Ti dici: «Sto male perché non mi sono sentito capito». E allora ti rispondi: «Checcazzo, io a lei l'ho capita, se lei non capisce me è un problema suo, non mio. Io il mio l'ho fatto. Si fotta e vaffanculo». Così ti versi un bicchierino di limoncello che ti hanno portato da Napoli, te lo gusti in santa pace e vai a letto sereno. Il potere del «si fotta», ragazzi, talvolta è davvero taumaturgico. |
Inviato da: ilkappafl
il 19/11/2015 alle 02:18
Inviato da: mappe_riflesse
il 14/10/2015 alle 22:18
Inviato da: EMMEGRACE
il 12/10/2015 alle 12:06
Inviato da: mappe_riflesse
il 12/10/2015 alle 03:13
Inviato da: legrillonnoirdestael
il 02/10/2015 alle 19:38