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Climax

Post n°28 pubblicato il 12 Ottobre 2015 da mappe_riflesse

Questo pezzo che sto riascoltando stanotte sembra raccontare in appena 9 minuti come un'anima che ha appena toccato il fondo possa rialzarsi fino a raggiungere e conquistare le vette più alte e pure.

Una delle cose che amo di più della musica, e che con il passare degli anni mi piace sempre di più, sono le lunghe code alla fine di un brano. Quando improvvisamente, come per caso, dal nulla compaiono poche note, ma quelle giuste, che si prestano a ripetersi sopra un semplice giro armonico. Ecco che in quel momento non c'è bisogno di nient'altro se non tenere in vita questo momento di epifania, e tu sei dolcemente intrappolato in questa semplice ma perfetta frase melodica che si ripete e si ripete e vorresti che non finisse mai, vorresti rimanere lì per sempre. È la sensazione più vicina all'idea di infinito che sia mai riuscito a provare. Poi però, necessariamente, il pezzo deve finire e quando succede è quasi doloroso, è quasi ingiusto. Impossibile resistere alla tentazione di tornare indietro e riascoltare ancora, e ancora.

È una cosa che succede in alcuni pezzi che amo molto: This day next year dei Karate è forse l'esempio più clamoroso che ho in mente, ma non dimentichiamo la prima parte di Tubular Bells di Mike Oldfield, la prima parte del Köln Concert di Keith Jarrett, The Past is a Grotesque Animal degli Of Montreal, Impossible Soul di Sufjan Stevens e ovviamente potrei andare avanti per ore.

Ma in questo pezzo di una bellezza cristallina e assoluta c'è qualcosa di più. C'è una coda che, ripetendosi, cresce. Non è un semplice climax: è una scalata inarrestabile che ti afferra e ti porta con sé fino a renderti completamente inerme e a toglierti il fiato. La scalata di un'anima che ha toccato il fondo e si rialza fino a toccare le vette più alte e pure.

Quello che può fare la musica ha del miracoloso. Non esiste nessun altro linguaggio in grado di esprimere così bene l'animo umano.

Signore e signori, ecco a voi un gruppo che sa come dosare la tensione in un pezzo e costruire un climax dannatamente potente. Così potente che a 7:44 sono non riuscirei a reggere nemmeno un grammo di intensità in più senza mettermi a urlare. Signore e signori, i Sigur Ros in uno dei loro momenti più alti.

 

 
 
 
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