La memoria ha sempre un valore di primo piano nei romanzi di Banana Yoshimoto, strutturati su flashback e incastri di piani temporali diversi, che si sviluppano e si dipanano a partire dai dettagli e dagli eventi vissuti al presente, riaffiorando da un passato a volte anche spettrale che riacquista concretezza nel presente, colorandone, arricchendone e condizionandone il sapore.
Amrita, una delle sue opere di più ampio respiro, è imperniato ad esempio tutto sui giochi e gli scherzi della memoria e dell'effluvio fantasmatico dei ricordi, ruotando intorno al tempo interiore e alle confusioni spazio-temporali della protagonista.
Ricorrente anche il tema della morte, e della Presenza e del ritorno nel ricordo.
L'atmosfera vagamente e diffusamente surreale dei suoi romanzi è dovuta in larga misura proprio all'esercizio allucinatorio, vagamente oppiaceo, allucinogeno, della memoria- e delle associazioni portate che confondono e sfumano i controni delle cose, popolando i paesaggi e i personaggi di presenze inquiete e impalpabili, di rimandi, richiami e corrispondenze.
Tutto in una narrazione rigorosamente retrospettiva affidata alla regia e alla ricomposizione mnestica.
Le cose sono in tal modo colte con sensi innominati e primari, molto poco pratici e molto psicologici, ma di una psicologia di base, di quella psicologia sensoriale che innesca rimandi e immagini secondo meccanismi non strettamente razionali (se non addirittura irrazionali).
Grazie a questa i personaggi sanno godere degli istanti sospendendo il tempo dal contesto del suo scorrere, perdendosi in una dimensione dove i rintocchi del passato riecheggiano con il presente senza più chiare distinzioni, trascinando con sé il lettore.
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 17:13
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il 25/12/2007 alle 23:10
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il 09/12/2007 alle 21:14
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il 30/07/2007 alle 13:57
Inviato da: marcocyn
il 27/07/2007 alle 12:39