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Post Mortem

Post n°3 pubblicato il 31 Dicembre 2008 da FaustoM.

LUNARIO - Ogni giorno le fasi della luna, ricerca di _nomastici, nomi e santi, proverbi, ricorrenze e festività nel mondo, etimologia di parole desuete, ditelo con i fiori, recensioni e curiosità

Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
È la vita mortale.

IL FENOMENO DELLA MORTE E LE PRIME ESPERIENZE POST-MORTEM

by Gabriele Bertani (08/09/2003 - 15:23)

Daremo qui alcuni cenni riguardanti la morte le esperienze post-mortem, basandoci come sempre sulle descrizioni e le ricerche dei più seri e autorevoli ricercatori esoterici. Per prima cosa è bene sapere in che cosa consiste esattamente quel fenomeno che chiamiamo "morte" e che, in questa epoca storica così lontana dai più profondi valori e insegnamenti spirituali, incute nell'uomo medio tanta paura. Si è detto in precedenza che l'entità umana nell'esistenza terrena consiste nell'individualità vera e propria (l'Io) più una serie di "strumenti" di cui dispone e si avvale per percepire e operare nei vari piani o livelli di esistenza (mentale, astrale, eterico, fisico). Questi "strumenti" sono appunto il corpo mentale, il corpo astrale, il corpo eterico e il corpo fisico. Quando si "muore", in realtà avviene che l'Io si libera del corpo fisico e cessa di operare e percepire sul corrispondente livello di esistenza (quello fisico, ovviamente), abbandonando il corpo materiale e restituendolo alla Terra. Le cellule del corpo fisico cessano quindi di essere organizzate secondo lo schema corrispondente alle correnti di energia del corpo eterico, e iniziano a seguire lo schema corrispondente al mondo minerale. Questo è ciò che chiamiamo "decomposizione", ma ciò che si decompone non è l'Uomo, ma soltanto uno dei suoi involucri, quello che serve a percepire e operare sul piano fisico. La decomposizione è movimento e quindi vita, dunque non si può dire che il corpo muoia, ma piuttosto che le sue componenti continuano a vivere ma secondo uno schema diverso. Dopo l'evento della "morte" l'Io è esattamente come prima, con i suoi pensieri, i suoi desideri, le sue preferenze, i suoi pregi e i suoi difetti, con la differenza che non opera e percepisce più sul livello di esistenza fisico. Al distacco dal corpo fisico è dovuto il primo evento che accade dopo la morte, vale a dire la rapida visione a ritroso in immagini degli avvenimenti della propria esperienza sul piano fisico appena terminata. Questo fenomeno è stato descritto in numerosi casi da persone che sono state in punto di morte, e che si sono trovate quindi in una situazione "di confine" quando i corpi sottili sono ormai fuoriusciti dal corpo fisico ma ne sono ancora collegati tramite il cosiddetto "cordone argenteo", una sorta di cordone ombelicale eterico la cui rottura sancisce la morte vera e propria e definitiva. Sono noti a tutti i casi di persone che hanno dichiarato, descrivendo la situazione fin nei particolari, di aver visto dall'alto il proprio corpo fisico sul lettino dell'ospedale con i medici intorno all'opera. Finchè il "cordone argenteo" è integro e collegato al corpo fisico, la persona in coma o in punto di morte è effettivamente fuori dal corpo fisico ma ha ancora la possibilità di rientrarvi, mentre una volta che il cordone è rotto questo non è più possibile. La visione a ritroso in immagini degli avvenimenti della vita appena trascorsa dura in genere alcuni giorni, durante i quali anche il corpo eterico gradualmente si decompone e si dissolve nella materia eterica. Talvolta durante la notte è possibile osservare nei cimiteri, in certe condizioni di luce, i resti dei corpi eterici in via di decomposizione galleggiare nell'aria sopra le tombe delle persone defunte da pochi giorni. Generalmente, durante la visione a ritroso, lo stato di coscienza è calmo e tranquillo, la persona vede le immagini come da spettatore che sta guardando un film. A questa fase ne segue un'altra, breve (può durare ore, giorni o settimane), caratterizzata da incoscienza come nel sonno senza sogni, dopodichè l'individuo si risveglia sul piano di esistenza astrale. Siccome la memoria è una funzione del corpo eterico, a questo punto l'individuo non ha più il ricordo della vita precedente e inizia una nuova esistenza secondo le leggi del livello astrale, per molti versi radicalmente diverse da quelle che regolano il piano fisico. Seguiranno poi esperienze su livelli ancora superiori e un percorso inverso che riporterà alla successiva incarnazione. Ma di tutto questo torneremo a parlare più diffusamente in seguito. Fohat

La facoltà di ricordare le vite anteriori si sviluppa gradualmente. Attualmente nell'uomo medio questo non è possibile, ma lo sarà nei tempi a venire. Naturalmente le successive incarnazioni hanno un preciso legame tra loro e sono finalizzate all'evoluzione dell'anima. Le motivazioni che ci riportano sulla terra hanno a che fare, come hai giustamento detto,con l'attaccamento, le passioni, i desideri legati all'esistenza fisica, e anche con la necessità di pareggiare il karma che noi stessi abbiamo creato in vite precedenti. Per quanto riguarda l'aumento demografico, questo dipende dalla frequenza con la quale ci si reincarna nei vari periodi storici. Secondo fonti teosofiche, normalmente il periodo che intercorre tra un'incarnazione e un'altra è di diversi secoli, ma in certi periodi e in occasione di eventi straordinari che interessano l'umanità intera si abbreviano notevolmente per un gran numero di anime, causando l'aumento demografico. Il secolo scorso, costellato da innumerevoli guerre con milioni di vittime, è stato sicuramente un secolo del tutto particolare per le sue implicazioni karmiche (molte vite sono terminate prematuramente),e le motivazioni dell'aumento demografico credo che vadano ricercate in questo contesto. Dei meccanismi del karma avremo comunque modo di riparlare in modo più approfondito in seguito. Fohat

Per quanto riguarda gli affetti e gli amori, le fonti che ho consultato affermano che, in linea di massima, gli stessi gruppi di persone che hanno vissuto in una incarnazione tendono a ritrovarsi anche in quelle successive. Naturalmente ci sono sempre delle eccezioni, ma la regola pare sia questa. Niente di strano, quindi, se in una vita successiva ritroviamo persone con le quali abbiamo avuto legami affettivi di vario tipo in vite anteriori. E'come se ci fosse ( e probabilmente c'è) un qualcosa che attrae magneticamente soggetti che per qualche ragione sono stati legati tra loro in vite passate. Questo del resto risponde ai criteri del meccanismo karmico, che richiede che ogni azione trovi il suo pareggio in un tempo successivo. Fohat

 

 


VERSO UN NUOVO ANNO

Il tempo immobile
giace mantellato nell’eterno
e noi in rugosi affanni
a misurarne i perimetri
col divisore dell’età

Il pensiero tracima nel cielo
e carica i vagoni di speranze
sui binari in voli verso un nuovo anno
accatastando stelle e nuvole
in sguardi sconfinati

E  la vita che invecchia
è solo un’illusione
giacché muta nel divenire
mescolandosi a un rigo dell’immenso
per rinascere ogni giorno e ancora rifiorire

(
autoretesti)

***


Supponiamo che questa vita sia solo un sogno e che la vera realtà sia in un’altra dimensione…potremmo dire che stiamo invecchiando e morendo? Oppure che, invece, stiamo andando incontro a un nuovo nascere! Se chiudi gli occhi e immagini l’ultima stella nell’universo…ce ne sarà un’altra dopo…e dopo ancora…da un brillio all’altro saliamo la scalinata che ci porterà lassù verso quella luce infinita, per questo ogni giorno siamo “un divenire”…perché c’è un progetto scritto nel vento per ognuno di noi…allora i dolori e le malinconie di questo tempo svaniranno perché tutto sarà compreso…allora BUON ANNO-BUONA NUOVAVITA!

La bellezza...sta negli occhi di chi ti guarda...**PENSARE E' LAVORO PER L'INTELLETTO, FANTASTICARE IL SUO PIACERE. Victor Hugo.**

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Fare sesso è come giocare a bridge. Se non hai un buon compagno è meglio che tu abbia una buona mano."-Woody Allen


SULLA NON VIOLENZA - GANDHIa cura di Japhy Smith

Prescindere da Gandhi parlando di non-violenza sarebbe impossibile.
Mohandas Karamchand Gandhi è stato l'uomo più importante del xx secolo, le sue parole e le sue azioni hanno ispirato i migliori uomini del tempo che l'ha succeduto. Ebbe un'adolescenza a dir poco travagliata, come tutti coloro che hanno una mente superiore, egli patì pene dalle quali una persona normale non potrebbe mai uscire fuori. Stava anche per suicidarsi, perchè temeva di non avere le necesarie risposte sulla natura divina che da lungo tempo cercava. Cosa ha salvato Gandhi? La Bhagavad-Gita, un'Upanisad Vedica che narra degli attimi immediatamente precedenti la battaglia di Kuruksetra, dove Arjuna si sente combattuto da due sentimenti:la non-violenza e l'obbedienza a Krishna,suo amico,la Persona Suprema.
E' un dialogo tra Krishna e Arjuna, Krishna convincerà Arjuna a combattere,ma non per odio,bensì per amore delle stesse persone che stava per uccidere. E' un libro talmente alto e complicato che cercare di darne spiegazione sarebbe un inutile atto di superbia da parte mia,che son così poco istruito sull'argomento,eppure da quello che ne ho letto son riuscito ad estrapolare il significato vero della parola Aimsha,che è il non provocare in alcun modo il dolore a nessuno,Arjuna combatte questa battaglia,è vero,ma lo fa per evitare la battaglia dell'uomo contro Dio.
Questo libro non ha affascinato solo Gandhi, figure importanti come Hegel e Schopenhauer hanno commentato molto positivamente quell'opera, Schopenhauer ha addirittura detto che si tratta del libro più alto che sia mai stato scritto.
Gandhi trovò in questo libro una fonte di salvezza, trovò nel karma-yoga (servizio devozionale al Signore) in esso descritto un modus vivendi, che nessun'altro testo sacro gli aveva dato con così tanta forza. Studiò legge a Londra dove paradossalmente scoprì a pieno le discipline della sua religione, era nel cuore dell'impero inglese e viveva come un sannyasa in un appartamento dove studiava i testi sacri delle varie religioni tra i quali figurava il Vangelo, Gandhi fù colpito dalle beatitudini e ne fece suo faro. La nascita del Gandhi "politico" è da collocarsi nello scenario sudafricano, dove si recò per svolgere la professione di avvocato. Il sudafrica era parte dell'impero britannico.
In sudafrica la comunità indiana era molto numerosa e trattata malissimo dal regime di Apartheid che impediva agli indiani(e ai veri padroni di quella terra, i neri)di vivere come esseri umani. Fù in sudafrica che utilizzò per la prima volta la protesta non-violenta,egli diceva che se la violenza paga solo all'istante, la non violenza paga sulla lunga distanza,è una pratica difficile ma efficace, non importa quanto io dovrò soffrire,l'importante è che io non ferisca il mio nemico, è meglio essere vittime piuttosto che aguzzini. La sua grande spiritualità lo fece diventare il capo del congresso indiano in sudafrica,ottenne qualche miglioramento delle condizioni del suo popolo,ma nel 1914 decise di tornare in India. Fù accolto come un eroe nazionale,l'eco di quanto aveva fatto in sudafrica svidentemente arrivò in India. Gandhi iniziò a giare l'India, al fine di conoscerne ogni realtà, l'india che vide era un paese messo in ginochio da due secoli di dominazione inglese, la gente moriva di fame perchè gli inglesi, che un tempo favorivano la coltivzione delle piante per tessuti,non compravano più tessuti agli indiani che erano costretti a pagare comunque tasse altissime.
Gandhi iniziò una serie di proteste non-violente che portarono nel 1930 la corona inglese ad indire una tavola rotonda sulla questione indiana,durante questi negoziati gandhi chiese per l'India l'autogoverno,ma tutto finì senza che nulla fosse stato deciso. Egli dovette subire numerosi arresti per le varie leggi che consapevolmente e felicemente violava,Gandhi non si tirava mai indietro al carcere, lo chiamava "l'albergo di sua maestà".
Dopo numeosi boicottaggi nei confronti dei prodotti inglesi,il re nel 1947 fù costretto a concedere l'indipendenza all'interno del Commonwealth,Gandhi però aveva perso una grande battaglia:il suo sogno di vedere un'india unita con indù e musulmani che collaboravano era svanito,dall'india infatti si staccarono il pakistan e il bangladesh. Gandhi fù assassinato quell'anno,da un gruppo di fanatici Indù a causa del fatto che Gandhi stava ancora provando a ricucire i rapporti con il pakistan.
La guerra tra india e pakistan dura tuttora,i due paesi sono in possesso di armamenti nucleari ed ogni piccola incomprensione potrebbe portare un apocalisse,speriamo che lo spirito di collaborazione vinca su tutto.

IL VALORE DELLO SCIOPERO DELLA FAME
Momenti di difficoltà il Mahatma ne incontrò a bizzeffe. Spesso durante il processo di liberazione in india capitavano atti di violenza contro gli inglesi,a questi atti il Mahatma rispondeva sempre con degli scioperi della fame che in breve tempo racchiudevano l'india nell'apprensione ee che facevano cessare le violenze. Il Mahatma desiderava che la verità trionfasse su tutto,e per questo era anche disposto a morire,se la sua morte fosse servita alla realizzazione di un mondo di tolleranza egli sarebbe morto con il sorriso stampato in volto.

COSA MI HA INSEGNATO GANDHI
Da quando sono venuto a conoscenza del messaggio di Gandhi,tutto quello che ho capito è riassumibile nella frase che sto per scriver qua sotto: ho capito che darsi etichette come cristiano,induista o musulmano serv a poco,preferisco unire le dottrine tutte,perchè in realtà le differenze sono poche e possono essere superate,ho capito che non voglio più sentir usare il nome di Dio che benedice guerre. Non posso essre sicuro di aver trovato Dio(se così fosse,sarei io stesso
Dio),ma credo fortemente in Lui ed ogni giorno spero che illumini la mia mente e quelle altrui,perchè vivere in un mondo d'odio non è più possibile,come disse Platone di Socrate,dico io di Gandhi:"hanno ammazzato il più giusto tra gli uomini".

Per commenti, suggerimenti o domande puoi contattare l'autore, Japhy Smith, scrivendo al suo indirizzo email: bigtonnella@hotmail.com.

 

 
 
 

Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 31 Dicembre 2008 da FaustoM.

Giacomo Leopardi

 

Anni fa, rovistando nella mia mini-biblioteca alla ricerca di un libro, incappai in Leopardi, canti, (Lucio Felici, Perugia, 1981, Newton Compton editori). Lo lessi. Fra le righe del poeta, narrata con una mirabile sintesi, riconobbi i tratti di un’esperienza esistenziale da me esperita anni prima e che ebbe un impatto radicale sulla mia vita.

 

Decisi di leggere qualsiasi cosa fosse reperibile su Leopardi, ma con un rapido calcolo mi resi conto che due o tre vite non sarebbero bastate per farlo; il numero dei testi a lui dedicato è sconfinato così come lo è il volume delle sue opere. Convogliai allora la mia attenzione sui Canti e sul Ciclo di Aspasia per avere conferma della mia intuizione.

 

Scoprii un poeta inedito e insospettato, e un Maestro spirituale.

       

 

Nella cultura occidentale i riferimenti culturali ai Maestri spirituali sono rari. Persino George Ivanovitch Gurdjeff – forse il Maestro spirituale dell’ultimo secolo più conosciuto in Occidente grazie alla voluminosa produzione letteraria di Piotr Demianovich Ouspensky, suo discepolo per otto anni – benché nato ad Alessandropoli, nell’area sud-transcaucasica della Russia, e benché abbia vissuto in diversi Paesi del medioriente e per lunghi anni in Francia, è considerato più un orientale che un occidentale.

 

Ciò nonostante, io ritengo possibile affermare che anche l’Occidente ha avuto i suoi grandi Maestri, benché rimasti sconosciuti ai più. Maestri spirituali insospettati, come a parer mio lo fu Petrarca e come ho scoperto che lo fu Leopardi.

 

Il Maestro è un uomo che vive l’esperienza del Samadhi, stato d’Illuminazione spirituale permanente che genera un magnetismo straordinario avvertito da tutti coloro con i quali egli viene in contatto. Il Samadhi è la conoscenza diretta e permanente delle cause e degli effetti, la consapevolezza del proprio esistere e il perdurare in questo stato di allocoscienza.

Arrivare a questo stato interiore, diventare un Maestro, un Illuminato, è una possibilità insita nella natura umana. È lo stato verso cui tutti tendiamo; è lo stato che la tradizione cristiana chiama Paradiso.

 

Nella mia esperienza, il primo passo (1) sulla strada dell’Illuminazione è un profondo senso di malessere che può nascere da cause molteplici come l’amore, il lavoro, la famiglia, la salute. Lo stato di malessere che condusse Gautama Siddarta a diventare Buddha (illuminato) per esempio, nacque dalla scoperta dell’esistenza della malattia, della vecchiaia e della morte, esperienze a lui scrupolosamente celate dai membri della sua corte; per Leopardi fu la presa di coscienza del suo difetto fisico; per Gurdjieff fu l’insaziabile desiderio di conoscenza che lo costrinse a viaggiare ovunque.

 

Questo malessere genera tensione, il secondo passo (2): ci si sente in conflitto con se stessi e con il mondo. Questo passo nel Leopardi è ben delineato.

 

Il terzo passo (3) avviene quando lo stato di tensione cresce e raggiunge il punto di ebollizione: allora accade il miracolo, il quarto passo (4), l’accettazione di Sé, la resa. A questo segue il quinto passo (5), la deposizione delle armi e il sesto (6), lo svuotamento interiore. L’immondizia interiore accumulata per anni vanisce e si avverte per la prima volta il Sé, il settimo passo (7), quel “se stesso” che non aveva mai avuto la possibilità di fare capolino nell’area della coscienza attiva.

 

A questo punto la propria vita è cambiata radicalmente. Niente è più visto o avvertito come prima. La mente viene assorbita dalle domande: “Chi sono?”, “Perché esisto?”, l’ottavo passo (8), e si tende sposmodicamente nel tentativo di rispondere. Se il desiderio di conoscere le risposte raggiunge l’intensità necessaria, il nono passo (9), la mente si ferma per un breve istante e accade il Satori, il decimo passo (10), stato in cui si ha un assaggio dell’Illuminazione; è un breve periodo di “non mente” in cui si esperisce la vera natura dell’essere umano.

 

Quando lo stato del Satori cessa, si prova un terrore esistenziale inenarrabile; sappiamo d’aver camminato sull’orlo di un abisso. In questo undicesimo passo (11), per un lasso di tempo lo stato di “non-mente” ci ha reso possibile vedere e comprendere l’illusorietà della vita, (ciò che indù chiamano maya, il velo che ricopre la realtà). Poi, col ritorno della mente, torna la normale percezione delle cose.

 

Se la mente scompare definitivamente per lasciare l’intero palcoscenico della vita all’Essere, si entra nel Samadhi, quello stato che i buddisti chiamano Nirvana, o Illuminazione (12). Osho, il grande Maestro spirituale, insegna che Gautama Siddartha, dopo anni di rigidissima ascesi e stenua pratica yoga, deluso dai risultati ottenuti abbandonò ogni sforzo. Per contrapposizione questo produsse nel suo essere un profondo stato di rilassatezza dal quale nacque il miracolo: la sua mente cessò. Solo allora il Satori sfociò nel Samadhi e Gautama Siddartha diventò il Buddha. La differenza fra i due stati risiede nella temporaneità o permanenza dello stato di non-mente.

 

Il Satori è l’esatta conoscenza di ciò che “non si é”, e genera il silenzioso distacco dagli affari del mondo quotidiano (13), di quel mondo oggettivo che tutti sperimentiamo in comune; questo distacco diventa una piattaforma di lancio interiore da cui proseguire per la conoscenza di “ciò che è”.

 

L’impatto con questa realtà sviluppa la percezione di ciò che “si é”,  e nasce il desiderio di comunicare il nuovo stato in cui si “è” (14).

 

L’esperienza che si desidera comunicare non è supportata dall’attività mentale, quindi le tecniche normalmente usate per comunicare sono inefficaci. I Maestri spirituali di tutte le epoche si sono confrontati con l’impossibilità di convogliare con le parole la portata della trasformazione esperita. La percezione di questa impossibilità spinge a sviluppare nuove strategie divulgative (15).

 

Per maggiore chiarezza elenco i passi a me noti che conducono al Samadhi:

1)         Malessere esistenziale

2)         Rifiuto del malessere esistenziale e conseguente dramma interiore

3)         Apice del dramma interiore

4)         Piena accettazione del malessere esistenziale

5)         Deposizione delle armi usate per combatterlo

6)         Svuotamento interiore

7)         Prima conoscenza di Sé

8)         Affiorano le domande “Chi sono io?”, “Perché esisto?” e il desiderio di trovare le risposte

9)         Aumenta l’intensità del desiderio

10)       Satori

11)       Terrore esistenziale per la presa di coscienza della falsità della vita ordinaria

12)       Nuova consapevolezza di Sé

13)       Silenzio e ritiro dal mondo

14)       Desiderio di comunicare l’esperienza

15)       Sviluppo di strategie divulgative

 

Confrontai questa sequenza col testo de L’Infinito e cominciai a incorniciare le prime parole:

 

                                               Sempre caro mi fu quest’ermo colle (1)

Uno stato abitudinario. Il poeta descrive il suo stato di malessere: la solitudine.

                                               e questa siepe (2)

La barriera che impedisce la corretta visione di Sé, cosa che il Leopardi tentava costantemente.

che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il

guardo esclude

Spazio delimitato, ben definito, un percorso interiore preciso per giungere al Sé libero da malesseri, una nuova piattaforma di lancio da cui proseguire verso l’ignoto.

                                               ma sedendo e mirando (9)

La pratica della meditazione.

interminati spazi al di là da quella

 e sovrumani silenzi

 e profondissima quiete (10)

Il poeta descrive un’esperienza intraducibile, come se l’intelligibile fosse inadeguato a esperirla e la mente, con tutte le sue astuzie, inibita nel trattenerne la memoria.

                                               io nel pensier mi fingo (11)

È la strategia usata da coloro che sperimentano il Satori per convivere con il nuovo stato di consapevolezza di se stessi; una specie di accettazione passiva delle regole che governano l’essere umano nella socialità, per garantirsi un equilibrio psicologico che altrimenti non avrebbe corso, a causa del terrore esistenziale ove per poco il cor non si spaura. (11)

E come il vento odo stormir fra queste piante

È la nuova consapevolezza di se stesso, un Leopardi completamente rinnovato, pronto a proseguire verso l’ignoto.

io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando

Si avvicina la caduta del concetto di dualità, di separazione, di distacco: io e gli altri, io e il mondo, io e tutte le cose.

                                               e mi sovvien l’eterno

La fusione totale dell’essere, essere per essenze senza testimonianza alcuna.

                                               e le morte stagioni

Dopo il concetto di spazio descrive il concetto di tempo: dall’eterno, dalle vite passate, alla vita presente, il “qui e ora” l’attimo fuggente imprendibile, la porta verso l’infinito.

                                               e la presente e viva il suon di lei

L’onda costante del cambio di coscienza, dal Satori all’accettazione passiva dell’essere, cristallizza nel poeta una situazione interiore particolare, un rifugio dove attendere un altro volo solitario, dove tenere a bada i propri pensieri in fila e ben allineati.

così fra questa immensità s’annega il pensier mio

Qui è rilevante che Leopardi scrive “annega “, quindi il suo pensiero, la sua mente, muore, rimane esclusa da quell’immensità, benché poco dopo aggiunga:

                                               e il naufragar m’è dolce in questo mare.

E lascia intendere che solo il naufrago può godere di quella immensità,perché non porta con sé una mente passiva, come naufragare da se stessi.

 

 
 
 

Post mortem

Post n°1 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da FaustoM.

 

"Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa, ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia; cerca se stesso, esaurisce in se stesso tutti i veleni per serbarne la quintessenza. ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la sovrumana forza, e dove diventa il gran malato, fra tutti, il gran criminale, il gran maledetto, e il supremo Sapiente! Infatti giunge all'Ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro! Giunge all'Ignoto. Egli ha un incarico dall'Umanità, dagli animali anche: dovrà far sentire, palpare, ascoltare le sue scoperte. Se quel che riporta di laggiù ha una forma, dà una forma: se è informe dà l'informe..."

ARTHUR RIMBAUD

Lo Zibaldone

 

DOTTRINA (TEORIA) DEL PIACERE - Piacere = Bene

Il vivente si ama senza limite e non cessa mai di amarsi e quindi desidera per se un bene senza limiti. Qualunque piacere per quanto grande possa essere ha per forza dei limiti. Il vivente, come tale, si ama illimitatamente, i piaceri invece sono limitati e quindi non potranno mai soddisfarlo. Il piacere sarà perciÚ sempre minore del desiderio che un uomo prova : l'umanità intera non potrà mai essere pienamente soddisfatta, non potrà mai provare un vero piacere. Immaginiamo che l'uomo sia definitivamente soddisfatto : questo vorrebbe dire che egli non ha pi bisogno di felicità, nÈ tanto meno di piacere = non avviene mai. Inoltre il desiderio che l'uomo prova Ë un desiderio assoluto di felicità e non di una certa felicità, una qualsiasi, ma bensÏ di una felicità senza limiti : non esistendo una tale forma di piacere l'uomo non sarà mai soddisfatto.

La vita umana per il Leopardi oscilla tra il piacere ed il dolore, cioË, o c'Ë l'uno o c'Ë l'altro. Il piacere Ë raro e quando c'Ë non Ë mai intenso quanto il desiderio ; il dolore invece Ë sempre presente, addirittura Ë abbondante. Tutto questo non vuol dire perÚ che se non c'Ë l'uno, c'Ë l'altro : esiste una condizione penosa, intermedia = la NOIA, il Tedio che costituiscono la maggior parte dell'esistenza di un uomo provocando un fortissimo malessere ed inquietudine. La Noia Ë definibile come l'assenza contemporanea di piacere e di dolore. La noia corre sempre a riempire tutti i vuoti [cioË tutti quei momenti in cui c'Ë una situazione di assenza di Passioni] che il dolore ed il piacere lasciano nell'animo umano. La Noia Ë come l'aria che corre a riempire lo spazio lasciato libero da un oggetto e non riempito da un altro (Similitudine). Per questo nell'animo umano non puÚ esistere il vuoto perchÈ non appena l'uomo abbandona un dolore o una passione la Noia si intrufola e si stabilisce nell'animo degli uomini. Inoltre Ë importante sottolineare che anche la Noia Ë una passione in quanto tutto ciÚ che l'uomo prova nel suo animo Ë tale. Cosa vuol dire che l'uomo che non prova nÈ piacere nÈ dolore, prova Noia ? Vuol dire che quando non c'Ë felicità nÈ piacere l'uomo non si sente pur anche se non sente dolore : infatti egli prova Noia che Ë conseguenza diretta del fatto che l'uomo non puÚ stare senza felicità. La Noia Ë dunque il desiderio puro e semplice di felicità, di piacere ; non Ë qualcosa di ben definito e preciso ma semplicemente una passione, uno stato d'animo penoso, nÈ piacevole, nÈ doloroso.

Bisogna distinguere il fine della natura-esistenza universale dal fine della natura umana : ogni vivente, non solo l'essere umano, pone come fine della sua vita la felicità e quindi il piacere. L'esistenza animale ha il fine del piacere, ottenere e trovare la felicità : nessuno vuole patire, soffrire e assaporare i dispiaceri = la Natura ha dato all'esistenza dell'uomo il fine del piacere. Ma nell'esistenza in generale (consuntivo delle singole esistenze) predominano il dolore e la sofferenza che spinge a credere impossibile che il fine dell'uomo sia la ricerca della felicità. E' evidente per queste ragioni una contraddizione spaventosa ma vera : la Natura ha creato l'uomo con un impulso irrefrenabile alla felicità, ma allo stesso tempo ha creato l'esistenza affinchÈ non dia possibilità agli uomini di essere felici.

 

 Uomo libero, sempre tu amerai il mare!

Il mare è il tuo specchio,

tu miri, nello svolgersi infinito delle sue onde, la tua anima ...

(C. Baudelaire)

 

 

 
 
VERSO UN NUOVO ANNO

Il tempo immobile
giace mantellato nell’eterno
e noi in rugosi affanni
a misurarne i perimetri
col divisore dell’età

Il pensiero tracima nel cielo
e carica i vagoni di speranze
sui binari in voli verso un nuovo anno
accatastando stelle e nuvole
in sguardi sconfinati

E  la vita che invecchia
è solo un’illusione
giacché muta nel divenire
mescolandosi a un rigo dell’immenso
per rinascere ogni giorno e ancora rifiorire

(
autoretesti)

***

Supponiamo che questa vita sia solo un sogno e che la vera realtà sia in un’altra dimensione…potremmo dire che stiamo invecchiando e morendo? Oppure che, invece, stiamo andando incontro a un nuovo nascere! Se chiudi gli occhi e immagini l’ultima stella nell’universo…ce ne sarà un’altra dopo…e dopo ancora…da un brillio all’altro saliamo la scalinata che ci porterà lassù verso quella luce infinita, per questo ogni giorno siamo “un divenire”…perché c’è un progetto scritto nel vento per ognuno di noi…allora i dolori e le malinconie di questo tempo svaniranno perché tutto sarà compreso…allora BUON ANNO-BUONA NUOVAVITA!

 

 
 
 
 
 

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