poesia infinita

COLBRICON


Questo blog partecipa al gioco letterario ‘incipit’ promosso da Writer COLBRICON Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima su quelle rocce: scendere il sentiero ghiacciato mentre il sole tramontava, non era stata una buona idea. Ma raggiungere i laghi di Colbricon in pieno inverno era qualcosa a cui non poteva rinunciare. Erano tutte famiglie felici che ogni anno si ritrovano ad organizzare l’immancabile settimana bianca insieme, in una casa alloggio che affittavano, circondati dalla stupenda cornice delle Pale di S. Martino di Castrozza. Si divertivano come pazzi: il giorno sulla neve e la sera a cantare, giocare, discutere, leggere e scrivere. Niente televisione, solo amicizia e montagna che i figli imparavano ad amare.Ogni anno ci andava quando era ancora con lui, poi la sua decisione di chiudere per sempre una storia senza senso, un matrimonio che stava in piedi solo per due motivi: apparenza e figli. Non aveva più frequentato i vecchi amici: era stata lei, era sua la colpa della rottura. Il tempo passava ma non se la sentiva di rivivere vecchi momenti apparentemente felici e poi le pesava il probabile giudizio. Il giudicare della gente, specie di quella “ per bene ”, che non sbaglia mai nulla, che è perfetta, può condizionare le scelte delle persone. Non era più andata in montagna e quando, con sua grande sorpresa, gli amici di sempre la chiamarono per proporle di nuovo la vacanza con loro, rimase indecisa fino all’ultimo, poi ne parlò ai ragazzi che entusiasti l’avevano di nuovo trascinata su quelle vette.Quel giorno avevano trascorso la mattina ad organizzare la spedizione, a noleggiare le ciaspole: il negoziante li aveva avvisati che una parte del passaggio, in forte discesa, era ghiacciato e difficile da praticare. Ma la voglia di affrontare quel sentiero che conduceva ai laghi, anche in pieno inverno, era adrenalina pura.Arrivati al passo Rolle con i mezzi pubblici, il percorso a piedi era uno spettacolo dietro l’altro: un mare di neve coccolava i piedi di pini secolari, le vette vicine, il canto di uccellini invernali, il tutto incorniciato da un cielo terso. L’aria leggera e fresca non pareggiava le basse temperature e le ciaspole sembravano volare su quel manto bianco. Fuori dal bosco, il panorama dei laghi di Colbricon ghiacciati è un immagine difficile da dimenticare: una breve sosta, giusto il tempo per gustare quella scena immacolata, mordendo una barretta di cioccolato.E poi, via, c’era la discesa ripida da superare, prima della sera ed era tutto vero: il sentiero era molto ristretto e ghiacciato, le ciaspole non obbedivano e non offrivano più quella tranquillità ai suoi piedi come da tempo nemmeno la sua vita rassicurava più il suo cuore. Puntare con forza, un piede dopo l’altro, su quella che sembrava una ripida scala ghiacciata, è stato davvero faticoso. Finalmente, finita la discesa, stavo tirando un sospiro di sollievo: tutto bene, ce l’avevamo fatta!! Ma sull’ultima roccia ghiacciata la caviglia ha ceduto, il dolore di una distorsione è lancinante, dovevo resistere, non potevamo fermarci, il sole era calato.Dalla malga Cess ho preso la strada per la discesa al paese, non riuscivo ad affrontare l’ultimo boschetto, le ciaspole mi procuravano dolore.Stamattina, aprendo le persiane, lo stesso cielo, le stesse montagne che avevo attraversato, ma dentro sentivo una carica nuova, la roccia mi aveva regalato la sua forza. La caviglia era gonfia ma il cuore riparato, pronto per una nuova sfida: la vita. Mary 07/08/2009