Creato da franztango il 07/09/2007

matantotango

Passione, forti emozioni, grandi illusioni, magica atmosfera, la memoria del corpo, il gioco dei ruoli. Tutto questo in una sola parola, Tango.

 

Ultimi Commenti

malenamil
malenamil il 06/02/10 alle 16:03 via WEB
ciao! Casualmente ho incontrato Vinicio a Milano, in una milonga. Aveva il cappello in testa e indossava una cravatta d'oro.. d'istinto mi sono precipitata a dargli un bacio e dirgli: grazie per le emozioni che mi hai regalato! E' una persona deliziosa..
 
berequeck
berequeck il 19/01/10 alle 11:31 via WEB
Splendido Neruda..come sempre! Buona giornata, Susy ;-)
 
kiss_and_knife
kiss_and_knife il 14/01/10 alle 12:22 via WEB
molto bella davvero....
 
franztango
franztango il 12/06/09 alle 19:35 via WEB
Dalle mie parti - zona di guerra - le nuvole non si fittano, ma si conquistano, la mia, l'ho protetta come ho potuto anche sbagliando di brutto per ecesso di difesa. Il caso, con il suo proverbiale tempismo, ha voluto ricordarmi che, proteggere uno stato di grazia, una nuvola, va fatto con coraggio e lealtà. E' stata una lezione che non scorderò mai. La mia infanzia, ma in effetti tutta la mia vita, si è svolta in un quartiere simile a quello della case rosse di Taranto, a Bagnoli. Dove, oltre all'Ilva, c'era pure il cementificio che ha ulteriormente inquinato, non solo le case, ma anche il cervello di chi ci ha abitato. Anche se Totò era solito farlo, un cappello non basta per abitare una nuvola,che, benchè soffici e comode, non sono poltrone di un treno. Bisogna, invece, piantare bene i piedi per non scivolare, bisogna occupare gli spazi con decisione sapendo che fluttuare è meraviglioso ma pericoloso e che il contatto con le cose reali non si deve perdere. Io ho avuto paura che, piantando fermamente i piedi, mi sarebbe costato caro e, per timore di cadere rovinosamente per buco procurato, ho cercato di aggrapparmi alle mie paure buttando le distanze ceaniche sotto il tappeto del silenzio con la speranza che una volta trovato il coraggio di fare le pulizie generali sarebbe stato più facile e efficace ripulire casa. Un'ulteriore errore, l'ho ammetto. La mia esistenza, a conti fatti, è costellata di errori, non sempre immediatamente riconosciuti, che in ogni caso l'hanno segnata. Il tappeto del silenzio, come si sa - spesso - è impropriamente usato. ED E' IL MOTIVO PER CUI DICO CHE UCCIDE. La cura è, liberando l'anima, parlare per capire se la nuvola, che a primo impatto sembra una groviera, non sia invece ancora ben vivibile. Magari stringendosi un pò di più. Non è facile farlo, specie se colpiti sul vivo. Magari dando una bella ripulita e cercando di utilizzare più propriamente il tappeto, che resta comunque un complemento d'arredo e non una pattumiera.
 
MadamOscar
MadamOscar il 11/06/09 alle 19:51 via WEB
Le nuvole andrebbero fittate con le istruzioni x l'uso...l'iscrizione "nuoce gravemente alla salute" dovrebbe essere obbligatoria , come sui pacchetti di sigarette. Anche cercare di appendere un semplice quadro può diventare un'impresa su una nuvola. Un piccolo buco può trasformasri all'improvviso in una voragine e la soffice nuvola in in una squallida piattaforma di cemento posta al centro dell'Ilva di Taranto, una città stupenda, ma con una spina nel fianco...il quartiere Tamburi, tristemente noto come quello delle case rosse, colore dovuto ai residui delle ciminiere che lavorano giorno e notte avvelenando i residenti. Ma io non sono una "residente"...sono solo una piccola apolide che ha posato il suo cappello su una soffice nuvola che credeva potesse diventare la sua casa. Ma quando la nuvola si trasforma in una sorta di gruviera x di più avvelenato dai silenzi... allora ANCHE LE POLACCHE DECIDONO DI TORNARE A CASA, anche se non sanno + quale sia lo loro casA, anche se non riconoscono + il loro paese, con una sensazione di gelo dentro nonostante i 34 gradi esterni... PERCHè 35 KM NON SONO NIENTE, MA LA DISTANZA TRA GAETA E CUBA è ENORME.
 
virgola_df
virgola_df il 08/06/09 alle 17:56 via WEB
La tua riflessione non fa una piega! Solo guardandosi negli occhi ci si può veramente esprimere ... fino all'ultimo respiro ... pur nel silenzio! Ciao.
virgola
 
Giggino22
Giggino22 il 02/02/09 alle 10:18 via WEB
Le parole sono importanti, la voce è importante, è importante la parola che esce dalla vita per toccare la vita di un altro, per creare empatia. Spesso si ha timore delle parole, soprattutto delle proprie, perché si da forma a se stessi oltre a ciò che appare e spesso non si ha voglia di farsi decodificare...e poi perché farsi decodificare quando non percepisci nell’altro questa voglia, il desiderio puro di comprendere per creare uno scambio? Farsi decodificare in un sistema dove si “deve” conoscere tutto di tutti per non conoscere niente di nessuno, ha forse senso? Giustifica un mettersi a nudo? No, perché si sa bene che si finirebbe per sentirsi solo nudi e provarne vergogna, e non il piacere puro, sottile, l’emozione del privilegio, l’orgoglio di essere nudi...perché in fondo viviamo nell’era della “comunicazione a tutti i costi”, dove siamo circondati da parole, spesso vuote, destinate a se stesse, che più che avvicinare allontanano, creano distanza ed indifferenza e riempiono vuoto con altro vuoto e ci convincono che il vuot non c’è. Così la parola si perde, o meglio si perde il senso vero, lascia posto ai silenzi e perde il naturale equilibrio con essi, si parla poco con gli altri, forse ancora meno con se stessi...si scambiano più facilmente parole che sono suoni muti, rumorose e stonate, che rimbalzano e non si fermano mai..sono le parole che usiamo al telefono, sms, nelle chat, nei blog...parliamo, parliamo, comunichiamo...ma dialoghiamo realmente? Creiamo attraverso la parola un messaggio vero di noi, un vero atto per coprire una distanza, per riconoscere l’altro, la sua e la nostra alterità? Diamo voce alla Vita?...Le parole non sono semplici, sono un bene prezioso da curare e proteggere, se nascono dal desiderio profondo di scambiare, di scambiare Vita, allora non creano rumore, non creano vuoti riempiti di vuoto, caos per convincerci che siamo in contatto con tutti, no, sono invece capaci di lasciare un’orma sulla sabbia che nessuna marea può cancellare, creare uno spazio nel tempo che fluisce per non dire che “E' tempo. Tempo che passa. E basta...” Ciao e buona vita a tutti noi...che amiamo comunicare per “dialogare”!
 
MadamOscar
MadamOscar il 29/11/08 alle 11:37 via WEB
"Vi sono quelli che parlano, e senza consapevolezza né preveggenza rivelano una verità che sono i primi a non capire. E vi sono coloro che hanno la verità dentro di sé, ma non la esprimono a parole." Kahlil Gibran "Come potrebbero due esseri capirsi senza quella speciale comunicazione di silenzi?" Kahlil Gibran "Dicono che il silenzio sia di chi s'accontenta; ma io vi dico che il rifiuto, la ribellione e il disprezzo si annidano nel silenzio." Kahlil Gibran "C'è nel mio cuore più di quel che ho sulle labbra, c'è nel mio desiderio più di quel che ho tra le mani." Kahlil Gibran
 
MadamOscar
MadamOscar il 24/10/08 alle 01:21 via WEB
L'influenza che esercita l'influenza sulla percezione delle cose… verissimo!:-) Ma visto che non sono allettata (se non x + piacevoli motivi) il tipo di influenza che intendo io è diversa: è il farsi “influenzare” nella xcezione delle cose da una xsona conosciuta x caso e che in pochissimo tempo è diventata importantissima, essenziale direi…che mi ha xmesso di esplorare parti di me apparentemente sconosciute …grazie alla quale sono riuscita a fare cose che prima credevo impossibili …da cui ho imparato tanto ed ho ancora tanto da imparare. L’unica cosa dal mio piccolo che posso insegnargli, x contro, è il valore del rituale: Con il termine rito (o rituale) si intende ogni atto, o insieme di atti, che viene eseguito secondo norme codificate… il rito ha bisogno di una partecipazione emotiva profonda, senza la quale cessa di esistere. E ha sempre bisogno di una decodifica…uno stesso atto può avere valenze o significato diverso a seconda del metodo interpretativo utilizzato. Un esempio lampante è dato dalla scoperta dell’antropofagia praticata presso alcune tribù in Brasile e prontamente apostrofata dalla civile cultura occidentale come atto indegno e sacrilego…il rituale cannibalico visto dall’interno di quella stessa cultura cosiddetta “primitiva” assume un significato completamente diverso. E’ considerato forma estrema di comunione… essi mangiavano i resti dei propri defunti per amore, cioe' per custodirli in qualche modo nei loro corpi invece di farli divorare indegnamente dai vermi. Indi, con influenza o senza, meditate gente…meditate. Senza disturbare Piazzolla…la mia conclusione è molto + prosaica: T'appartengo ed io ci tengo e se prometto poi mantengo…
 
Giggino22
Giggino22 il 27/09/08 alle 11:34 via WEB
Ciao Franz, al solito riesci a “raccontare” emozioni con raffinata chiarezza! Non sempre nello “scrivere emozioni” si riesce a mantenerne intatta l’intensità, la forza del “sentito”, quel sottile filo di intimità che le rende vere, quasi palpabili…. Così chi conosce il tango si ripercorre nelle tue parole, chi conosce il piacere che un vino può riservare si ripercorre nelle tue parole….chi non li conosce percorre le tue parole riscoprendo il gusto della curiosità per ciò che non ha ancora incontrato…Certo, non è solo abilità nell’usare la parola scritta, di fondo c’è comunque l’intensità della passione…”sanguigna e spesso contraddittoria nel suo vissuto”…Questa frase, l’apertura che fai sul tuo attuale rapporto con il tango…Non resisto alla tentazione di fare una personale riflessione sulle passioni! E’ vero, le passioni più sono intense, più sono coinvolgenti, più il viverle porta su strade strane, mai lineari, fatte di deviazioni, riprese, lunghe soste, grandi distanze. Forse l’aspetto più contraddittorio e più rischioso risiede proprio in queste distanze…può accadere che in risposta alle forti emozioni che una passione ci regala, forti al punto di farci perdere il senso del confine tra noi ed esse, decidiamo di fermarci, di rallentare, di mettere una “distanza”, di allontanarci…Lasciamo che lo stupore e il piacere dell’intensità che ci ha offerto, si trasformi lentamente e subdolamente in necessità di distacco, una sorta di autotutela per governare una fusione che non vogliamo perché non conosciamo…lasciando posto alle nostre paure…Quelle paure che in fondo ci accompagnano spesso in tante cose, che finiscono per prevalere su ciò che stiamo vivendo e non ci permettono di viverlo fino in fondo. Così ci allontaniamo da quella passione, non l’abbandoniamo, no, mettiamo “solo distanza”…distanza che inesorabilmente diventa sempre più ampia… senza mai recidere il filo che ci lega ad essa. Così finiamo per desiderare ad un certo punto che sia la passione a ritornare da noi, a cercarci, che esca dalla teca nella quale l’abbiamo posta con tanta cura (e nella quale non l’abbiamo più curata), appellandoci alla sua forza, alla forza delle emozioni che ci ha fatto vivere, quella stessa forza della quale però abbiamo temuto così tanto…Ma la passione non verrà a cercarci: la distanza non l’ha messa lei, lo abbiamo fatto noi! E allora sta a noi ridurla, accorciarla, eliminarla, riprendere a piene mani quel filo mai reciso, riavvolgendolo con cura, amorevolmente, scegliendo di riviverla intensamente, ovunque essa ci porti… Sto toccando un tema delicatissimo e allora non mi spingo oltre, rischierei l’arroganza di cristallizzare, teorizzare ciò che teorizzabile non è, poiché attiene alla sfera del vissuto di ciascuno di noi…e già siamo circondati e affollati – soprattutto in rete - da tanti teorizzatori “del sentire”. Mi sto riconoscendo solo la libertà di esprimere il mio personalissimo punto di vista o meglio il mio personalissimo vissuto, di chi per lungo tempo ha corso dentro e fuori le passioni…Passioni che ho camminato con fretta ossessiva, quasi divorandole per poi fuggirne via, smettendo di prendermene cura e attendere che mi cercassero…E poi ho scoperto che potevo vivere la passione in maniera totalizzante senza per questo correrla in ossessione per poi temerla fino ad allontanarmene, semplicemente dando a me e a lei tempo! Si, dare alla passione, anche la più violenta, quella che lascia senza fiato, il tempo, dare a me il tempo di percorrerla, usando il tempo per scoprirne ogni aspetto, ogni piega, fino a gustarne anche il dolore dei suoi morsi, vivendola per come è, fuori dai miei schemi mentali e preconcetti del “già vissuto” dell’ “andrà così”…andando fino in fondo, lasciando ogni volta aperto il varco della scoperta e assaporare l’agrodolce dell’inatteso, in uno scambio forte, pieno, impegnativo…smettendo così di altalenare tra lo starci dentro in totale apnea o fuggirne lontano. “Ho imparato” il tempo per curarla, per gustarla, per gestirne la naturale distanza, per conciliarla con altre, per conciliarla con la vita, con la quotidianità che non è (purtroppo) fatta solo di passioni. Così come un giardiniere con il suo giardino: cura tutte le sue piante, senza trascurarne alcune, dosando tempo e attenzioni, con costanza… Mamma mia e quanto scrivo! Doveva essere una breve riflessione ed è diventata l’apertura del Trattato “Giggino e le sue Passioni” !!! Chiedo venia!!!!! Uso e abuso dello spazio che offri…ma un po’ di responsabilità è anche tua: ciò che scrivi non si presta esclusivamente al piacere di una condivisione di mera lettura, ma è sempre una raffinata provocazione a continuare! Grazie Franz. Brindo allora ad un prossimo rinnovato rapporto tra te e il Tango…ovviamente con “un sublime rosso italiano” gustandolo lentamente, scoprendone ogni segreto, ogni sensazione ed emozione che è pronto regalarmi! Tango que me hiciste mal….y sin embargo te quiero! Giggino
 
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Le struggenti e corpose sonorità di un bandoneon, lo strumento simbolo del tango argentino (insieme alla chitarra ed al violino), emozionano chi ascolta e pratica tango. E' per questo motivo che ho voluto utilizzare questa immagine emblematica per il mio blog. Il bandoneon Alfred Arnold, in particolare (quello raffigurato nella foto), è per me ancor più che un simbolico emblema, è il mio bandoneon che espongo in bella mostra nel living di casa mia e che accarezzo con passione e dolcezza nella speranza di poter imparare a suonarlo. Questo blog vuole accompagnare il mio vivere il tango ma sopratutto vuole essere uno spazio di accoglienza e di discussione dove amici, vecchi e nuovi, appassionati o curiosi del tango possano esprimere le loro opinioni e raccontare le loro esperienze sulle rive del tango argentino. Franz
 

IL TANGO IN CAMPANIA -

Questo non è un blog di servizio.
Ma da più parti, specie dagli amici tangueros che sono qui sporadicamente, mi è stata sollecitata una lista delle miloghe con appuntamento fisso della Campania.
La lista la sto preparando, prego tutti quelli che sono nel "settore" di segnalarmi gli appuntamenti fissi e le eventuali serate. Sarà mia cura provvedere ad inserirle in questo spazio.
Franz
 
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