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Università che siano il fulcro della comunità e in maggiore contatto con la realtà socio-economica che le circonda. Che elaborino progetti concreti messi al servizio di una società sostenibile e pacifica. Che contribuiscano a perfezionare la “formazione dei formatori”. Che si adoprino per diffondere valori e processi democratici, ispirandosi all’inclusione e alla partecipazione di tutti, rispettando, al contempo, le culture specifiche e le tradizioni locali.
Questi gli assi portanti della “Dichiarazione Finale” sull’Educazione allo Sviluppo Sostenibile, la Cultura della Legalità e della Pace, firmata sabato 9 maggio a Palermo al termine del G8 University Students’ Summit 2009. Il documento invita i leader mondiali a considerare dal punto di vista dei giovani universitari temi fondamentali per il futuro dell’umanità.
Il Summit, organizzato dalla CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), dal Politecnico di Torino e dalla Commissione Italiana per l’UNESCO presso la Società Siciliana della Storia Patria, ha visto la partecipazione di 23 studenti provenienti da prestigiose Università dei paesi G8”, degli O5 (le economie emergenti) e di alcuni paesi del bacino del Mediterraneo.
Introdotti da relatori d’eccellenza quali Jeremy Rifkin, Piero Grasso e Rigoberta Menchù (quest’ultima via video), i ragazzi hanno dibattuto per due giorni su temi strategici per la soluzione delle grandi sfide del pianeta, quali lo sviluppo sostenibile, la legalità e la pace, soffermandosi in particolare sul ruolo della cultura, della ricerca e delle università.
La Dichiarazione sarà consegnata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in vista del G8 Summit dei Capi di Stato e di Governo.
Riguardo alla Educazione alla sostenibilità, la dichiarazione, fra l’altro, sottolinea come “La crisi in corso può essere vista come un’opportunità senza precedenti di re-investire nel capitale sociale e naturale che ci circonda, facendo sì che economia e sostenibilità procedano di pari passo. Quello che si richiede con urgenza a tale scopo è la creazione di un’alleanza forte tra istituzioni, settore privato e società civile, che veda tutti gli attori sociali, sia nazionali che internazionali, impegnati con vivacità a promuovere modelli postivi di produzione e consumo, centrati sulla “qualità” della vita e il benessere globale.
Il nuovo modello di sviluppo sociale ed economico richiede interventi vigorosi e coerenti in materia di “educazione”, nel suo significato più ampio di apprendimento permanente. Diventa in tal modo possibile suscitare negli individui un pensiero critico e indipendente orientato ai cambiamenti positivi da apportare alla crescita economica. Sedi educative sono non solo la scuola e l’università, ma anche quelle meno tradizionali deputate all’informazione, alla sensibilizzazione e alla formazione, dove ciascuno assume il duplice ruolo di educatore e didatta allo stesso tempo. L’educazione inoltre è un agente fondamentale dello sviluppo in quanto in grado di fornire strumenti, capacità e competenze alla popolazioni più marginalizzate dei paesi in via di sviluppo.”
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