Mente e Ambiente

Da dove cominciare...


Esiste una disciplina che si chiama Psicologia Ambientale e appartiene alla sfera umanistica. Pensavo che, per questa materia, con "ambientale" si intendessero solo l'ambiente famigliare, sociale, culturale con cui viene in contatto la psiche di un uomo. Invece ho scoperto che indaga anche gli effetti delle cose e degli ambienti costruiti, fisici, sulla mente dei soggetti.Allora mi sono chiesta perché mai una disciplina così specifica e importante non sia materia di studio di chi un giorno progetterà e creerà questi ambienti. Perché mai i progettisti debbono rivolgersi a tradizioni orientali (penso al Feng Shui o al Vastu), così lontane e difficili, per integrare il proprio sapere tecnico con un sapere "umano".Com'è noto in Italia, negli ambienti accademici vige uno spietato senso del "proprio orticello" in cui l'interdisciplinarietà viene a malapena intesa come uno scambio limitato alle materie e alle ricerche che rientrano direttamente e tradizionalmente nel proprio campo di competenza, meglio se entro le mura di cinta della propria facoltà.Per questo pensare a una compenetrazione tra la sfera umanistica della Psicologia e quella tecnico-scientifica dell'Architettura e dell'Urbanistica sembra come voler mischiare l'olio con l'acqua. Nella visione olistica, ormai universalmente accettata da tutta la Scienza moderna, del mondo, dell'uomo, della realtà, nella quale non è più concepibile scissione e separazione alcuna, ma dove tutto è in contatto con tutto e influisce su tutto, credo sia tempo per una seria riflessione sulla formazione accademica di chi è chiamato a creare spazi, involucri, "terze pelli" per gli uomini. Questi creatori di luoghi hanno una enorme responsabilità emozionale prima ancora che estetica.Mi piace citare Beppe Grillo, che ha detto: "Gli architetti sono molto più pericolosi dei medici. L'errore di un medico, prima o poi, si seppellisce. Quello di un architetto rischia di rimanere per secoli a nuocere al prossimo".Il fatto è che in Italia, ma non solo, non esiste una formazione "psicologica" per gli architetti. Esiste qualche materia che riguarda l'estetica, o meglio, la composizione architettonica che si richiama a canoni assolutamente astratti e vetusti. La bioarchitettura, poi, ci ha finalmente messo un po' più in contatto con l'ambiente e la sua sostenibilità. Ma noi architetti, a meno di approfondimenti e percorsi del tutto personali, siamo ben lontani dall'essere in grado di comprendere gli aspetti emotivi del nostro mestiere e di ciò che produciamo. Soprattutto di ciò che, con il nostro lavoro, produciamo sulla psiche degli altri.La caratteristica di "emozionalità" di una cosa, di un prodotto o di un evento, sembra appartenere alle sole sfere della psicologia, dell'arte e del marketing. Credo che che questo aspetto debba, invece, essere integrato in modo preponderante nel processo di creazione di qualsiasi oggetto e di qualsiasi "situazione" che andrà a influire inevitabilmente sulle vite delle persone e sul loro benessere.Nello svolgere la mia professione di architetto, ho sentito l'urgenza, direi etica, di indagare gli aspetti emotivi, consci e subconsci, che muovono chi crea e chi fruisce di quella creazione.Questo blog vuole essere un posto dove esporre le mie idee, ma soprattutto una piattaforma di confronto e di scambio. Benvenuti!Spero di interessare anche qualche mio collega...