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PART ONE

Post n°217 pubblicato il 01 Luglio 2008 da lamente_mente08

 



"LOVELY LAKE": UNA STORIA VERA by
Andry,Aprile, G.,Lorelai,Tere poi??



SE IL TITOLO NN VI PIACE CAMBIATELO PURE!!SE SIETE D'ACCORDO
CON LE MODIFICHE IN CORSIVO SOTTOLINEATO LO MANDO A ELEONORA
(MAGARI ASPETTO ANCORA UN Pò..). CHI SI è OCCUPATO DELL'EPILOGO LO ASSEMBLI E
LO INVII PERFAVORE...



lorelai



Le
sere estive sono quelle peggiori, per chi lavora fino a notte fonda. Nonostante
il caldo, l’afa e gli esuberanti vacanzieri dalle mille pretese, quella sera
era stata abbastanza tranquilla. Solo clienti conosciuti, fatta eccezione per
una giovane coppia in vena di smancerie.



Il
ristorante “Lovely Lake” aveva una clientela selezionata. Era posto in una
posizione strategica, lontano dal rumore e dalla confusione del centro,
facilmente raggiungibile a piedi dal lungolago. Molti clienti erano soliti
passeggiare, dopo aver gustato i piatti di Noemi, lo chef del ristorante,
dotata di un talento e di una fantasia culinaria fuori dal comune. Amedeo aveva
rilevato il locale alcuni prima, e lo gestiva come gestiva la sua vita privata:
con arroganza e aria boriosa. La cucina viveva dei continui screzi fra Noemi e
Paolo. Quest’ultimo mal sopportava l’idea di avere un capo donna, ed il suo maschilismo
gli procurava un forte senso di frustrazione.



Quella mattina Margherita, la responsabile degli acquisti,
era arrivata in cucina, come al solito, per discutere con Noemi e Paolo dei
rifornimenti necessari. Era una donna ancora bella, anche se la sua bellezza un
tempo radiosa, ora era annebbiata dalle difficoltà della vita. L'ovale quasi
perfetto e i riccioli un po' ribelli riuscivano ad addolcire dei lineamenti un
tempo solo forti, ora induriti dalle battaglie quotidiane: le frequenti
umiliazioni di Amedeo al ristorante, le snervanti trattative con i fornitori,
spesso arroganti ed insolenti nei confronti di una donna, i problemi in
famiglia. Negli occhi le si leggeva comunque determinazione e forza, non si
sarebbe mai arresa davanti ad un ostacolo.



Come
tutte le mattine Marcello e Hiro, i due camerieri, preparavano la sala da
pranzo. Ormai lavoravano per Amedeo da svariati anni: lo avevano seguito dopo
l’esperienza, non andata a buon fine, di un locale notturno gestito dal padrone
del ristorante anni prima.



Hiro
aveva conservato molte delle abitudini del suo paese, insieme ad una serie di
fissazioni e stranezze varie che lo rendevano un personaggio particolare. Al
ristorante era solito fare il turno mattutino, servire a pranzo e occuparsi
della raccolta differenziata. I clienti del mezzogiorno erano generalmente da
pasti veloci: manager di aziende nazionali ed estere, qualche docente della
vicina Università… Forse l’ambiente di famigliarità che Amedeo cercava, con
molti sforzi, di instaurare all’interno del locale stava dando qualche timido
risultato.



Marcello
e Hiro avevano appena terminato i preparativi della sala, quando un anziano
cliente solitario e dall’aria trafelata chiese di poter mangiare una zuppa
nonostante la cucina fosse ancora chiusa. Marcello, nonostante amasse il
pettegolezzo, era un uomo dotato di una profonda bontà, che traspariva nel
rapporto che sapeva instaurare con i clienti. Il cliente venne così
accontentato, e la zuppa fu servita al più presto.



“Scusi
– sussurrò l’anziano cliente al quale Hiro aveva da poco servito la zuppa – non
ci vedo molto bene senza occhiali, ma mi sa che nel mio piatto c’è un wurstel,
ed io non posso mangiare insaccati… Sa, ho il colesterolo un po’ alto. Passi
per la verdura, anche se non è di mio gradimento, ma i wurstel proprio non li
digerisco”.

“Non è possibile, non è possibile, sono certo di aver detto in cucina di
prepararmi una zuppa di verdure.. . E poi i wurstel non ce li hanno ancora
consegnaaaaah… Ah, sì sì signore, mi scusi, davvero… Provvedo subito”.



Pallido
come un lenzuolo, il meticolosissimo cameriere del Sol Levante tolse il piatto
dal tavolo del vecchietto, e si lanciò a tutta velocità verso la cucina: si
guardò attorno, ma non c’erano altri clienti, era ancora presto.

Marta, moglie di Amedeo e direttrice di sala, intuì che c’era qualcosa che non
andava, ma non poteva di certo lasciare la sala: stavano entrando dei nuovi
clienti. Era un po’ preoccupata, infatti Daniele non si era ancora visto, ma il
fascino e la sua aria un po’ sofisticata non facevano mettevano in luce i suoi
timori.

Intanto in cucina la giornata si svolgeva secondo il solito copione.



“Paolo…
Paolo! Ah, Marcello – faceva Noemi con la sua vocina dolce – dammi una mano con
questo pollo per favore”.



“Col
pollo o col Paolo? – rispose Marcello ironico – io lo cercherei nell’ufficio
del boss, se fossi in te! Ultimamente ci passa parecchio tempo… il Paolo, mica
il pollo!”.



“Aspetta
che lo prendo, vedi come gli faccio passar la voglia di andare a spasso!”.



“Dov’è
Amedeo? Dov’è? Dov’è? Dov’è?”, bisbigliava Hiro correndo per tutta la cucina.



“E
che ne so?” rispose Noemi, “dai, non farmi perder tempo. E dove vai con quel
piatto in mano? Mica quel vecchio rimbambito ha protestato perché mancano i
fagiolini? Laura, gliel’avevi detto, vero?”



“Sì,
sì, ma li hanno appena consegnati, posso aggiungerne un po’ al volo. Dammi
questo piatto… Ehi, ma dove scappi?”



“Prepara
subito dell’altra zuppa. Anzi, no, prepara qualcos’altro, e alla svelta. Mi sa
che oggi chiuderemo in anticipo!” rispose Hiro prima di entrare nell’ufficio di
Amedeo.

“Buongiorno a tutti” fece Agata, la cassiera. “Oggi non mi sento molto bene.
Devo aver bevuto troppo vino ieri sera... Ho la nausea. Figuratevi che sento un
forte odore di pollo bruciato...”



“Il
pollo!! Noo… Mannaggia a voi e a tutte le vostre chiacchiere…” brontolò Noemi
con tono dispiaciuto: “Marcello, butta tutto prima che dia di matto!”



Hiro
si era precipitato nell’ufficio di Amedeo con la zuppa ancora fumante. Era
letteralmente atterrito.



Erano
molti anni che viveva in Italia, e si era abituato a quelle che lui riteneva
“stranezze” dei suoi colleghi di lavoro.



Conosceva
Amedeo e la moglie Marta da quando, cinque anni prima, aveva cominciato a
lavorare per loro.



Li
aveva visti molto uniti ma poi, a poco a poco, i due coniugi si erano
allontanati, e lui si era accorto della simpatia che Marta provava nei
confronti di Daniele, il sommelier del ristorante.



Si
trattava di un inguaribile dongiovanni, che ci provava con tutte, suscitando la
gelosia di Marta, la quale soffriva in silenzio perché non voleva creare
scandali, con il rischio di separarsi da Amedeo.



Hiro
non riusciva a capire se Amedeo fosse a conoscenza della cosa e la ignorasse, o
se semplicemente non si fosse accorto di nulla.



C’era
poi quello strano trio in cucina: Noemi, il capo Chef, Paolo, il suo vice e
Laura, sempre schiacciata fra gli attriti dei due. Tutti e tre avevano una vita
privata piuttosto movimentata. Noemi era molto orgogliosa e insofferente, e
sovente cambiava fidanzato.



Ormai
Hiro aveva imparato a conoscere i segnali delle crisi dello Chef.



Noemi
si presentava al lavoro molto irritata e nervosa, litigava di brutto con Paolo
e dopo alcuni giorni… ecco che era nuovamente una donna libera.



Paolo
invece era stato sposato per qualche anno, ma le cose non avevano funzionato, e
lui l’aveva presa molto male. Come reazione a questo mostrava atteggiamenti
palesemente misogeni. Forse era per questo che non sopportava di avere un capo
donna.



Laura
invece era gentile, ed aveva un carattere dolce. Forse proprio per questo
trovava sempre uomini che si approfittavano di lei.



Qualche
volta Hiro aveva anche cercato di metterla in guardia da certi suoi amici, ma
non c’è mai stato nulla da fare, lei doveva sempre sbatterci il naso.



Poi
c’era Agata, la cassiera, che con le sue arie da donna fatale da una che sa
sempre tutto di tutti, pur essendo in fondo in fondo timida, e Margherita,
l’unica che all’apparenza conduceva una vita normale.



E
Margherita..eternamente divisa fra il marito, la famiglia ed il lavoro al
ristorante. Spesso si tratteneva per lunghe chiacchierate con Noemi, Laura e
Paolo, a cui piaceva carpire i segreti della cucina. Anche con Daniele aveva un
buon rapporto, e le discussioni sugli accostamenti dei vini occupavano molte
delle loro serate.



Infine
Marcello, il cameriere, abituato ad intrattenere i clienti, e che sovente
raccoglieva molte loro confidenze. Per tutti lui trovava una parola buona,
tanto che alcuni venivano al locale per sfogarsi con lui.



Hiro
aveva imparato a conoscere bene i suoi colleghi di lavoro e a conviverci
serenamente, ma ora, davanti a quel piatto con un dito dentro, tutto era
irrimediabilmente stravolto.



Cosa
era mai successo in quel tranquillo e rispettabile ristorante?



La
testa gli girava e la nausea lo stordiva. Quando Amedeo vide Hiro arrivare
stravolto nel suo ufficio, intuì che era successo qualcosa di terribile. Lui,
da buon orientale sapeva sempre tenere a freno le emozioni, ma quella volta era
diverso.



Le
mani di Hiro tremavano, ed il brodo nel piatto pieno di zuppa tremava con lui,
fluttuando come un mare in tempesta… ma ehi! In quel mare galleggiava qualcosa,
e non erano solamente carotine e patate. C’era qualcosa di rossiccio…
impossibile fosse un pezzo di manzo, da quando il ristorante aveva aperto,
quella zuppa non aveva mai avuto tra i suoi ingredienti la carne! Hiro appoggiò
il piatto sulla scrivania e, recuperando l’autocontrollo, guardò per un attimo
fisso negli occhi Amedeo. Poi afferrò di scatto il tagliacarte sul tavolo e lo
alzò con fare solenne. Per un attimo Amedeo credette che Hiro avesse perso la
ragione: forse voleva fargliela pagare perché si era accorto che gli
straordinari del mese scorso non erano stati pagati, forse voleva avere un
posto più importante all’interno dello staff del ristorante e Amedeo sarebbe
stato disposto a darglielo pur di salvarsi la vita…. Con occhi supplicanti il
gestore cercò lo sguardo di Hiro, che invece aveva già posato il tagliacarte
sul piatto. Cosa stava succedendo? Immergendo piano il tagliacarte nel piatto,
Hiro cercava di portare a galla quel pezzo rossiccio nella zuppa. Una volta
portata a termine l’operazione, tutto divenne tragicamente chiaro. Era un dito
di mano! Ma di chi? E come era finito nel piatto? E che ne era della mano e del
corpo cui il dito era stato un tempo attaccato?



“Calma,
calma Amedeo. Ne hai passate di peggiori”, pensò il proprietario del
ristorante, mentre tentava in tutti modi di convincersi che la situazione fosse
sotto controllo. Poi si rivolse al cameriere:



“Dobbiamo
scoprire a chi appartiene il dito. Se era nella zuppa significa che qualcuno
della cucina l’ha messo nella pentola. Anche se a pensarci bene potrebbe
avercelo messo anche il cliente!”



“A
giudicare dalla sua espressione non direi proprio”, rispose Hiro, “e poi il
dito era cotto”.



Detto
questo cominciò a perlustrare il locale in ogni suo angolo, alla ricerca del
resto del

cadavere. Senza dare troppo nell’occhio, proprio come si era raccomandato
Amedeo. Ma per quanto fosse stato discreto, ad Agata non erano sfuggiti gli
strani movimenti del cameriere. Del resto, dopo

un’estenuante opera di mediazione, era riuscita a fare collocare la cassa in
una posizione che le consentisse, semplicemente alzando lo sguardo, di
controllare quanto avvenisse in ogni angolo del locale con un solo colpo
d’occhio. “Ma cosa starà facendo Hiro? Oggi è più strano del solito, non vedete
che sta aprendo tutti gli armadi?” Questi interrogativi erano diventati il
tormentone di quel mezzogiorno, al quale

nessun collega poteva sottrarsi. Agata mandò addirittura degli SMS a quelli
della cucina, che non potevano uscire. Non le importava che li leggessero,
quello che contava era divulgare la notizia. Lultima volta che vide Hiro fu
quando si recò nella stanza in cui si trovava il congelatore. Lo fissò con
particolare

attenzione, fino a quando la porta si chiuse alle sue spalle.



“Riunione!”,
tuonò Amedeo all’uscita dell’ultimo cliente.



“Che
c’è Amedeo? Altri turni di straordinario?” chiese Margherita.“Lo sapevo!
Proprio ora che devo andare dalla parrucchiera. L’hai fatto apposta, come al
solito del resto”, esclamò nervosamente Marta.



“Nulla
di tutto ciò. È inutile girarci intorno, il cadavere di Paolo è nel
congelatore”, disse Amedeo, il quale, temendo che situazione gli scappasse di
mano, aggiunse: “ovviamente nessuno

uscirà di qui senza che prima venga trovato il colpevole. Chiamerò la polizia
solo quando avrò qualcosa di più preciso in mano”.



Ma
nessuno l’ascoltò e quell’improbabile stato di paralisi generale non tardò ad
andare in frantumi. Marcello e Daniele si fecero coraggio e aprirono il
congelatore. Il corpo era in fondo, nascosto. Ne mancavano delle parti,
probabilmente già eliminate.



“Il
corso di recitazione ti è proprio servito, vero Noemi?”, esclamò Marta, “lo
sappiamo tutti che non sopportavi Paolo e non vedevi l’ora di sbarazzartene!”.



Quell’affermazione
colse tutti di sorpresa, e li predispose alla ricerca del colpevole. I ripetuti
scontri tra il capo chef e la vittima, non collocarono di certo Noemi in una
posizione favorevole. Noemi conobbe il lato peggiore di tutti i suoi colleghi
proprio quel pomeriggio. Fu timidamente difesa solo da Laura, che conosceva
meglio di chiunque altro il rapporto tra lei e Paolo. Ma c’era ben poco da
difendere. Sebbene Paolo fosse in ferie, qualche giorno prima Noemi aveva
chiesto insistentemente delle ore di permesso per motivi personali. Laura se lo
ricordava bene, poiché si ritrovò per qualche ora tutta la cucina sulle
spalle.“Non sono tenuta a rendere conto a te di quello che faccio fuori dal
ristorante. Chiaro!”, aveva risposto Noemi a questo proposito ad Amedeo prima
di ritirarsi definitivamente in cucina.



Si
era fatta già sera. A breve il ristorante avrebbe aperto, come se nulla fosse
successo. Di tempo per cucinare non ce n’era stato poi molto. Le accuse, i
fraintendimenti, i sospetti e quel che restava di Paolo avevano prosciugato le
energie nervose di tutti.



Noemi
aveva preparato l’indispensabile, ma senza metterci particolare cura. “Chissà se
ai clienti piacerà”, pensava tra sé e sé, mentre svolgeva una serie di gesti
per il semplice fatto di averli automatizzati. Laura aveva fatto il possibile
per sostituire Paolo, si era fatta in quattro per mettere in pratica tutti i
trucchi del mestiere imparati quando in cucina erano ancora in tre. Noemi si
era accorta dei miglioramenti di Laura, e senza di lei probabilmente quella
sera non ce l’avrebbe fatta.



Si
fecero le otto. “Il ristorante apre sempre a quest’ora, e dovrà aprire anche
oggi”. Così aveva detto Amedeo con tono perentorio. Ma tutto non andò come di
consueto. Marcello e Hiro non riuscivano a coordinarsi, e prendevano
continuamente ordini sbagliati.



Alla
cassa Agata lavorava con particolare lentezza, a causa di una ferita che diceva
essersi procurata sistemando le rose regalatele dal suo ultimo corteggiatore.



Marta
non si era mai trovata così in imbarazzo. Regalava sorrisi di circostanza ai
clienti nel tentativo di sdrammatizzare una situazione certamente non
piacevole:




Signora, la pasta è scotta” diceva una voce al tavolo 5.



“Madame,
mi perdoni, ma nel risotto al tartufo manca il tartufo…” brontolava il signore
al 14.



“Le
avevo detto di essere celiaco, come posso mangiare la zuppa di pasta che mi
avete portato? Mi ero così tanto raccomandato con quel giapponese!” si
lamentava l’uomo coi baffi seduto all’angolo.



E
mentre rimuginava sull’ennesima leggerezza di suo marito, che non avrebbe mai
dovuto aprire il ristorante dopo una giornata del genere, Marta si consolava
guardando il suo Daniele, che nonostante tutto non sembrava cavarsela poi tanto
male.



Il
sommelier era infatti riuscito a limitare i danni: la sua dialettica e la sua
consolidata esperienza in campo di vini erano riuscite a distrarre i clienti.
Solo uno si era lamentato del Malvasia servito con il dolce, mentre un altro
aveva espresso qualche riserva sul Cabernet che aveva accompagnato l’arrosto al
timo.



Per
Daniele il vino era tutto, o quasi. Lo sceglieva con cura, conosceva le
migliori cantine e stava pensando di aprire un’enoteca tutta sua. Ogni sera,
dopo la chiusura, scendeva in cantina per assicurarsi che tutto fosse in
ordine. Ma quella sera no, non se la sentiva proprio. Era troppo stanco e
frastornato. Sarebbe sceso la mattina seguente.



 



 

 
 
 
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