Metanfore

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Volevo un entrata ad effetto, ho indossato il mantello sdrucito e consunto più del mio animo profondo quindi ho calcato la scena. Lui mi dava le spalle, ma si è subito reso conto del mio incedere claudicante e poco elegante. Senza voltarsi ha liberato una risatina di derisione come se il mendìco che interpretavo non meritasse che misera compassione. "Che fai idiota?" mi ha regalmente apostrofato con quella sua voce profonda. Era quella la battuta? mi sono domandato guardando distrattamente la buca del maestro rammentatore. Non doveva forse interloquire per darmi agio di manifestare tutta la mia dannata essenza? Perchè non si atteneva al copione? Tutto ciò mentre lentamente, forse anche troppo lentamente, mi andavo avvicinando all'occhio di bue. Così improvvisai.. "Mio nobile signore.." stridulando incertezza con voce lontana, "Ma mio luminoso signore.." tendendo una mano incerta quanto scarna e lasciai una pausa lunga come il mio faticoso respiro che riempì tutto il silenzio. Lo costrinsi così a voltarsi per riprendersi la scena ormai in mio possesso. Aveva il viso duro, la mandibola serrata come per un doloroso riflusso gastrico e tornò al copione incapace di proseguire diversamente. "Come sei entrato?". Io curvo nel centro del palco soddisfatto della sua defaillance lo ricoprii con tutta la deferenza che il povero sa offrire e, senza dar risposta, recitai d'un fiato la preghiera dell'autore, poi mi voltai esausto al pubblico a cercar intrigo e lo trovai. Negli occhi luccicanti delle prime file, lo trovai vero, vivo, acceso. Mentre il sipario ci cancellava entrambi, lo udii che si trasformava in uno scroscio assordante. Bene. Ancora una volta  avevo sepolto con arte semplice la sua fredda impostazione. Bene, ancora una volta glielo avevo portato via.