Metanfore

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Torniamo nello scomparto mano nella mano. Nel frattempo una coppia datata si è accomodata con il prete, discutono serenamente di investimenti su fondi comuni distinti e personali, parlano di tassi come un etologo a Gibuti, di tan e taeg come un complesso di percussioni di Tuareg. Io mi nutro degli occhi di Donatella la quale mi guarda disturbata da tanto interesse al punto di leggermi a bassa voce alcune pagine del mio sanantonio.Nessuno me lo aveva mai letto prima, mi scompiscio dapprima moderatamente poi via via in modo modertamente sguaiato come se non lo avessi mai letto.Ha una voce deliziosa un po' rauca e sensuale. Me ne innamoro e la convinco a leggermi il de-bello gallico in sumero che conservo nello zaino per ogni evenienza. Lo scorre con attenzione silente dal che arguisco che non ne afferra alcun simbolo poi incalzata si lancia in una traduzione salace quanto originale condita di metonimie aristofaniche che lascerebbero di stucco qualsiasi riparatore di finestre. Lo enuncia come traducesse la fattoria degli animali, ne deduco che ha una considerevole esperienza bucolica ma è un po' debole in lettere antiche. Sono cotto, bollito, invischiato, pelato, condito, nastrato, non me ne voglio separare mai più. Siamo a Domodossola un paese impossibile escluso a turisti e conduttori di taxi, ricordo di aver letto di un congresso in questo fine settimana per autonomisti di gruppo su qualche manifesto, decido di mandare deserto la riunione di lavoro a Lione e la invito a partecipare a quel simposio. Lei accetta e voliamo via dal treno facendo cadere la paletta del capotreno, vede un autobus con le porte aperte e mi trascina in questa nuova destinazione.Io odio gli autobus.ps. la può leggere solo lei