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L’insegnamento di Diamond ed il “determinismo geografico”.

Post n°18 pubblicato il 26 Dicembre 2006 da antoniomessina81rc

 

Come mai la scoperta della ruota ha tanto inciso sullo sviluppo socioeconomico, e, secondariamente, politico dell’Europa e di quegi stati che oggi siamo soliti definire “occidentali” o “moderni”,mentre nelle americhe lo stesso ritrovato ha avuto, come utilità unica, quella di divertire i bambini?

Perché siamo stati noi a colonizzare le americhe e l’Africa e non si è verificato il contrario? Cosa c’è alla base del gap politico ed economico per il quale possiamo stratificare il globo sulla base della presunta superiorità di un gruppo di individui su di un altro?

A queste ed altre domande Jared Diamond cerca nel suo best seller “Armi, acciaio e malattie” una risposta che porti il livello della discussione occidentale fuori dal pericoloso percorso del determinismo razziale derivante dalla presunta, e innata, superiorità dell’”uomo bianco”.

In questo saggio egli riesce a fornire una chiave di lettura molto diversa del progresso storico-culturale dell’eurasia rispetto a quello del resto del mondo. La base del ragionamento di Diamond si fonda sull’osservazione che la complessità politica e culturale di un popolo è figlia della possibilità, economicamente sostenibile, di liberare una parte della popolazione dall’incombenza della ricerca dei beni di prima necessità, fondamentali per il sostentamento dei suoi componenti.

Le civiltà più evolute, difatti, si caratterizzano per una sostanziale inversione della piramide produttiva nella quale un numero progressivamente minore di addetti ai settori primari riescono a sostentare classi dirigenti e politiche del tutto estranee al momento produttivo.

Questo è possibile solo nella misura in cui la tecnologia sia capace di uno sviluppo, appunto “sostenibile”, della popolazione grazie alla implementazione delle tecniche produttive.

Questo fenomeno è solo il momento conclusivo di un processo di selezione che nasce dalla disponibilità di materie prime di cui un popolo dispone, nonchè  dalla loro integrazione.

Una sommatoria di peculiarità climatiche e geologiche ha reso una parte del mondo, la cosiddetta “mezzaluna fertile”, maggiormente predisposta allo sviluppo di società stanziali di natura agricola che, rispetto alle popolazioni di “cacciatori-raccoglitori”, ha potuto sperimentare prima, ed in misura più completa, la necessità della creazione di sovrastrutture politiche adatte alla gestione del bene comune, che, a sua volta, ha inciso sulla possibilità di aumentare il numero degli abitanti e di differenziare le attitudini personali nelle arti, nella religione e nella politica.

La matrice di questo cambiamento epocale, padre delle moderno mondo industriale, risiede nel rapporto più o meno agevole e produttivo che si determina tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda. Questo passaggio, a sua volta, è influenzato dalle mutazioni climatiche e dai fenomeni di migrazione, per esempio, dei grandi mammiferi addomesticabili dei quali, ad esempio, alcune regioni del mondo, sono completamente sprovviste.

Per tornare all’esempio della ruota, mentre essa venne accoppiata ad un bue al fine di formare un mezzo efficiente di trasporto nell’Eurasia, la stessa rimase distante centinaia di chilometri dal  lama, unico grande mammifero delle americhe meridionali, a causa della natura impervia e ristretta del territorio messicano, dove peraltro la ruota nacque, che ha reso minimi, se non del tutto assenti,  i contatti sociali ed economici tra i maia e gli incas.

Riassumere in poche righe, specialmente per un profano della materia (l’autore è infatti uno specializzando di anestesia e rianimazione che approfitta della decennale amicizia che lo lega a Marco Lombardo per promuovere la dialettica all’interno dell’MGI di cui ha potuto dal vivo testare il valore e l’importanza) la novità della tesi di Diamond non è impresa semplice. Tuttavia credo che la lettura di questo testo possa permettere l’esplorazione di orizzonti nuovi nel difficile campo della reciproca convivenza tra i popoli.

La storia ci ha insegnato quanto gli uomini abbiamo sviluppato la capacità di cogliere e amplificare le proprie differenze cavalcandole al fine di creare distanze poliche e culturali funzionali alla giustificazione delle secolari imprese coloniali.

Questo testo riporta i termini della questione sul piano scientifico e ne vincola le possibili devianze all’interno dell’analisi storia e politica dei fenomeni geografici che hanno influenzato le fortune di una parte del mondo.

Si ma allora come mai il genio di Leonardo e Michelangelo, di Cicerone e di Seneca, di Platone e di Aristotele è nato ed ha prodotto frutto solo in una parte del globo e non nella sterminata Africa in cui, peraltro, l’uomo ha iniziato la sua avventura in questo pianeta?

Affermare che Michelangelo ha potuto dipingere la volta della Cappella Sistina solo perché qualcun altro era addetto, nel frattempo, alla coltivazione alla produzione di quanto necessario al suo sostentamento è, perlomeno, riduttivo.

Tuttavia il lettore resta colpito da come anche l’elemento di innovazione, tradotto meglio come genialità, di un singolo sia valutato, nel libro, come il culmine del rapporto duale tra il popolo cui egli appartiene con l’ambiente che lo circonda.

Se non si fosse ancora capito, consiglio a tutti la lettura di “Armi, acciaio e malattie” e ne promuovo il dibattito su questo blog.

 

Antonio Messina- mess81rc@libero.it

 

 

 

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