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Due decreti che stravolgono comuni e province

Post n°19 pubblicato il 09 Ottobre 2012 da mluccis

Al momento in cui scrivo i due decreti legge approvati dal Governo giovedì scorso 4 ottobre sull’onda delle due emergenze più grandi che l’Italia sta vivendo, la crisi economica e la recessione e il malcostume dilagante nella politica e nella pubblica amministrazione, non sono stati ancora pubblicati sulle pagine della Gazzetta ufficiale della Repubblica. Dunque formalmente non sono ancora “nate” le disposizioni normative urgenti che dovrebbero contribuire in qualche misura da un lato ad aiutare la crescita di imprese e occupazione, dall’altra ad evitare che regioni, province e comuni siano utilizzati da losche figure che hanno in comune tra loro quella che in Calabria, la mia terra d’origine, è chiamata “la fame di sette generazioni”, per quanto è insaziabile e vorace.

 

         Trattandosi di decreti legge adottati dal Governo sul presupposto dell’urgenza e che devono essere convertiti in legge dopo l’esame e il voto delle due Camere, ben presto saranno consegnati alla Presidenza della Repubblica per la promulgazione e la pubblicazione. Ben presto, dunque, ne conosceremo il testo ufficiale. Tuttavia gli organi di stampa specialistici ne hanno già fatto conoscere le bozze, cioè quelle uscite approvate dalla seduta del Consiglio dei ministri che non è detto che siano poi quelle definitive.

 

A queste bozze faccio ovviamente riferimento in questa nota nella quale mi riferisco, però, solo a quelle parti che si rivolgono all’ordinamento di comuni e province, stravolgendolo rispetto a quello che s’era consolidato negli ultimi decenni. Il Governo vi ha voluto introdurre istituti e forme di controllo sugli atti di programmazione e di gestione della spesa in gran parte nuovi insieme ad altri che ha tirato via dalla bozza del c.d. Codice delle autonomie, un disegno di legge governativo tra i tanti compresi nel pacchetto sul federalismo approvato dal Governo Berlusconi già all’inizio della legislatura e però arenatosi fra le commissioni di Camera e Senato senza approdare alla discussione e al voto delle due assemblee per diventare legge.

 

La stampa ha soprattutto sottolineato la novità del controllo più invasivo che è adesso affidato ai giudici contabili, cioè alle sezioni regionali della Corte dei conti, ma in verità le nuove disposizioni responsabilizzano ancor prima e più incisivamente gli organi di controllo interno alle amministrazioni locali. E impongono interventi immediati per adeguare statuti e regolamenti alle nuove esigenze: cioè deliberazioni e regolamenti che dovranno passare all’esame e all’approvazione delle Giunte e dei Consigli comunali e provinciali.

 

Non è questa la sede per esaminare dettagliatamente il contenuto delle nuove disposizioni, né per abbozzare ipotesi sulla capacità concreta di quelle norme di cambiare le cose risolvendo i problemi che hanno finito con l’imporre l’intervento governativo urgente. Né mi azzardo a sostenere o contrastare le tesi di quanti sostengono e sosterranno che con queste norme il Parlamento – se le approverà – finirà con il seppellire con un macigno gigantesco la stagione dell’autonomia degli enti locali che pure la Costituzione afferma solennemente. Non sono proprio i tempi per queste delicatezze, e l’opinione pubblica arrabbiata per gli scandali che si rincorrono da regione a regione, non ha la pazienza di considerare le fini argomentazioni giuridiche e non solo con le quali qualche coraggioso voglia tentare di perlomeno stimolare una discussione. La riforma datata 2001 del Titolo V della seconda parte della Costituzione, è stata in questi giorni disconosciuta anche dalla maggior parte dei suoi padri politici; non vale proprio la pena di perdere tempo ora per tornare sulle esigenze di miglioramento dell’amministrazione pubblica sulle quali pure quella riforma affermava di fondarsi.

 

È altro, invece, in questo blog che ha la presunzione di richiamarsi alla semplificazione, ho voglia di dire per agevolare - semmai modestamente io ne sia capace - l’attuazione rapida delle norme contenute nei due decreti che mirano a evitare, attraverso nuove forme più incisive di controllo, ruberie e sprechi nella gestione quotidiana delle spese di comuni e province.

 

Intendo dire che come sempre quando la pubblica amministrazione si scontra con riforme di questa portata, ci sono due maniere di affrontarle per scioglierne i nodi che sono davvero tanti. La prima è quella di lavorare alla perfezione, giungendo dopo mesi e mesi alla formulazione di gigantesche costruzioni regolamentari fatti di lunghi articoli e commi che invece che agevolare l’arrivo alla meta, finiscono con il costruire coacervi di complicazioni e dubbi che si pongono al pari di montagne invalicabili anche alle più decise volontà di cambiamento.

 

Le disposizioni dei due decreti che modificano l’ordinamento dei controlli di comuni e province sono già da sole così piene che non abbisognano di allungamenti localistici. Chi ha voglia davvero di marciare nella stessa direzione indicata dal Governo con l’obiettivo di responsabilizzare meglio l’azione degli amministratori e dei dirigenti di comuni e province ed evitare ruberie e sprechi delle sempre minori risorse finanziarie pubbliche, non perda tempo ad arzigogolare troppo su articoli e commi cercando la fine perfezione del giurista, quella che troppo spesso porta all’inazione. Si concentri piuttosto su quello che è bene, non cerchi il meglio; individui i comportamenti e stabilisca chiaramente i tempi entro cui farli e le sanzioni per le omissioni e i ritardi; non si incaponisca a obbligare a modelli precostituiti, ma lasci libertà di costruire sistemi adeguati al risultato da raggiungere; indichi con chiarezza i soggetti all’interno dell’amministrazione che devono fare e non lasci dubbi su cosa debbano fare; e non lasci nemmeno dubbi su chi sia obbligato a sostituire l’inadempiente o il ritardatario già prima che si perda la possibilità di rispettare i termini.

 

Insomma, poche cose e scritte in un buon italiano: periodi brevi e termini d’uso comune agevolmente intellegibili anche dai non addetti ai lavori. E se si dovranno inserire nuove norme nei regolamenti già in uso - perché di questo anche si tratterà – l’invito è per articoli e commi brevi e ben coordinati con quelli che restano in vita, con una rilettura attenta che porti ad eliminare quelli non più in linea con le modifiche.

 

Semplicità, insomma, se si ha voglia di difendere il suddito oppresso dal malcostume. E se si vuole contribuire, ciascuno per la parte che è chiamato a fare, a chiudere un periodo davvero triste per la politica e per la pubblica amministrazione italiana.

 

Ricordando che nella veste di suddito e di danneggiato di fronte a questi fenomeni di malversazione e di uso illecito del denaro pubblico, a turno ci siamo trovati tutti. E che, dunque, anche dalle tasche di ciascuno di noi hanno preso per feste e festini ai quali non siamo stati nemmeno invitati.

 

 

Michele Luccisano

9 ottobre 2012

Ranica (Bg)

 
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