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Black Mass - L'ultimo gangster

Post n°576 pubblicato il 26 Ottobre 2015 da mikacine
 
Foto di mikacine

Il cinema è legato al genere gangsta più di quanto si possa pensare ed ha attinto alle storie vere di quei famigerati protagonisti,tanto temuti quanto mitizzati. Jimmy "Whitey" Bulger è l'ultimo (in ordine di apparizione cinematografica) tassello di questo sodalizio che ha visto,nel corso dei decenni,approdare sul grande schermo menti criminali ed audaci narrate anche dai migliori registi del mondo.


Johnny Depp,istrionico come sempre e capace di una metamorfosi notevole ma paradossalmente più "normale",interpreta il criminale di quartiere Whitey,avido di potere,viscido e folle come pochi.Temuto dalle autorità locali e dalla mafia italiana,ma anche rispettato in tutta South Boston,sfrutterà la sete di carriera di un suo vecchio amico,ora agente speciale dell'FBI,per scalare le gerarchie mafiose della città. Tramite un accordo con i federali,infatti,si impegnerà a fornire loro informazioni su traffici ed altri illeciti per indebolire "la concorrenza" riuscendo a possedere l'intera città gettandola ai suoi piedi.

Gangster movie piuttosto tipico,con ascesa e caduta del mafioso di turno,con ruoli in chiaroscuro di molte "pedine": a tratti sembra di assistere al prequel di The Departed - sempre con Boston come sfondo - con poliziotti infiltrati o voltagabbana e mafiosi informatori. Niente di estremamente nuovo ma un Depp così viscido e violento - niente a che vedere con il fascinoso John Dillinger che interpretò in Nemico pubblico - è assolutamente da non perdere!

 
 
 

Life

Post n°575 pubblicato il 20 Ottobre 2015 da mikacine
 
Foto di mikacine

Chi meglio di James Dean può incarnare alla perfezione la figura del divo per eccellenza e della ribellione giovanile? Quello sguardo perso e quella smorfia perennemente strafottente sono più di un'icona diventando un vero e proprio modo di vivere. 


Il fotografo Dennis Stock - il sempre più bravo Robert Pattinson - si definisce un artista ed è in continua ricerca del soggetto fuori dal comune e della storia che possa fargli svoltare la carriera. Trova tutto ciò in un attore in ascesa che ha appena terminato le riprese di un film molto atteso,La valle dell'Eden,e che lo fa conoscere al mainstream di Hollywood,tale James Dean. Si incontrano poco prima delle riprese di Gioventù bruciata (il film che lo consacrerà a icona immortale..) e Stock vede in questo giovane spaesato ed apparentemente svogliato una "rivoluzione",un cambiamento nel mondo attoriale e culturale. Dean,inizialmente riluttante all'idea di seguire questo percorso obbligatorio fatto di foto,interviste e tappe obbligate,accetta di prestarsi a Stock quando capisce che l'uomo è spinto da una vera vena artistica e che vuole "tracciare" un solco importante. Decidono così di partire alla volta dell'Indiana per "vivere" al meglio la famiglia e le radici del Dean uomo e non attore.

Più che un film sembra un documentario molto intimo di un giovane attore in ascesa ma anche fuori posto. La ribellione e la strafottenza che tutti hanno (intra)visto in James Dean - uno strepitoso Dane DeHaan - lascia il posto ad una malinconia e ad una inadeguatezza che quasi fanno compassione ed ogni aspetto dell'intimità di Dean cela un dolore intenso ma anche nascosto. Sotto questo punto di vista si tratta di un film molto potente ma che ha una narrazione esageratamente lenta che spesso distrae lo spettatore dal plot dell'opera.

 
 
 

Sopravvissuto - The Martian

Post n°574 pubblicato il 13 Ottobre 2015 da mikacine
 

Sulla vincente scia fantascientifica che negli ultimi anni ha visto approdare al cinema pellicole come Gravity o Interstellar,Ridley Scott ci riporta nello spazio con l'epopea romanzesca e allucinata dell'astronauta Mark Watney. 


Durante una missione spaziale sul Pianeta Rosso una tempesta di sabbia e detriti colpisce il team di astronauti della NASA. Watney viene colpito e creduto morto,costringendo il gruppo ad abortire la missione e ad abbandonare il pianeta facendo ritorno a casa. L'agenzia aerospaziale americana inizia,così,a diffondere la notizia della morte dell'astronauta ma mentre sta programmando il prossimo viaggio stellare riceve il più incredibile dei messaggi da Marte: Watney è vivo. Difatti,dopo essersi curato da una ferita all'addome dovuta allo scontro quasi mortale con un detrito,anziché lasciarsi andare ad un destino crudele decide di rimboccarsi le maniche e cercare di sopravvivere contro tutte le ostilità di un pianeta quasi sterile ed inabitabile.

Scott continua a sfornare pezzi pregiati nel campo dello sci-fi e con questo marziano sceglie un racconto più d'avventura e di sopravvivenza che di vera e propria fantascienza. Le avversità che Watney è costretto ad affrontare sono ovviamente al limite dell'impossibile (e forse qualcuna anche surreale) ma tutte descritte e narrate con veridicità,ironia,la giusta dose di dramma e con un ritmo a tratti incalzante. Ottimo anche Matt Damon che spesso sorregge da solo la scena in una sorta di Cast Away dello spazio!

 
 
 

Everest

Post n°573 pubblicato il 12 Ottobre 2015 da mikacine
 
Foto di mikacine

Il monte Everest,vero e proprio mito ed anche uno dei luoghi più pericolosi dell'intero pianeta. Raggiungere la sua vetta sembrava una vera e propria utopia ma dopo i primi impavidi scalatori che hanno compiuto l'impresa alcune società decisero di commercializzare vere e proprie scalate di gruppo e far diventare la vetta del monte una vera e propria meta turistica.


Nel 1996 lo scalatore professionista Rob Hall sta tentando la scalata del monte più alto del mondo con un gruppo eterogeneo di appassionati. Oltre al suo amico Doug ci sono altri scalatori in cerca di avventura,qualcuno in cerca di gloria ed anche un reporter giornalistico. Poco prima di percorrere l'ultimo tratto verticale Hall è dubbioso sulla riuscita visto l'enorme traffico di persone che si sono spinte proprio in quei giorni sui loro stessi versanti montani. Spinto comunque a proseguire raggiungerà la vetta ma ad attenderlo ci sarà una tremenda tormenta di neve.

Basato sulla reale tragedia del 1996 che vide morire parecchi componenti del gruppo della spedizione dell'Adventure Consultants,il film sicuramente non gioca sul thrilling della trama ma sulla drammaticità di quegli eventi,oltre che sull'ambientazione mozzafiato. Le diverse storie dei protagonisti,i loro intrecci e le motivazioni di questo viaggio estremo non fanno altro che creare empatia coi protagonisti e a dare al film uno spessore notevole senza scadere nella banalità.

 
 
 

The Green Inferno

Post n°572 pubblicato il 06 Ottobre 2015 da mikacine
 
Foto di mikacine

Eli Roth è uno dei migliori "prodotti" del vivaio Tarantino,uno che si è fatto le ossa sotto le ispiratissime ali cinematografiche di Quentin e che,a suo modo,ha rivoluzionato il genere horror riportandolo a quelle atmosfere splatter tipiche degli anni '70-'80 in cui ebbe la sua massima (e più prolifica) espansione. Dopo averci dato un assaggio del suo stile con Cabin fever ha fatto breccia con Hostel e le sue scene ad alto tasso di sangue,arrivando in maniera quasi ovvia al cannibalismo estremo di questo inferno verde.


Un gruppo di studenti ambientalisti parte alla volta del Perù per fermare la deforestazione di una grossa fetta di Amazzonia. Armati di buone intenzioni e dei loro cellulari per poter filmare gli accadimenti così da poterli denunciare ai media di tutto il mondo,i ragazzi non sanno che ad attenderli c'è un destino orribile: la popolazione indigena locale li farà prigionieri con il solo scopo di cucinarli e mangiarli. Cercare di scappare,e ancor prima evitare di essere mangiati,diventa una corsa contro il tempo.

Evidente l'ispirazione al filone cannibale del decennio '80 - soprattutto di stampo italiano.. - ed altrettanto evidente la voglia di shockare del regista: protagonisti piuttosto stupidi,nessuna censura delle scene più gore con arti mozzati,occhi estratti e mangiati assieme a lingue tagliate da bocche di persone urlanti straziate dal dolore. Unico neo il fatto che,nonostante si riporti sullo schermo tanta violenza diretta,Roth non riesce ad alzare il tiro del trauma e del sangue regalandoci un film come da anni non se ne vedevano ma che forse poteva (doveva..) osare di più.

 
 
 
 
 

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