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LIBRI

Obiettivo Decrescita, Nuova Edizione - a cura di M. BonaiutiAutore: AAVV
(cur. Mauro Bonaiuti)
Anno: 2005
Editore: EMI

Come sopravvivere allo sviluppo - di S. Latouche

Titolo completo: Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dell'immaginario economico alla costruzione di una società alternativa
Autore: Latouche Serge
Anno 2005
Editore: Bollati Boringhieri

Pensare la decrescita - di Paolo Cacciari

"Pensare la decrescita. Sostenibilità ed equità", di Paolo Cacciari, è un testo importante per chi voglia approfondire il tema della critica allo "sviluppo" e della "decrescita", una storia del dibattito negli ultimi quindici anni, una ampia bibliografia, un ponte lanciato verso la tradizionale cultura di sinistra.
Edizioni: Carta/Intra Moenia

La decrescita felice - di M. PallanteTitolo completo: La decrescita felice. La qualità della vita non dipende dal PIL
Autore: Pallante Maurizio
Anno: 2005
Editore: Editori Riuniti
Bioeconomia - di N. Georgescu-Roegen (a cura di M.Bonaiuti)Titolo completo: Bioeconomia. Verso un'altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile
Autore: Georgescu-Roegen Nicholas
Anno: 2003
Editore: Bollati Boringhieri
Anno: 1993
Editore: Red

Un futuro senza luce? - di M. PallanteTitolo completo: Un futuro senza luce? Come evitare i black out senza costruire nuove centrali
Autore: Pallante Maurizio
Anno: 2004
Editore: Editori Riuniti




 

 

Post N° 126

Post n°126 pubblicato il 16 Ottobre 2008 da mikic_76

Dal 18 al 26 ottobre al via “Io faccio la spesa giusta”: Settimana Nazionale per il commercio equosolidale

Degustazioni, incontri culturali, cene e break “giusti” a base di prodotti equo

Reading, degustazioni, promozioni ma anche incontri culturali e cene equosolidali: sono davvero tante le iniziative organizzate quest’anno nell’ambito di "Io faccio la spesa giusta", la settimana nazionale per il commercio equo e solidale organizzata da Fairtrade Italia in collaborazione con Legambiente, Banca Etica e La Feltrinelli che si svolgerà dal 18 al 26 ottobre. Da Lidl a Auchan, da Coop a Carrefour, da Dico, Crai, il Gigante ai negozi biologici B'io e NaturaSì fino alle Botteghe del Mondo e ancora tanti ristoranti, piazze e librerie per un totale di 3000 punti vendita ospiteranno per una settimana promozioni e assaggi di prodotti equosolidali. Tantissimi gli appuntamenti per i produttori del sud del mondo per promuovere un modo di fare la spesa che unisce qualità sociale e ambientale, sostenendo salari adeguati, margini da investire in servizi sociali e sanitari, coltivazioni da lotta integrata o biologiche.

Oltre ad essere presente nelle piazze di tutta Italia, Legambiente promuoverà insieme a Banca popolare Etica e Feltrinelli il “Fairtrade reading: Scrittori del Sud-Lettori del Nord”, incontri letterari per avvicinarsi al commercio equo che si terranno nelle principali Librerie Feltrinelli di tutta Italia. Ad alternarsi nei reading saranno i grandi protagonisti del mondo della cultura e dello spettacolo del calibro di Massimo Carlotto, Patrizio Roversi, Riccardo Sardonè, Mimosa Campironi, Pino Cacucci, , Raymond Dessi, Lino Angiuli, Saverio Tommasi, Pino Petruzzelli. Uno spazio sarà anche dedicato alla presentazione di libri per bambini sul consumo consapevole, immigrazione e commercio equo nell'esperienza della cooperativa Ghanacoop.

“Sovranità alimentare, rispetto del lavoro, difesa dell'ambiente, tutela dei diritti e sostenibilità: queste sono le basi del commercio equo e solidale che in questi anni ha saputo affermarsi a tal punto nel mondo da rappresentare davvero la risposta agli effetti devastanti di questa cattiva globalizzazione - ha dichiarato Maurizio Gubbiotti coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente -. La scommessa di ‘Io faccio la spesa giusta’ è proprio quella di voler dare la possibilità ad un numero sempre maggiore di consumatori di conoscere altre modalità di acquisto responsabile, fondamentali per i produttori del sud del mondo, che possono in questo modo riconquistare dignità e una possibilità di futuro, ma anche per i consumatori che possono acquistare a prezzi accessibili prodotti di alta qualità disponibili nelle maggiori insegne della grande distribuzione italiana sapendo di fare una cosa giusta.”

E in molte regioni italiane nel corso della settimana sarà anche possibile gustare menù a base di prodotti equosolidali nei ristoranti e agriturismi biologici e del circuito Biocard, dove tra il 17-18  e del 24-25 ottobre si svolgerà "Io faccio la cena giusta". Nei 50 ristoranti self service di Cir Food delle province di Modena e Reggio Emilia, sarà invece la pausa pranzo ad essere equo, con la possibilità di assaggiare l'ananas di Ghanacoop.

E per chi la cena giusta vorrà prepararla a casa propria  Fairtrade Italia ha messo a disposizione un un vero e proprio kit completo per un ricco menù, scaricabile dal sito www.fairtradeitalia.it.

Per conoscere tutte le iniziative di “Io faccio la spesa giusta 2008”: www.fairtradeitalia.itinfo@fairtradeitalia.it – 049 875082

 
 
 

Per amor di profitto della Terra non me ne curo...

Post n°125 pubblicato il 24 Settembre 2008 da mikic_76

Misure Ue contro l'inquinamento Ronchi: «L'Italia resti fuori»«Rischiamo di perdere competitività»

È andato fino a Bruxelles per convincerli. Il ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi, è disperato. L’Unione Europea vuole inquinare meno, ma a noi italiani non ci passa nemmeno per la testa. Così, è partito nella sua assurda missione diplomatica, per convincere gli europarlamentari italiani a fare fronte comune e sperare che la Commissione Ue ci conceda un compromesso sul pacchetto “energia-cambiamenti climatici”.

La Commissione, infatti, in linea con gli obiettivi fissati dal Consiglio europeo, ha messo a punto una serie di proposte legislative per la riduzione dei gas-serra e l'aumento delle energie rinnovabili. Nulla di sconvolgente, si capisce, ma una saggia risposta all’emergenza che nessuno può più negare: l’obiettivo è quello di ridurre del 20 per cento le emissioni inquinanti, di portare al 20 per cento la quota di energie rinnovabili e di migliorare del 20 per cento l'efficienza energetica. Tutto questo entro il 2020, da cui il nome dell’accordo «20-20-20».

Ma a noi della salute nostra e della Terra, non ce ne importa, a noi sta a cuore «l'interesse nazionale». Ovvero, nell’accezione di Ronchi, lo stato dell’industria italiana. Siamo in crisi, e non possiamo permetterci di spendere soldi per tutelare l’ambiente. Per questo siamo gli unici die 27 paesi membri dell’Unione Europea ad aver chiesto una revisione dell’accordo. Certo, messi come siamo, raggiungere gli obiettivi europei per noi è una fatica, visto che, per intenderci la nostra quota di energia rinnovabile è al 5,2%.

Ronchi va a pietire di essere graziato perché con quei parametri rischiamo di perdere «competitività». L’Europa finora è stata intransigente, ma il ministro Ronchi ci prova comunque: il 3 ottobre sarà a Parigi, il 6 a Varsavia e Berlino, l’8 tornerà a Bruxelles insieme al presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia.
Fonte: unita.it

 
 
 

Post N° 124

Post n°124 pubblicato il 16 Settembre 2008 da mikic_76

Un clima carnivoro


Almeno un giorno alla settimana senza carne nel piatto. E' quanto suggerisce Rajendra Pachauri, il presidente del Comitato intergovernativo sul cambiamento del clima (Ipcc), consesso scientifico incaricato dall'Onu di presentare ai governi lo stato delle conoscenza sul clima - e che l'anno scorso ha avuto il premio Nobel per la pace. Pachauri parla di carne proprio per parlare di clima. In un'intervista al settimanale britannico The Observer, pubblicata domenica, ha dichiarato che dovremmo tutti osservare almeno un giorno «vegetariano» alla settimana, se vogliamo contribuire con il nostro comportamento a diminuire le emissioni di gas «di serra» nell'atmosfera. La produzione di carne infatti è una importante fonte (diretta o indiretta) di emissioni di gas come l'anidride carbonica e il metano, che si accumulano nell'atmosfera e la riscaldano; è anche una causa di altri gravi problemi ambientali, tra cui la perdita di habitat naturali. Può sembrare curioso il nesso tra dieta e clima. Eppure Pachauri dice una cosa ben nota e provata. La fao, organizzazione dell'Onu per l'agricoltura, ha calcolato che circa un quinto (20%) delle emissioni globali di gas «di serra» imputabili ad attività imane vengono proprio dalla produzione di carne. E la produzione di carne continua a crescere, come del resto il consumo. In uno dei suoi studi, pochi giorni fa il WorldWatch Institute faceva un consuntivo: nel 2007 la produzione mondiale di carne si aggirava sui 275 milioni di tonnellate; nel 2008 si aspetta che superi i 280 milioni, e a questo ritmo nel 2050 sarà raddoppiata. Negli ultimi dieci anni il ritmo di crescita è stato più sostenuto nei paesi «in via di sviluppo» che in quelli industrializzati: il risultato è che nel 2007 almeno il 60% della produzione mondiale è avvenuta in paesi in via di sviluppo. Cresce ovviamente anche il consumo di carne e altri prodotti animali: ma se si producono in media 42 chili di carne per persona, il consumo varia dai 30 chili per persona al'anno nei paesi in via di sviluppo agli 80 chili procapite/anno nei paesi industrializzati. Produzione e consumo crescono in Cina (del 3% annuo), e anche in India, nonostante i tabù legati alla carne bovina. Il punto è che questa crescente domanda è coperta concentrando sempre più la produzione in allevamenti di tipo industriale. Oggi è allevato e macellato «in batteria» il 67% del pollame, il 50% delle uova, il 42% del maiale. Queste catene di montaggio disumane («disanimali»? ) sono anche una minaccia alla salute umana e del pianeta. La concentrazione di allevamenti industriali, spesso in prossimità di grandi centri urbani, pone secondo la Banca mondiale «una delle più gravi sfide ambientali e per la salute pubblica dei prossimi decenni» (studio citato dal WorldWatch Institute, «Vital signs online», 20 agosto), perché contribuisce alla diffusione di malattie come l'influenza aviaria, il virus nipah e altro. inoltre il grande uso di antibiotici negli allevamenti industriali produce fenomeni di resistenza nei consumatiori umani. Gli allevamenti producono grandi concentrazioni di gas metano. Consumano acqua in modo spropositato, assorbono quote crescenti di produzione agricola sotto forma di mangimi, producono masse ingestibili di reflui inquinanti - mentre l'allevamento su piccola scala e in zone agricole ha come «scarto» letame, cioè fertilizzante. Ha ragione Pachauri, dunque: mangiare meno carne farà bene al clima, all'ambiente, e probabilmente anche a noi stessi.

fonte:ilmanifesto.it

 
 
 

Rai3, l'ultima spiaggia della Tv

Post n°123 pubblicato il 15 Settembre 2008 da mikic_76

www.aprileonline.info/notizia.php?id=9017

 
 
 

Post N° 122

Post n°122 pubblicato il 08 Settembre 2008 da mikic_76

 Vicenza sabato in corteo. Il sindaco: referendum legittimo

La notizia era arrivata già sabato: i manifestanti del presidio No Dal Molin caricati dalla polizia mentre difendevano la loro “torretta di avvistamento”. Un ponteggio, regolarmente autorizzato («Lo stesso Questore – ricordano i No Dal Molin – ha incaricato uno dei suoi funzionari per individuare il luogo di posizionamento della struttura assieme ai manifestanti»), attraverso cui osservare i lavori all’interno dell’aeroporto militare americano. Ma a leggere le cronache di quel giorno, non viene fuori l’inaudita violenza delle forze dell’ordine contro i contestatori inermi. Per capire, servono le immagini. È quello che hanno fatto i No Dal Molin che hanno pubblicato lunedì il video di questa brutta giornata per la nostra democrazia.

Il questore di Vicenza, Giovanni Sarlo, sabato ha commentato i fatti spiegando che i manifestanti «non avevano il permesso per mettere la torretta, quindi sono dovuto intervenire». Ma nel video, non c’è scampo. Non c’è giustificazione di fronte a decine di agenti che non esitano a tirare calci, a scaraventare donne a terra, a strappare di mano macchine fotografiche, a mettere mani nelle tasche, a calpestare corpi, a colpire in faccia con il manganello. Soprattutto se di fronte a loro non c’è un branco di violenti e facinorosi, ma decine e decine di persone inermi. Semplicemente sedute a terra, immobili. Una resistenza passiva, interrotta solo da alcune grida disperate. «Fermi», «Vergogna». Niente da fare, la polizia probabilmente sente di avere le spalle coperte. Ora, anche da Berlusconi in persona, che domenica ha scritto al sindaco di Vicenza, Achille Variati, per dirgli che il referendum non s’ha da fare.

Il filmato ora verrà consegnato dalla consigliera comunale Cinzia Bottene, già portavoce dei No Dal Molin, allo stesso sindaco «perché possa rendersi conto degli atti di violenza compiuti contro cittadini vicentini inermi». Dal canto loro, i cittadini inermi, non si fanno intimidire. «Purtroppo per lui – dicono riferendosi al Questore – noi non abbiamo nessuna intenzione di lasciare mano libera e campo aperto a chi, non avendo gli strumenti politici e dialettici per spiegare ai vicentini il perché dovrebbero starsene buoni e zitti mentre il futuro della loro città viene fortemente compromesso, decide che gli si debba spaccare la testa».

Sabato 13 settembre i No Dal Molin hanno organizzato una manifestazione che raggiungerà la zona dell’aeroporto e che ha come obiettivo quello di verificare che «nessun lavoro sia iniziato nel segreto». Il Comune, infatti, ha chiesto una moratoria sull’apertura del cantiere: in sostanza, si chiede agli americani di non posare nessuna pietra fino a che la popolazione non si sarà democraticamente espressa sull’allargamento della base. Dunque, fino al 5 ottobre, data fissata per quel referendum che Berlusconi reputa «gravemente inopportuno».

Secondo i No Dal Molin, la violenza di sabato «va letta come conseguenza diretta della lettera che Silvio Berlusconi ha inviato al sindaco Variati», e gli risponderanno con la manifestazione del 13. Il sindaco Variati, invece, ha preso carta e penna. Per noi, ha scritto il primo cittadino di Vicenza, la consultazione popolare «è opportuna, legittima e giusta». «Abbiamo sempre spiegato, anche al governo – replica Variati – che la consultazione non è su materia sottratta al potere dell'ente locale. Ai cittadini, cioè, non chiediamo di esprimersi su scelte di politica estera o di difesa, e neppure su “base sì, base no”. I vicentini dovranno dire se vogliono o meno che il Comune avvii la procedura per chiedere la cessione di un'area delicatissima dal punto di vista ambientale, da destinarsi a usi collettivi. Questo – conclude – è nelle nostre facoltà: e credo che, se a chiederlo saranno in molti, avrà peso».
fonte: unita.it

 
 
 

Post N° 121

Post n°121 pubblicato il 07 Settembre 2008 da mikic_76

 
La contro finanziaria fa le tasse più belle
sbilanciamoci, controfinanziaria 2009
Una Controfinanziaria in cento punti. Sbilanciamoci, la campagna sostenuta da un cartello di 50 associazioni della società civile, chiude la sua sesta edizione. Dalla tre giorni di Torino, come ogni anno, è venuto fuori un documento (scarica qui il pdf) che smonta punto per punto le politiche economiche del governo. E soprattutto, fa delle proposte. Cento, per la precisione. Cento idee praticabili per costruire una legge Finanziaria che sia all’insegna del bene comune e non nell’interesse dei soliti noti. «Con il governo Berlusconi – spiega Giulio Marcon, portavoce della campagna – si afferma l'anacronistica politica economica che colpisce la sanità, l'istruzione, le politiche sociali, l'ambiente e i servizi offerti dagli enti locali; il tutto condito con la motivazione demagogica dei tagli alla spesa pubblica. Con le nostre cento proposte – prosegue Marcon – rilanciamo un modello di sviluppo fondato sull'equità sociale, sulla sostenibilità ambientale, la pace e la solidarietà internazionale».

La ricetta della Controfinanziaria di Sbilanciamoci vuole andare oltre la demagogia della «pressione fiscale», cattiva sempre e comunque: pagare le tasse non può essere una condanna, per questo serve «una rimodulazione culturale» che faccia tornare ad essere (e a percepire) il fisco «uno strumento di redistribuzione, equità e giustizia». Per questo da Sbilanciamoci parte la campagna per un Tax Justice Day, una giornata di mobilitazione popolare in tutta Italia per chiedere giustizia e legalità fiscale.

Ad esempio, si legge tra le cento proposte della Controfinanziaria, si potrebbe cominciare con la tassazione delle rendite finanziare al 23%: con le entrate che questa imposta genererebbe, calcolano da Sbilanciamoci, lo Stato potrebbe recuperare risorse per sostenere il Fondo per la non autosufficienza – che è stato cancellato e grava sui bilanci di centinaia di migliaia di famiglie – per costruire tremila asili nido, ma anche per mettere sul tavolo politiche abitative serie, che servirebbero quantomeno a tamponare l’emergenza casa che nelle grandi città è da tempo focolaio di proteste e di drammi familiari. Una Finanziaria per il bene comune potrebbe istituire anche una carbon tax sulle emissioni inquinanti, utile a rilanciare la mobilità sostenibile e lo sviluppo delle energie rinnovabili. Senza parlare di quanto si potrebbe recuperare dalla riduzione delle spese militari: basterebbe senza dubbio a salvare la cooperazione allo sviluppo italiana, a difendere il nostro ruolo nelle organizzazioni internazionali e a sostenere la ricerca e l’innovazione.
fonte: unità.it

 
 
 

Post N° 120

Post n°120 pubblicato il 03 Settembre 2008 da mikic_76

L’IMPRESA DI UN’ECONOMIA DIVERSA

VI edizione del Forum di Sbilanciamoci!

UN BEL LAVORO

Diritti, economia di giustizia, imprese responsabili

Mirafiori Nord (Torino) 4-6 settembre 2008

Sbilanciamoci! organizza a Mirafiori il suo Forum annuale, quest'anno dedicato al lavoro. Si terrà dal 4 al 6 settembre prossimi, a Torino, quartiere Mirafiori Nord, il forum annuale della campagna Sbilanciamoci! L’impresa di un’economia diversa giunto ormai alla sua sesta edizione. Un bel lavoro è il titolo del forum di quest'anno. Dopo il drammatico aumento della precarietà e degli incidenti sul lavoro, Sbilanciamoci dedica il forum di quest'anno ai temi del lavoro e della sostenibilità di un modello di sviluppo fondato sull'automobile e la grande fabbrica che ha avuto nella città di Torino la sua massima espressione. Mirafiori come simbolo di un modello industriale che ha caratterizzato un certo sviluppo economico del dopoguerra; Torino come la città delle grandi fabbriche per antonomasia e dei recenti incidenti sul lavoro, città che si presta a una riflessione sul sistema delle imprese, modello di sviluppo e mondo del lavoro, temi che da anni sono al centro dell'impegno della campagna Sbilanciamoci.Il forum di quest'anno - che si tiene alla Cascina Roccafranca - prevede la presenza di oltre 50 relatori italiani e stranieri che interverranno in sei sessioni plenarie e otto gruppi di lavoro tematici. Una sessione di quest'anno - dedicata al tema delle “nuove solidarietà” - viene organizzata in collaborazione con FIOM e FIM e prevede la partecipazione di delegati sindacali dal Brasile, dalla Serbia, dalla Turchia, dalla Polonia.
www.sbilanciamoci.org

 
 
 

Post N° 119

Post n°119 pubblicato il 28 Agosto 2008 da mikic_76

Un campus per la "decrescita felice"Giovanna Nigi

Maurizio Pallante del movimento per la decrescita felice, foto web
Maurizio Pallante del Movimento decrescita felice

«Ce n'è abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l'avidità di ciascuno». Una frase di Ghandi che ben riassume la tragedia che ci troviamo a vivere, la cui consapevolezza, fino a qualche anno fa ristretta a una cerchia ridottissima di economisti, accademici e scienziati, si va ogni giorno di più allargando, anche grazie a iniziative come quella del Parco Regionale dei Monti Lucretili - "Sarà per amore o non sarà?" -, consigli su come agire il cambiamento dati dai massimi esperti italiani della decrescita e messi in pratica in un campus-laboratorio fino a domenica 31 agosto. Il cambiamento è inevitabile, grazie alla fine del petrolio e alla drammatica erosione dei beni comuni, come acqua, aria e terra. Bisogna imparare a fronteggiarlo, non come un nemico o un triste ritorno al passato, ma come un'occasione da non perdere per acquisire nuovi occhi, occhi felici, come la decrescita che viene proposta in lavori di gruppo, escursioni guidate, laboratori pratici.

Da decolonizzare, come sottolinea Peter Berg, c'è anche e soprattutto il nostro immaginario: «La nostra generazione è stata allevata con un mito che, nell'ultimo secolo, ha fondato l'immaginario sociale: il mito della crescita». Questa credenza, cui è connessa l'idea di uno sviluppo illimitato, ha portato con sé le parole d'ordine della massimizzazione della produzione, dei consumi e dei profitti fino a consegnarci all'attuale religione del mercato globale. Eppure, di fronte alla percezione crescente dei limiti sociali ed ecologici dello sviluppo, del degrado indotto dai processi di mercificazione della vita, della crescente conflittualità internazionale attorno alle risorse fondamentali, oggi comincia a farsi strada l'idea che per imboccare sentieri veramente alternativi sia necessario proprio rimettere in discussione il mito fondativo. Almeno questa è la scommessa dei bio-campeggiatori. «È possibile oggi decolonizzare il nostro immaginario e provare a pensare una società non improntata a uno sviluppo fine a se stesso. Il rifiuto di indicazioni chiare su come fronteggiare la crisi planetaria è deludente e pericoloso» dicono gli organizzatori degli incontri. Del resto battaglie per l'uso e l'approvvigionamento di energia, limitazioni sull'acqua e altre risorse essenziali, carenza di cibo e aumento della popolazione sono già diventati la base di guerre che mettono a repentaglio approcci ragionevoli, contribuendo a squilibri ecologici sempre più vasti.


«Non si può aspettare oltre per invertire una rotta che ci porta verso la distruzione sicura e imparare a vivere integrandoci con il resto degli abitanti, vegetali o animali di questo pianeta», è allora il punto di partenza dell'esperimento del bio campus. Insomma, la sostenibilità ecologica non può continuare a essere vista come un lusso che possono permettersi solo le nazioni più ricche. Deve trasformarsi in un imperativo universale e anche un automatismo civile. «È un obiettivo essenziale per ogni società umana senza distinzioni di livello economico, localizzazione geografica o cultura», sui Monti Lucretili ne sono convinti.
Certo, imparare a trovare soluzioni a livello dell'intera biosfera può essere una meta troppo lontana da raggiungere per molte persone. Però almeno si può iniziare a capire come diventare ecocompatibili con il sistema di vita locale n el proprio luogo di residenza. Si tratta di obiettivi comprensibili e realistici, anche piccoli sforzi locali possono fare moltissimo a livello planetario.


«Due terzi delle risorse mondiali sono state sperperate, e l'ecosistema planetario non riesce più a metabolizzare le ingiurie che quotidianamente gli vengono fatte», dice il profesor Marco De Riu, uno dei relatori degli incontri. «Oggi che la razza umana vive al di sopra delle proprie possibilità, è tempo di tirare le somme, e il bilancio è drammaticamente in rosso: in anni recenti il flusso delle acque dei fiumi si è drasticamente ridotto, molti si seccano prima di arrivare agli oceani, abbiamo perso il 90% dei predatori degli oceani, il 12% delle specie degli uccelli, il 25% dei mammiferi, il 30% anfibi e la tendenza è in crescita, grazie anche al cambiamento del clima a cui non tutte le specie riescono ad adattarsi. La maggior parte degli eventi nazionali e internazionali dei quali siamo stati testimoni può essere direttamente ricondotta a cause le cui radici sono ecologiche.


Le giornate di Orvinio, dove sono previsti, fra gli altri, oltre all'intervento di Marco De Riu, quelli di Paolo Cacciari, Maurizio Pallante, autore del libro "La decrescita felice" e Raffaele Salinari, vogliono essere un punto di riferimento per conoscere le risposte pratiche - «e gioiose»- di chi ha già fatto scelte di vita diverse e vuole comunicarle a chi avverte il grande disagio di vivere questo tempo ma non sa che cosa fare materialmente per non sentirsi complice della comune follia distruttiva. La natura - dicono al laboratorio itinerante della decrescita, organizzatore dell'evento - non può essere solo un lusso da godere nei week end. Perché non si può mangiare il denaro. Né si può bere il petrolio.


Campodecrescita@gnail.it per informazioni 3382144489

fonte: www.unita.it


 
 
 

Post N° 118

Post n°118 pubblicato il 28 Agosto 2008 da mikic_76

Oms: «Disugualianza sociale uccide di più i poveri»

periferia povera mondo città
Vivranno di più i bambini europei, ancor meglio se non crescono in periferia. È sempre più l´ingiustizia sociale a contare e uccidere su grande scala. La maggioranza dell'umanità non beneficia del livello di salute sufficiente in buona parte a causa dell'impatto congiunto di scelte politiche e misure economiche. Lo evidenzia il rapporto dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), basata su una ricerca durata tre anni sui "determinatori sociali" della salute.

Sono i fattori sociali molto più di quelli genetici a determinare la salute o la malattia delle persone nel mondo e la loro aspettativa di vita. Un ragazzo, infatti, che vive nella povera periferia di Calton a Glasgow vivrà in media 28 anni in meno di un ragazzo nato nel vicino ma ricco quartiere di Lenzie. Allo stesso modo, l'aspettativa di vita media nella ricca Hampstead a Londra è di 11 anni maggiore del vicino, ma degradato, St. Pancras. Fino ad arrivare a differenze abissali come questa: una ragazza che nasce nel Paese africano del Lesotho vivrà in media 42 anni meno di una ragazza che nasce in Giappone. E se in Svezia il rischio di una donna di morire per complicazioni della gravidanza o del parto è di un caso ogni 17.400, in Afghanistan è di uno su otto.

Lo studio, realizzato da un gruppo di esperti che fanno parte della Commissione sui "determinatori sociali" della salute (politici, universitari, ex capi di Stato e ministri della Salute), conclude che in quasi tutti i Paesi le cattive condizioni socioeconomiche si traducono in cattive condizioni di salute per gli abitanti. Le differenze sono così marcate da non potersi spiegare con fattori genetici o biologici.

L'Italia si piazza al terzo posto, a pari merito con Canada e Svezia, quanto ad aspettativa di vita alla nascita: in media, viviamo 81 anni "contro" gli 83 del Giappone e gli 82 dell'Australia. Ma se la stima, relativa al 2006, si confronta con quella di India (63), Mozambico (50) o Lesotho (42), ci si rende conto dell'enorme divario.

«Questi dati non hanno nessuna spiegazione biologica – si legge nel rapporto - . Le differenze tra Paesi e all'interno delle frontiere di un Paese sono dovute al contesto sociale nel quale le persone nascono, vivono, crescono, lavorano e invecchiano». «Le malattie causate da acqua contaminata, per esempio, non sono dovute a mancanza di antibiotici, bensì al fallimento dei Governi nel rendere disponibile per tutti acqua potabile; le morti per patologie cardiache sono causate non tanto dalla scarsa disponibilità di reparti specializzati, ma dallo stile di vita delle persone». La soluzione è dunque agire «sulle condizioni di esistenza quotidiane delle popolazioni, migliorando gli ambienti di vita e di lavoro, e attraverso la distribuzione regolare di risorse e di denaro». Lo studio lancia un appello e chiede ai governi di agire subito: senza alcun intervento la diseguaglianza è destinata ad aggravarsi, ma agendo immediatamente potrà ridursi in tempi relativamente brevi.


 
 
 

BUON SEGNO

Post n°116 pubblicato il 26 Agosto 2008 da mikic_76

Molti esempi di buone pratiche di cambiamento si stanno facendo spazio. Anche il TG3 ha presentato un servizio sui distributori di latte fresco alla spina, soluzione antica per risparmiare risorse (meno imballaggi e meno rifiuti) e per risparmiare denaro (si paga solo il prodotto locale). Anche a San Vito al Tagliamento e a Casarsa sono apparsi due distributori di una azienda agricola della zona.

Si sta facendo strada anche l'utilizzo della tecnologia LED da parte di comuni per l'illuminazione pubblica, per i semafori e per altri utilizzi. Già Report ne parlò tempo fa:www.youtube.com/watch?v=RTFideoOdnQ

Buoni esempi che mi auguro facciano strada e si moltiplichino, per un diverso stile di vita.

 
 
 

LA GIUSTA STRADA

Post n°115 pubblicato il 24 Agosto 2008 da mikic_76

In un Paese sprovvisto di un piano energetico nazionale, dove la classe dirigente insegue le grandi opere e alimenta il mito di una crescita senza limiti, trovare esperienze virtuose dal basso può sembrare velleitario, quasi di semplice testimonianza.

E’ qui che entra in gioco la replicabilità dei progetti, il buon senso delle sperimentazioni in atto, la capacità di narrare le esperienze migliori e di contaminare quanti più sindaci possibili. Se poi ai piccoli comuni cominciano ad affiancarsi grandi città, magari del Nord industrializzato e sviluppista per professione, forse allora c’è davvero qualcosa di più di una speranza di cambiare.

Padova è la strada. Il suo Piano energetico comunale è la tappa, virtuosa ed esemplare, che affrontiamo oggi nel nostro “Viaggio nell’Italia dei comuni a 5 stelle”. Una città di 200.000 abitanti, che raddoppiano se si considera l’area metropolitana, amministrata da persone che capiscono presto (già nel 2005) l’importanza strategica che può giocare il tema dell’ambiente e dei consumi energetici della pubblica amministrazione.

Proprio a partire dal bilancio, con una visione pragmatica, l’Assessore all’ambiente Francesco Bicciato intuisce la possibilità di intervenire concretamente per ridurre i consumi e liberare risorse economiche consistenti.

Pensiamo infatti a quanti edifici, automezzi, servizi, persone, governano e gestiscono per conto di migliaia di comunità locali i nostri sindaci: sedi istituzionali, scuole, ospedali, impianti sportivi, biblioteche, musei, pubblica illuminazione, ecc. Centinaiai di migliaia di luoghi pubblici per la stragrande maggioranza illuminati male e riscaldati (o raffrescati) peggio.

Il piano di efficienza energetica del Comune di Padova è partito da qui, da una valutazione analitica e scrupolosa dei consumi storici, degli impianti esistenti, delle tecnologie in uso. Obiettivi dichiarati dell’operazione la riduzione dei consumi e il contenimento delle emissioni di CO2 in atmosfera, ma anche il risparmio economico per la pubblica amministrazione e il raggiungimento degli obiettivi del protocollo di Kyoto, di cui quasi non si parla più, passata la moda del momento.

In seguito allo studio durato 8 mesi, è stata condotta l’analisi dei dati raccolti e la valutazione degli interventi da sostenere, valutandone gli oneri economici e i benefici ambientali.

Infine, si è giunti alla messa a punto e alla conseguente adozione del Piano di Efficienza Energetica Comunale: uno strumento di pianificazione che disciplina l’utilizzo delle risorse energetiche stabilendo linee di azione prioritarie.

Il Piano adottato è oggi in fase di attuazione e prevede di raggiungere risultati ambiziosi, rendendolo di fatto la migliore esperienza di efficienza energetica adottata da un’amministrazione pubblica in Italia: si va dalla sostituzione di tutti gli apparecchi illuminanti obsoleti e delle relative lampade a bassa efficienza della pubblica illuminazione alla sostituzione delle lampade ad incandescenza degli impianti semaforici con lampade a LED (che consumano l’80% in meno a parità di luce emessa); dalla sostituzione dei veicoli in dotazione al comune con mezzi bifuel alla realizzazione di più impianti a metano in città; dalla realizzazione di un generatore fotovoltaico in un parcheggio scambiatore all’installazione di pannelli solari per il riscaldamento dell’acqua in diverse scuole e impianti.

Il piano si è poi soffermato sulla valutazione dell’efficienza energetica elettrica e termica di 110 edifici di proprietà comunale (22 tra scuole dell’infanzia e asili nido, 57 scuole dell’obbligo, 16 uffici pubblici e 15 impianti sportivi). Si è quindi deciso di sostituire le lampade ad incandescenza o alogene con quelle fluorescenti; di installare sensori di presenza e interruttori a tempo per il controllo automatico delle luci; di sostituire le caldaie a gasolio con quelle a metano; di migliorare ove possibile la coibentazione degli edifici. Insomma, di tagliare gli sprechi e chiudere il buco del secchio, per dirla con le parole dell’amico Pallante (per approfondire: “Un futuro senza luce”, Editori Riuniti).

Solo rimanendo al dato relativo alla pubblica illuminazione c’è da rimanere senza parole! Alla fine degli interventi di riqualificazione energetica si otterrà un risparmio di energia elettrica pari a 6.543.000 Kwh/y, per oltre 600.000,00 euro di risparmio sulla bolletta del comune, ai cui dati bisogna aggiungere una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 4.318 t/y.

 fonte: comunivirtuosi.org

 
 
 

Post N° 114

Post n°114 pubblicato il 23 Agosto 2008 da mikic_76

www.candle4tibet.org/en/

 
 
 
 
 

APPUNTI FERRAGOSTANI...

Post n°112 pubblicato il 14 Agosto 2008 da mikic_76

Il costo del ritardo sugli obiettivi di KyotoL’Italia dal 1° gennaio 2008 ogni giorno ha un costo di 4.111.000 € (47,6 € al secondo) per il mancato raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Il contatore nel sito internet del Kyoto Club visualizza in tempo reale la crescita di questo debito.

L'Italia sta accumulando un debito di oltre 4 milioni di euro al giorno (4,1 milioni di euro) per lo sforamento delle emissioni di CO2 rispetto all'obiettivo previsto dal Protocollo di Kyoto.

Per la precisione, dal 1° gennaio 2008 il debito è di 47,6 € ogni secondo e al 20 marzo abbiamo già superato i 320 milioni di euro che diventeranno quasi 1,5 miliardi di euro a fine 2008.
La crescita del debito (per ogni tonnellata di CO2 abbiamo stimato un prezzo di 20 €) si può visualizzare in tempo reale dal contatore presente nel sito del Kyoto Club.

Questo costo deriva dal divario di oltre 75 milioni di tonnellate di CO2 (aggiornamento al marzo 2008) che ci separa dagli obiettivi di Kyoto, con un livello di emissioni del 9.9% superiore rispetto al 1990. Va ricordato che nel periodo di adempimento 2008-2012, la quantità di emissioni assegnate all'Italia è pari a 483 Mt CO2 eq (-6,5% rispetto al 1990).

Questa è un'emergenza pesante in termini economici, di immagine e di mancate opportunità. Paghiamo dieci anni di sottovalutazione del problema climatico e di una notevole superficialità rispetto all'entrata in vigore del Protocollo.
Poiché ogni ulteriore ritardo comporterà costi crescenti sarà fondamentale che le istituzioni mettano al centro delle politiche del paese la questione climatica, con conseguenti scelte oculate su efficienza energetica, utilizzo delle fonti rinnovabili e trasporti.

fonte: www.kyotoclub.org

 
 
 

Post N° 111

Post n°111 pubblicato il 07 Gennaio 2008 da mikic_76

Va bene essere contrari a discariche ed inceneritori, falsi risolutori del mancato corretto ciclo dei rifiuti in gran parte del nostro paese. Ma a quando manifestazioni, incontri pubblici, raccolte firme e quant'altro per la raccolta differenziata in Campania?A quando manifestazioni davanti ai municipi chiedendo con forza la raccolta differenziata porta a porta?Cittadini campani aprite gli occhi e rimboccatevi le maniche!

 
 
 
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