Creato da Miliziano1 il 07/12/2006

diario di viaggio

(pensieri ed emozioni)

 

 

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Un incontro storico

Post n°57 pubblicato il 11 Novembre 2007 da Miliziano1


Il 26 ottobre 1860 Giuseppe Garibaldi consegna a Vittorio Emanuele II le Provincie Meridionali. Ancora oggi ci si chiede l'esatta collocazione dell'incontro fra i due Grandi della storia del nostro Risorgimento. Due comunità si contendono l'importante convegno. L'esercito Borbonico, ancora forte di circa cinquantamila uomini, è trincerato oltre il Volturno, nelle fortezze di Capua e Gaeta. Gli uomini di Francesco II non rimangono sulla difensiva ma spesso operano qualche limitato contrattacco. Garibaldi mantiene l'assedio di Capua e Gaeta disponendo di dodici o tredicimila uomini.
Vorrebbe prendere Capua senza troppo spargimento di sangue, che lui ritiene fraterno, evitando il bombardamento indiscriminato della cittadina. Ma intanto i tempi stringono, i volontari sono stanchi e sfiduciati. Bixio, Medici, Tùrr e lo stesso Cavour, insistono presso Garibaldi affinché faccia votare il Plebiscito e l'annessione, prima che i Borbone organizzino una forte controffensiva e ritornino a Napoli. Si dice che lo stesso Medici, all'insaputa del Generale abbia scritto a Cavour implorando Vittorio Emanuele di venire in soccorso di Napoli. Garibaldi che era cosciente della realtà, il 4 ottobre aveva già scritto al Re invitandolo a fare una passeggiata, nella capitale dell'ex Regno delle Due Sicilie, con almeno una divisione... “Avvertito in tempo, io congiungerei la mia destra alla divisione suddetta, e mi recherei in persona a presentarle i miei omaggi e ricevere ordini per le ulteriori operazioni”. Vittorio Emanuele non aspettava altro. Il 15 ottobre passava il fiume Tronto ed entrava nel Regno di Napoli. Il 26 ottobre 1860, termina la grande avventura delle camicie rosse. Garibaldi consegna a Vittorio Emanuele II il Regno delle Due Sicilie e lo saluta “Re d’Italia”. L’incontro avvenne nei pressi di Teano, senza troppe formalità, anzi con molta freddezza, fra lo stato maggiore del Re e gli aiutanti di campo di Garibaldi. Oggi, nel comune di Vairano Patenora, (CE) in località Taverna di Catena, al quadrivio, in ricordo dell'avvenimento sorge un monumento con la scritta: “QUI A TAVERNA CATENA DI VAIRANO PARTENORA IL 26 OTTOBRE 1860 GIUSEPPE GARIBALDI E V. EMANUELE II CONCLUSERO L’UNITA’ D’ITALIA”. Sembra tutto chiarito, e il monumento confermerebbe che il celebre saluto sia avvenuto in questo luogo. Ma non è così, con buona pace della storia, il punto preciso dell'incontro è ancora in discussione fra gli storici, tanto è vero che sulla strada che da Caianello porta a Teano, in questo comune, quasi al confine con quello di Vairano Patenora si nota una segnalazione turistica, indicante l'importante incontro, un po' trascurata, senza alcuna pretesa storica, anzi rassegnata ad essere dimenticata, quasi ad indicare che non è quello il luogo dove avvenne il celebre saluto.
Più avanti c'è una chiesetta, sui gradini della quale, a dire di Cesare Abba, il Generale avrebbe consumato un frugale pasto. Per chiarire l'equivoco, e mettere pace fra le due cittadine che si contendono l'avvenimento, fu costituito in Teano, nel 1891, un comitato per studiare e individuare esattamente il luogo dove Garibaldi salutò Vittorio Emanuele. Le ricerche durarono vari anni, sia da parte d'insigni studiosi sia dell'Ufficio Storico del Ministero della Guerra. Le indagini s'intensificarono nel 1907, con il I° centenario della nascita dell'Eroe dei due mondi. Diverso è l'orario, il luogo, ed altri particolari. Una tesi sostiene che l'incontro sia avvenuto fra Caianello e Teano nei pressi della chiesa di Borgonovo, verso le ore 8 del mattino, con un cielo nuvoloso. Il giornale,"Il Mattino" dell’agosto 1907 riferisce che vi furono “…abbracci e baci fra Garibaldi e Vittorio Emanuele”, mentre il giornale la "Tribuna” dell’agosto 1907, riporta la testimonianza di un testimone oculare: "Io nel 1860-61 facevo parte del 3° reggimento garibaldino. Il mio battaglione, il 2°, proveniente dai posti avanzati sotto Gaeta, si trovava la mattina del 26 ottobre sulla strada che da Caianello conduce a Teano. Saranno state le otto e mezza del mattino, quando a - circa mezza strada fra i due citati paesi - udii tre squilli di tromba segnale dell'Attenti - seguiti dalle prime note della marcia reale... Non appena schierati ci fu comandato di presentare le Armi, e allora vedemmo giungere dalla nostra destra, cioè dalla parte di Caianello, Re Vittorio Emanuele II, e dalla sinistra, cioè dalla parte di Teano, il generale Garibaldi. Al seguito del Re ma già fermi alla distanza di non meno di 50 metri, vi era lo stato maggiore. Il Generale era accompagnato dal suo stato maggiore che si fermò a considerevole distanza da Garibaldi, e molto più indietro ancora stavano diversi ufficiali garibaldini a cavallo. Vittorio Emanuele e Garibaldi si avanzarono, soli, l'uno incontro all'altro, e quando furono un po' vicini, Garibaldi, con la sua voce squillante, alzando la destra esclamò - Salute al Re d'Italia - al che il Re rispose con grande enfasi spontanea - Saluto il mio migliore amico!- Quindi messi i cavalli a fianco a fianco, i due personaggi si abbracciarono e si baciarono... il colloquio durò circa venti minuti". Il quotidiano “Roma” del 27 ottobre 1860, nella cronaca di Napoli così riportava: "Uno storico incontro; Vittorio Emanuele stringe la mano al Generale Garibaldi... verso le ore 8 e mezzo antimeridiane, il Re si trovava sulla Strada Caianello-Teano, al bivio della chiesa di Borgo, ivi gli andava incontro il Generale Garibaldi; cui il sovrano stringeva la mano. Vittorio Emanuele e il Dittatore procedevano quindi a fianco a fianco per circa dieci minuti, fino a Teano. A Porta Romana, si separavano". Dopo una stretta di mano, si presume, si lasciarono alle porte di Teano, al largo di Porta Romana. Un'altra fonte parla di Monte Croce, come anticamente si chiamava monte Manzanello, nelle cui vicinanze vi era la Taverna Catena. Il giornale Officiale di Napoli del 27 ottobre 1860 scriveva: "Ieri mattina Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele si trovava alla testa di quattro divisioni all'inizio di Monte Croce; ivi s'incontro con il Dittatore, e passò in rassegna parte dell'Esercito Meridionale" Lo stesso luogo è confermato in uno scritto del 1861 di Pasquale Matarazzi, in "Avvenimenti Politici Militari dal settembre al novembre del 27 ottobre 1860", e da P. Giuseppe da Forio, al secolo Erasmo di Lustro, francescano garibaldino. Per Alberto Mario, testimone oculare l'incontro avvenne alle sei del mattino: "Di lì a poco le musiche intonando la Marcia Reale annunciarono il Re, il quale arrivò sopra un cavallo arabo stornello, Garibaldi andò incontro a lui, ed egli venne verso Garibaldi fra la strada e la stradella. Garibaldi, cavatosi il cappellino gridò: Salute al Re d'Italia, e il Re rispose: - Grazie.- Il Re soggiunse: - Come state, caro Garibaldi? - E Garibaldi: - Bene, e Vostra Maestà? -E il Re:- Benone - Indi si partì per Teano. Il Re a destra, a sinistra Garibaldi, e, dietro il seguito dell'uno e dell'altro alla rinfusa. E fu allora che Garibaldi, sentendo che una battaglia al Garigliano era imminente, chiese al Re l'onore del primo scontro. Ma il Re: "Voi vi battete da lungo tempo: tocca a me adesso; le vostre truppe sono stanche, le mie fresche; ponetevi alla riserva". Alberto Mario, scrive: "Proveniente da Venafro, sfilava verso Teano l'esercito Settentrionale il sito d'interruzione delle due strade era abbastanza capace, e l'adornavano una casa rustica (Taverna Catena) e una dozzina di pioppi". Un altro testimone oculare, Cesare Abba, ci dà un'ampia descrizione: "Chi dice che siam qui per dare l'ultima battaglia, e che mentre combatteremo contro i cinquantamila borbonici che ancora tengono per Francesco II, arriveranno i soldati di Vittorio Emanuele con lui in persona, discendendo dall'Abruzzo per la via di Venafro. Una casa bianca a un gran bivio, dei cavalieri rossi e dei neri mescolati insieme, il Dittatore a piedi; delle pioppe già pallide che lasciavano venir giù le foglie morte, sopra i reggimenti regolari che marciavano verso Teano A un tratto, non da lontano, un rullo di tamburi, poi la fanfara reale del Piemonte, e tutti a cavallo! In quel momento, un contadino, mezzo vestito di pelli, si volse ai monti di Venafro Ed ecco un rimescolio nel polverone che si alzava laggiù, poi un galoppo, dei comandi, e poi: - Viva! Viva! Il Re! Il Re! Mi venne quasi buio per un istante; ma potei vedere Garibaldi e Vittorio darsi la mano, e udire il saluto immortale: - Salute al re d'Italia! - Eravamo a mezza mattinata. Il Dittatore parlava a fronte scoperta, il Re stazzonava il collo del suo bellissimo storno, che si piegava a quelle carezze come una sultana. Forse nella mente del Generale passava un pensiero mesto. E mesto davvero mi pareva quando il Re spronò via, ed Egli si mise alla sinistra di lui e dietro di loro la diversa e numerosa cavalcata". Abba interpretò subito ciò che di vero era stato detto fra i Due e si domanda:. "Re Vittorio fu freddo nell'incontro con Garibaldi? Dunque certo contegno di Vittorio Emanuele nell'incontrarsi col Dittatore sarebbe stato un delicato riserbo? Non si sente che la grandezza di Garibaldi, sinora! Non si conosce che vi sia chi mira il sole nascente". Lo scrittore continua: "Ieri il Dittatore non andò a colazione col Re. Disse d'averla già fatta. Ma poi mangiò pane e cacio conversando nel portico d'una chiesetta, circondato dai suoi amici, mesto, raccolto, rassegnato. A che rassegnato? Ora si ripasserà il Volturno, si ritornerà nei nostri campi o chi sa dove; certo non saremo più alla testa, ci metteranno alla coda.". Il Diario Storico dell'Archivio del Ministero della Difesa, nel rapporto giornaliero del 26 ottobre 1860 recita: "A Taverna della Catena, S.M. il Re, che col suo quartier generale marcia colle truppe del quarto Corpo, è incontrato dal gen. Garibaldi". Andando a spulciare nella cronaca del tempo, sul giornale L'indipendente, diretto dall'amico di Garibaldi, A. Dumas, suo gran sostenitore e simpatizzante, confinata nell'ultima pagina si trova un anonimo Dispaccio Telegrafico: "Il Generale Milbetz al Generale Tùrr Napoli - Ieri mattina Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele si trovava alla testa di quattro divisioni a Monte Croce, ivi s'incontrò col Dittatore e passò in rassegna parte dell'Esercito Meridionale. La sera Sua Maestà era a Teano, e il Dittatore trovasi a Calvi. S. Maria 27 ottobre 1860 - Napoli ottobre 1860".
Qualche particolare in più lo troviamo ancora sull'Indipendente di martedì 30 ottobre 1860, fra la "Corrispondenza Particolare del Campo" del giorno 29: "Il Re Vittorio Emmanuele, ed il Dittatore si sono incontrati il 27 andante a Sant'Agata, entrambi a cavallo. Senza scendere da cavallo il Dittatore diede la mano al Re, e gli disse: Sire, io vi do oggi tutto il paese che ho conquistato in vostro nome; ma non voglio rimetterlo realmente che quando Capua sarà vostra. Dopo una pari conquista andrò durante l'inverno a fare con l'aiuto di Dio il romita a Caprera. Se però fino allora una palla non viene a togliermi la vita in primavera io andrò in Ungheria, e con le vostre forze e la mia cooperazione l'Italia sarà UNA. - Vi ringrazio, rispose il Re: e spero di essere sempre così d'accordo con voi. Io credo che voi siate non solo il migliore dei miei amici, ma anche il solo. Dopo queste parole il Re ed il Dittatore hanno visitato il campo e si sono divisi fra Sant'Angelo e S. Maria, essendo tornato il Re a Teano ed il Dittatore a Caserta. Il Generale Sirtore accompagnava il Re" Fra tante discordanze e fantasie, tutti però sono concordi nel fatto che nella mattinata del 26 ottobre, fra Caianello e Teano, Garibaldi consegnò l'Italia Meridionale a Vittorio Emanuele ricevendone in cambio solo una stretta di mano, il diniego di far continuare a combattere i suoi Garibaldini a fianco delle truppe piemontesi nell'assedio definitivo di Capua e Gaeta e il disprezzo degli ufficiali del nuovo esercito per i volontari.
Quella stessa mattina il generale piemontese Della Rocca, assicurava la moglie del principe Santagapito di stare tranquilla: "non tema signora marchesa, noi non abbiamo che fare con quella gente [i garibaldini], e veniamo appunto per ristabilire l'ordine". I garibaldini erano considerati con disprezzo "feccia e canaglia" dal re, dal suo stato maggiore e dagli ufficiali, mentre i gradi bassi dell'esercito erano coscienti del valore della camice rosse. In dicembre a Napoli avvennero diversi tafferugli fra i volontari e l'esercito regolare! Alla freddezza di quest'incontro, rimediarono in seguito gli storiografi della corona, esaltando e ricamandoci sopra, per la pace di tutti e per l'Unità d'Italia.
Garibaldi ne uscì distrutto e umiliato, e come lui i suoi "volontari". Da quel momento fu messo in "forse" tutto quello che aveva fatto. La realtà di quel momento storico fu magnificamente interpretata da Cesare Abba: "certo non saremo più alla testa, ci metteranno alla coda", o vi manderanno a casa, la maggior parte chiederanno l'elemosina per le strade di Napoli, altri torneranno al paesello a lavorare nei campi, i più fortunati, e altri ancora entreranno nelle bande dei briganti o pentiti riprenderanno le armi per combattere i piemontesi e sperare nel ritorno di Francesco II. Nell'Ufficio Storico del Ministero della Guerra, nel diario del Comando in Capo, si trova una nota del 1879 del capitano Manfredi, che dice che il Re e Garibaldi si incontrarono alla Taverna della Catena. Questa località, però, non è citata in nessun altro documento ufficiale e neppure dai biografi che scrissero su quell'episodio.
Taverna Catena, è un quadrivio in territorio di Cainello e dista da Teano più di otto chilometri. Il Prof. Boragine, nel 1914 dimostrò, attraverso testimonianze scritte, sopralluoghi e prove, che l'incontro avvenne al ponte di Caianello (oggi ponte S. Nicola) presso la chiesetta di Borgonuovo, dove la strada gira verso Teano. Una strada "carrareccia che Garibaldi avrebbe percorso come accorciatoia per raggiungere il Re che marciava alla testa del IV Corpo verso Teano". Le ricerche del Boragine furono seguite con interesse anche dall'Ufficio Storico ed alla fine furono ritenute valide.
Riportiamo il resoconto degli studi fatti in occasione del centenario della morte di Garibaldi 1882-1982, inserito nella Raccolta di documenti storici sull'incontro di Teano: "Difatti il IV Corpo era partito da Presenzano e marciava su Teano, il V veniva da Venafro e seguiva il IV ma, giunto alla Catena girò per Alife. E Garibaldi che aveva pernottato a Taverna Cerasello e che aveva i suoi volontari accompagnati (accampati) nel Bosco di Caianello, venne a Taverna della Catena e chiese dove poteva incontrare Sua Maestà. Gli fu indicato che il Re marciava alla testa del IV Corpo sulla via di Teano, e allora Garibaldi tornò indietro, prese l'accorciatoia che attraversa il bosco e giunse al ponticello di S. Nicola, presso la chiesetta di Borgonuovo, dove smontò e attese il Re". Il resto è noto. Tutti gli storici concordano che Garibaldi e Vittorio Emanuele, cavalcando, proseguirono per Teano e raggiunsero quella località nel tempo di circa quindici-venti minuti (sei chilometri dal ponte S. Nicola a Teano), impossibile per percorrere otto, nove chilometri, da Taverna della Catena a Teano. Dalle tante ipotesi, dalle testimonianze oculari o per sentito dire, dai sopralluoghi e dalle prove, emerge che i Comandi dell'esercito regolare, non diedero in quel momento molta importanza al luogo dell'avvenimento, e come abbiamo scritto, nemmeno la stampa diede particolare rilievo a quel che poi sarebbe stato ritenuto un grande evento storico. Lo studio del Comitato conclude: "Che l'incontro deve chiamarsi di Teano - come figura in quasi tutti i testi di storia". Da quanto scritto, si evince, che seppure l'appuntamento, non sia stato concordato dai due Grandi, il luogo fu puramente occasionale.
Dopo gli screzi e le incomprensioni con Vittorio Emanuele II, Garibaldi partì da Napoli a bordo del piroscafo Washington per ritirarsi a Caprera. Solo il giornale “L’indipendente”, diretto da Alessandro Dumas, ne dette notizia, elencando le poche cose che il generale, dopo aver conquistato un regno, portava con sé:
- un sacchetto di sementi (si racconta fossero semi di pomodori);
- una balla di stoccafisso;
- una cassa di maccheroni;
- un sacchetto di zucchero;
- alcuni barattoli di caffè.

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 03/12/07 alle 20:58 via WEB
Per la verità, TAVERNA DELLA CATENA è in territorio di Vairano Patenora, e non di Caianello.
 
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