MICHELE Novembre 26th, 2009
(Dalle Favole di Sandra e Michele)
La famiglia Allegrotti aveva un bimbo di nove anni,
dopo di che non erano venuti altri figli.
Fabio il loro piccolo, francamente non si era mai lamentato per
essere un figlio unico, né aveva mai sentito la mancanza
di un fratello. Aveva molti amici fra i compagni di scuola,
frequentava i giardinetti del quartiere, giocava a calcio,
si divertiva a strimpellare la chitarra, ed iniziava ad osservare
incuriosito e quasi con galanteria le sue compagne di scuola.
Marta, sua madre, era veterinaria e sempre in continuo
contatto con gli animali, ed il padre, Bernardo, era macchinista
e guidava treni. Avevano una bella casa con giardino ed
una gatta bellissima: Penelope.
Marta e Bernardo erano una coppia felice, ma a quarant’anni
sorse in loro l’esigenza di adottare una bambina.
Ne parlarono con Fabio, il quale all’inizio, si trovò un po’
contrariato. Ormai si era abituato ad essere senza
fratelli, questa bimba, che avrebbe dovuto chiamare “sorella”,
forse arrivava in un momento in cui Lui, proprio non sapeva
che farne, non conoscendo appunto il valore di questo dono.
Ci volle un po’ di tempo e, tante scartoffie da leggere e
firmare, finché, finalmente, arrivò una bambina da un
lontano paese dell’Est.
La piccola per la verità si chiamava Alika, ma a loro,
a prima vista, parve Alice. Bellissima, biondissima,
con trecce lunghe, lentiggini ed occhi azzurri, e
uello fu per sempre il suo nome.
In pochi mesi Alice imparò la lingua e fece anche molto
sto ad occupare la sua stanza invadendo anche quella
Fabio, divenuto miracolosamente paziente e comprensivo,
a parte qualche tirata di treccia.
La famiglia Allegrotti però, non era affatto una famiglia
infatti i tre nascondevano un bizzarro “segreto” senza che
fra di sé ne fossero a conoscenza, per il semplice motivo che
loro ritenevano la particolarità, una cosa normalissima ma
strettamente privata.
Marta, ad esempio conosceva il linguaggio dei pennuti, specie
quello dei merli.
Lavorava spesso con questi pennuti e la prima volta che si
accorse di questa singolarità, fu nella cura prestata ad un’ala
del pennuto di nome Pepe, le ci volle molto tempo per aiutarlo a
guarire, ma alla fine il merlo tornò a volare come nuovo e Pepe
per “riconoscenza” le ripeteva fino alla noia un motivetto imparato
udendo la radio che si trovava nell’ambulatorio.
Un giorno, però, successe qualcosa di più, Marta stanca
d’ascoltare in continuazione quel motivetto esclamò ad alta voce:
-Pepe, non ne posso più fa’ silenzio!-.
Immediatamente nella stanza calò la quiete più assoluta.
Il merlo pareva diventato muto, e quando in seguito Marta
lo interrogò sul suo silenzio, Pepe le rispose che era stata Lei
a chiederglielo.
La donna rimase allibita per la risposta a tono, ma
considerando
la sua “particolarità”, si strinse nelle spalle, tenendo per sé
il segreto per non essere presa per folle perfino dai membri
della sua famiglia.
Bernardo invece era un vero romantico, lui sapeva ascoltare le stelle.
Mentalmente parlava con loro, e passava il dopo cena a consultarle
appagato dalle loro risposte.
Le stelle gli dicevano che il cielo era un immenso prato blu,
dove loro, assieme alla luna, ascoltavano tante confessioni,
conoscevano tanti segreti, avevano visto odio e amore,
amore e odio, e quando il cielo si incupiva, i temporali,
le bufere, si avvicinavano, loro si nascondevano dietro le nuvole
gonfie d’acqua, la loro luce non si spegneva, ma rimaneva nascosta,
e se il vento fosse venuto in loro aiuto, come spesso faceva,
loro sarebbero apparse di nuovo in tutto il loro splendore.
E Fabio? Beh, anche lui aveva la sua particolarità e se ne era reso
conto fin da piccolissimo. Adorava sparpagliare tutti i suoi giochi
nella stanza, faceva scendere dallo scaffale i pupazzi di peluche,
ci giocava, prendeva pennarelli, disegnava sugli album e quando
poi la stanza era diventata un bazar…, con gli occhi, in silenzio,
guardando oggetto per oggetto, questi tornavano a posto da sé.
La mamma non era mai riuscita a capire come facesse a rimettere
perfettamente tutto a posto in così poco tempo. Entrava nella
stanza, rimaneva imbambolata dal disordine, e gli diceva:
-Fabio, la cena è pronta fra un quarto d’ora, rimetti tutto a posto!-.
Fabio rispondeva: -certo mamma, come sempre-.
Chiudeva di nuovo la sua porta e quando era il momento di sedersi a
tavola la stanza era ordinatissima.
Marta si limitava a dire: sei bravissimo.
Certe volte, quando la mamma era stanca o stava poco bene, alla
cucina ci pensava Fabio con il suo metodo o potere.
Nessuno dei tre, però conosceva le straordinarie “qualità”
dell’altro, fino a che non arrivò Alice che unì, ovviamente senza
saperlo, questi tre poteri assieme.
Alice non aveva mai conosciuto i suoi genitori e aveva vissuto
fino a quel momento con una vecchia zia in un luogo sperduto
dell’Est. Dotata di fantasia era cresciuta assieme a tanti amici
immaginari, a quel poco che la natura le poteva offrire
di giorno, a parte la tanta neve, e a quello che poteva trovare
nelle notti stellate guardando col naso all’insù, e nelle notti
di pioggia, amava aprire un piccolo spiraglio della finestra, mettere
una bottiglietta di vetro e raccoglierci l’acqua piovana. La mattina la
versava nelle piante che si trovavano nel soggiorno; ed era felice così.
Certo che in casa Allegrotti era ben altra cosa, e poi con Fabio
il divertimento era assicurato. Lei si era accorta quasi subito
dei poteri. Infatti, si divertiva a mettere in disordine la stanza di
Fabio, a fare un po’ di “lotta” con Lui e dopo, letto disfatto,
disordine più assoluto, osava dirgli:
-Dai Fabio, smuovi gli occhi che poi andiamo a tavola-.
Fabio non si innervosiva mai, questa bambola bionda che tutti gli
invidiavano, era sua sorella, e Lui col passare del tempo le voleva
sempre più bene.
La bella gatta Penelope, invece, se ne stava sempre in casa, non
era abituata a stare fuori, sempre ben curata sia nella scelta
del cibo che nella pulizia personale.
Alice era una compagna impagabile. Le piaceva accarezzarla
continuamente, ci parlava e ci giocava. Qualche volta
involontariamente gli artigli della gatta smagliavano le
calze colorate della bambina e Marta si arrabbiava, ma la
sua arrabbiatura aveva breve durata.
Ci fu un compleanno di una compagna di scuola di Alice, la
quale invitò l’intera classe a festeggiare nel suo bellissimo
giardino. Era il mese di Maggio, il sole era caldo e la Primavera
era sbocciata in tutto il suo splendore.
La bambina aveva disegnato su un foglio se stessa, Fabio
e la gatta. Tutti e tre in cucina per la consumazione della prima
colazione. Osservando il disegno le venne l’idea di andare alla festa
con la gatta, anche perché non era proprio entusiasta di andarci.
Non conosceva proprio bene tutte le sue compagne e a tanta
confusione e baldoria non era abituata. Prima se ne stava sempre
da sola, poi, con la sua nuova famiglia, con Fabio e Penelope, ma
mai con tantissime amiche nel gioco e nel divertimento. Era un po’
agitata, per questo la compagnia della gatta la tranquillizzava
e poi, tutti dovevano ammirarne la bellezza e infatti Penelope si
ritrovò col cestino a passeggio con Alice in direzione della casa
di Benedetta.
Strada facendo Alice si sentiva un po’ agitata, non era abituata alle
feste, non con tantissime persone, la troppa confusione la metteva
in imbarazzo.
Appena Alice arrivò, quello che vide superava le sue aspettative:
il giardino era immenso, palloncini e giochi ovunque e una
bellissima tavola era arricchita da piatti e bicchieri coloratissimi
e tante bevande colorate. Non mancava proprio niente, neppure
il sole alto e splendente in cielo.
Poi…, stranamente, il tempo ben presto si rannuvolò e grosse gocce
d’acqua infradiciarono la bella tovaglia di carta e tutto quelle
squisitezze ben disposte all’assaggio.
Ci fu un fuggi-fuggi di bambini urlanti che cercavano riparo
all’interno della casa.
Proprio in questo caos di schiamazzi bagnati Penelope scomparve
senza che nessuno se ne accorgesse.
La mamma di Benedetta fece del suo meglio, aiutata da altre mamme
per sistemare i bambini all’interno e solo dopo un po’ di tempo
Alice si chiese dove fosse finita Penelope.
Penelope non si trovava da nessuna parte.
Le ricerche durarono fino a tarda sera, ma tutto fu inutile, come
cercare di calmare Alice la quale non si dava pace per la preoccupazione
della gattina, sentendosi responsabile dell’accaduto.
Fabio stava tutto il giorno fuori a cercarla e ormai non curava più
neanche i suoi compiti. Bernardo e Marta avevano avvertito il vicinato
e gli amici della scomparsa della gatta, ma questa sembrava
svanita nel nulla.
Stranamente dalla bella primavera che avevano avuto fino al giorno
dell’inizio della festa, il tempo sembrava fare continue bizze, pioveva
continuamente ed Alice era sempre più triste.
In silenzio, ogni membro della famiglia provò a mettere in azione e
questa volta intenzionalmente ed ognuno per proprio conto, tenendo
all’oscuro l’altro, tutto il potere posseduto, per il ritrovamento
della gatta e per far tornare il sorriso sul volto di Alice.
Bernardo interrogò le stelle, Marta parlò con i suoi amici animali
domandando loro dove poteva essere andata una gattina
che non era mai uscita da casa e Fabio buttò all’aria
il Mondo, ma nessuno ottenne risposta e intanto il tempo allungava
le distanze al ritrovamento sempre più difficile.
La pioggia nei giorni seguenti non ebbe mai nessuna interruzione e
ad Alice vennero in mente i giorni uggiosi passati nella vecchia casa.
Fu così che iniziò a intuire la sua bizzarra coincidenza, e scoprì
in questo modo quale fosse la sua particolarità.
Questa “rivelazione” le permise di riflettere a lungo al punto che
un pomeriggio, sempre più triste, uscì spinta da una forza sconosciuta,
proprio col cestino dove aveva messo Penelope per andare alla festa.
I genitori e Fabio la guardarono impotenti, le chiesero dove andasse:
-Vado lungo il fiume …, è molto lontano da qui, è vero, ma è un luogo
dove ancora non abbiamo guardato. Raggiungetemi lì-.
Alice corse con l’ombrello leggera come una farfalla, le sue magre
gambette saltavano tra il verde dei cespugli e il sorriso comparve sul
volto e le sue guance si tinsero di rosso abbandonando
il consueto pallore. Smise di piovere e si affacciò il sole caldo primaverile.
E fra quell’erba bagnata e pozze, al riparo dall’acqua sotto una grande
quercia le si presentò una scena dolcissima: Penelope stava
allattando tre gattini, bellissimi come lei.
Gettò l’ombrello per terra, si avvicinò con cautela e mentre le voci
amate, si facevano sempre più vicine, Lei a voce alta disse:
-Venite a vedere…, l’ho trovata, é tornato il Sole, e…, sono
felicissima, vi voglio troppo bene.-
Finalmente il sorriso abbracciò tutta la famiglia.
La famiglia Allegrotti imparò una lezione importante e fondamentale:
il superpotere più grande, è la forza di un’intera famiglia unita, e
non è una “particolarità”, ma semplicemente una costruzione fondata
sulla capacità di dare e di aiutarsi volendosi bene soprattutto nelle difficoltà.
Inviato da: filtr
il 29/04/2010 alle 00:53
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