MINO DACCOMI

“ I SERVIZI SOCIALI LOCALI “


Il Senato ha varato il 4 N0vembre 2009 la riforma dei servizi pubblici locali,che punta a favorire la gestione privata di alcuni servizi locali. Il testo passa alla camera. Il nodo della questione è tutto li,nel titolo dell’articolo 15 del decreto legge n°135,o decreto Ronchi, che il Senato ha tramutato in Legge. E’ lungo solo una riga ma vale miliardi. Soldi che usciranno dalle tasche dei consumatori e che arriveranno in quelle di pochi grandi gruppi. Il titolo recita:” Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica.” Che vuol dire? Che l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali avverrà in via ordinaria, attraverso gare ad evidenza pubblica. Quali sono i servizi indicati? Diversi ( gas o trasporto, ad esempio ) Ma tra questi uno in particolare : l’acqua. Che con il decreto ha cambiato status. Non più bene pubblico, ma merce. Di “ proprietà “dello Stato, dopo un emendamento inserito all’ultimo momento dal PD,ma gestita da privati. Un business colossale. Quanto grande? Forse 8 miliardi nei prossimi 10 anni. Un calcolo in difetto. E solo parametrato sulla semplice gestione. Senza contare gli investimenti pubblici ed europei. Attualmente in Italia la rete idrica è coperta da circa 110 gestori. Divisi tra i 91 Ato (ambito territoriale ottimale) esistenti. Grosso modo ad ogni Ato corrisponde una provincia. A crearli fu la legge Galli del 1994.che per la prima volta apri anche ai privati. Oggi 64 gestori sono a totale capitale pubblico e servono oltre la metà della popolazione. Il resto è a capitale misto o privato. Questo fino al 4 Novembre. Perche nel giro di un anno o al massimo entro il 2012 L’affidamento dei servizi pubblici locali passerà in mano a “imprenditori o società in qualunque forma costituite”. Anche con capitale misto dunque, purchè L’attribuzione dei compitri operativi, connessi alla gestione del servizio, sia nelle mani del privato che non può avere una quota inferiore al 40% della Società. Il Pubblico può rimanere ma è il privato che decide quanto o come investire. E il privato deve fare profitti. E i profitti si fanno Abbassando gli investimenti e alzando le tariffe. In Italia dal 1994 ( anno della Galli) al 2005 sono stati investiti 700 milioni di € l’anno nella rete. Nei 10 anni precedenti oltre 2 miliardi  di €. Nel 2008, secondo l’ultimo rapporto del Co.Vi.Ri. relativo a 54 Ato, risultavano realizzati  solo il 56% degli investimenti previsti 6 miliardi. Questo scrive Cittadinanzattiva,a fronte di un’impennata delle tariffe di oltre il 47% negli ultimi 10 anni. In Toscana, ad esempio dove è più forte la presenza dei privati, ogni famiglia spende in media per l’acqua 330 € all’anno a fronte di una dispersione del 34%. I privati, se non regolamentati. Non portano efficienza. Nel nostro paese le società più importanti, per capacita e fatturato sono 6: la romana Acea, la bolognese Hera. La ligure piemontese Irenia, la triestina Acegas-Aps , la lombarda A2A  e l’acquedotto Pugliese. Le prime 5 sono quotate. Sono multiutility a capitale misto dove però è il privato che detta le regole. Questo perché ha i soldi necessari e spessoanche il know how. E con la nuova norma avranno un peso ancora maggiore visto che gli enti locali non potranno avere oltre il 40% del capitale delle società in questione. L’Italia diventerà un terreno fertile per le multinazionali estere,come le francesi Veolia e Suez, che tra gestione e incroci azionari, si stanno mangiando fette di territorio. Per l’acqua “ si assiste- per usare le parole dell’Antitrust-alla sostituzione di monopoli pubblici con monopoli privati” Si prendo l’esempio di Acea. La società serve il Lazio, una parte della Campania, l’Umbria e  4 Ato su 6 della Toscana. E’ il primo operatore nazionale del circuito idrico ( ha il 10% del mercato) E’ controllata al 51% dal Comune di Roma. Al !0% circa dalla francese Gdf-Suez e al 5% dal costruttore Caltagirone. Ma  presto il comune di Roma dovrà cedere a privati l’11% della società per un valore di circa 200 milioni. Lo stesso dovranno fare i comuni Emiliani per Hera o quelli di Genova e Torino per la futura Irenia. In totale sul mercato finiranno oltre un miliardo di € in Azioni. Che andrà ai privati. I quali investiranno per avere un ritorno. E si i piani industriali  di 87 Ato mostrano un incremento medio dei consumi di acqua,da qui al 2023,del 17/20% vuol dire che la privatizzazione dell’acqua la paghiamo noi. Con l’approvazione del decreto Ronchi la gestione delle risorse idriche ( un  grande business dell’acqua privata- una torta da 8 miliardi ) Passa nelle mani di pochi grandi gruppi. Il rischio è quello di un aumento delle tariffe ---- Alla camera il decreto sul quale il Governo ha messo la fiducia è passato con 320 si e 270 no, Per protesta alcune Regioni sono per il ricorso alla Consulta –La sinistra  chiede il referendum