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L'éscalier sombre I

Post n°147 pubblicato il 08 Novembre 2013 da Disegnorupestre
 
Foto di Disegnorupestre

Forse... Forse credevi che io non sarei rimasta.

 

Sempre e comunque.

 

Che non sarei stata presente.

 

Uomo di poca fede!

 

Spero. Sempre. Ancora.

 

Ho visto quel ragazzo. Ho potuto osservarlo. Non vista.

 

Credevo che l'avresti lasciato andare. Gli sei piombato addosso.

 

Non sono intervenuta, solo perché Michelle stava dormendo. Non intendevo svegliarla, e non volevo mostrarmi a Gérard come sono. Ferocemente in collera.

 

Con te.

 

Non volevo che quel povero giovane immaginasse di stare per entrare a fare parte di una famiglia di squilibrati.

 

Ora è quasi giorno.

 

Probabilmente, Michelle sta ancora dormendo. O forse no.

 

Potrei pensare di entrare nella sua stanza. Di andare a parlarle.

 

Scelgo di non farlo. Come ho scelto di lasciare andare quella povera creatura. Come ho scelto di non andare a rendere visita a Maxime.

 

Come scelgo di non venire da te.

 

Perché sentirti colpevole? Perché?

 

D'accordo... D'accordo... Michelle e Maxime si amano. Lo sappiamo. Possiamo sentirci colpevoli, per questo.

 

E' importante.

 

Provo una profonda sensazione di disagio. Amo nostra figlia come l'aria che respiro. Dovresti saperlo. Poiché tu l'ami altrettanto. O, forse, ancora più intensamente.

 

Gérard ha imparato ad amarla. Io l'ho visto. Il suo è un sentimento profondo, trepidante, appassionato.

 

Saprà conquistare la nostra ragazza.

 

E saranno felici.

 

L'ho vista cambiare, sai? L'ho vista fermarsi, a volte, e perdersi in pensieri che una madre può tradurre soltanto come creati da un sentimento d'amore. Ora... Non so a chi dei due stesse pensando, ma credo che Beynaut non la lasci indifferente. Non fosse altro per tutte le attenzioni che le rivolge.

 

Il piccolo Montboisy ha tentato il suicidio. Lo temo. Lo sento. Lo so.

 

E' estremo. In ogni sua emozione. Dovresti saperlo. L'ha trasportata con sé come il vento del deserto e la sabbia.

 

Un'onda inarrestabile.

 

Amore... Penso che Michelle stia portando suo figlio.

 

Attendiamo che torni da noi...

 

Se le mie intuizioni non sono completamente errate, il matrimonio potrebbe terminare poco dopo essere stato celebrato. Non ne parlerà, a Maxime.

 

Lo confesserà, a Beynaut.

 

Vedremo.

 

Lo sguardo di lui tradisce un universo di sentimenti contrastanti. L'ho visto. Lo so. L'ho vissuto, e so riconoscerlo. La teneva tra le braccia come se fosse stato il più inestimabile tesoro mai esistito.

 

Mah!... Forse, in lui, troverà comprensione.

 

Forse mi sto sbagliando.

 

E tutti i miei ragionamenti sono insensati.

 

Perché non l'hai lasciato andare? Non capisci che, a pochi giorni dalle nozze, un cristiano debba essere lasciato tranquillo? In pace? Che la sua mente sia già sufficientemente sconvolta, da non potere tollerare altro?

 

E veniva da casa di Maxime!

 

Non ti conoscevo come impietoso!

 

Eppure... Tornando a pensare a te, non riesco a portarti rancore.

 

Temo che, ora, tu sia seduto davanti al camino, macerato dai rimorsi. Voglio lasciarti soffrire.

 

Sì.

 

Era proprio necessario trasmettere a lui tutto ciò che preoccupa te? Credi che egli sia colpevole per le tue azioni?

 

Hai parlato a Michelle? Hai sondato le sue emozioni?

 

Saresti ancora in tempo. Potresti scioglierla dalla tua promessa, e lasciarla all'uomo che ama. Intendo, all'uomo che è amato da lei.

 

L'altro... Beh... Troverà consolazione.

 

Non credo.

 

Non nasconderti! Non è da te.

 

Non l'hai mai fatto. Mai.

 

Sei stato il fiore dei miei sogni di ragazza. Il centro dei miei pensieri. Nonostante anche il nostro matrimonio fosse stato combinato dai nostri genitori.

 

Io ti ho amato. Sempre.

 

Temevo di non essere abbastanza, per te. Abbastanza bella, abbastanza intelligente, abbastanza capace. Abbastanza seducente.

 

Abbastanza.

 

Mi hai trovata piacevole, a quanto pare. Ed abbiamo costruito, insieme, il nostro futuro.

 

Era estremamente tenero, per me, notare le tue incertezze. I tuoi dubbi. Le tue paure, anche.

 

Che hai sempre scelto di condividere con me.

 

Credo che sia stato il nostro bel rapporto a convincerti ad agire come hai agito, per il futuro della nostra Michelle. Hai scelto di non lasciarla allo sbaraglio. Di scegliere per lei.

 

Forse può sembrare una decisione arbitraria, ma ti sei considerato capace di vedere il suo bene.

 

Il figlio del tuo migliore amico ti è sembrato perfetto.

 

Credo che lo sia.

 

Ah, mio caro! Credo che Michelle abbia incontrato un uomo complicato. Eccessivamente profondo. Serio. Tormentato.

 

Eccessivamente emotivo.

 

Disposto a tutto, per amore.

 

Non è l'uomo per lei. Temo che sia troppo grave.

 

E' un altro, il compagno della sua vita. Leggero. Disimpegnato. Sbruffone.

 

Capace di alleviare i timori di lei. Di ridicolizzare, un poco, la sua profonda tenerezza. Il suo lato vulnerabile.

 

L'emotività di Gérard rischia di fare esplodere la sua.

 

E sarebbero scintille.

 

O... Forse...

 

Un'onda d'amore travolgente.

 

Sei certo di non volere tornare sui tuoi passi?

 

Il fuoco si è spento? Stai sentendo freddo? Sai come sia un male, per te...

 

Lo ricordo come se fosse ieri.

 

Era notte fonda. Vedo ancora la scena.

 

Ho sentito uno schianto. Il portone della sala principale, sul lato del gardino, era stato aperto. Sono stata svegliata all'istante. Ho steso la mano dalla tua parte.

 

Il letto era vuoto. Freddo.

 

Ho posato uno scialle alla camicia e sono scesa.

 

Non avevo preso nemmeno una candela. Avevo camminato guidata solo dalla luce della luna.

 

Sentivo delle voci concitate, ma il sonno che ancora mi avvolgeva mi impediva di comprendere cosa stesse accadendo.

 

La scala era buia, e, dal mio punto di osservazione, la sala era un enorme buco grigiastro.

 

Giacevi tra le braccia di tre uomini. Il tuo cavallo era entrato. Stavano tentando di riportarlo fuori.

 

Non so cosa mi abbia trattenuto dal gridare.

 

Ricordo che qualcuno ha notato la mia presenza ed è venuto verso di me. Credo che mi abbia accompagnato da te.

 

Il suono degli zoccoli del cavallo. Il suo nitrire. Le voci. Qualche imprecazione.

 

Tentavano di nasconderti alla mia vista.

 

Il vento che entrava, dal portone aperto.

 

La tua mano destra, che sfiorava il pavimento.

 

Sono corsa verso di te e l'ho presa tra le mie. Era gelida. Lo ricordo benissimo.

 

L'ho portata alle labbra. Ti credevo morto.

 

Qualcuno continuava a ripetere: "Di qua!". Tentavano di portarti nella tua stanza.

 

Ricordo di esseremi lasciata cadere, in ginocchio. Di avere scostato le persone che ti erano intorno, e di averti abbracciato, stringendoti a me. Hai aperto gli occhi, per qualche istante, ma non credo che tu mi abbia riconosciuta.

 

"Una rapina, signora..."

 

"Come?!"

 

"Sì... Poco lontano da qui. L'abbiamo trovato riverso, sul suo cavallo. Gli hanno sparato."

 

"Portatelo nella sua stanza. Subito. Se..."

 

"Signora?"

 

"Se dovesse essere ancora in vita..."

 

Le parole mi sono uscite senza che io avessi scelto di parlare. Sentivo, in bocca, il sapore del sangue.

 

"Michelle!", ho pensato. "Ha tre anni... Tre anni... E suo padre sta morendo..."

 

"Signora, non sappiamo come stenderlo... La schiena è la parte ferita..."

 

Ho salito le scale correndo. Ti abbiamo adagiato a dei cuscini, mentre qualcuno era andato a chiamare un medico.

 

Ti sono rimasta accanto, mentre le pallottole che ti avevano colpito venivano estratte. Ricordo il tuo sguardo velato. Il suono della tua voce. La stretta della tua mano.

 

"Dite a Michelle che non dovrà temere... Il suo futuro è assicurato..."

 

"Non parlare... Ti prego..."

 

"Diteglielo... Da parte mia..."

 

"No!... Sarai tu, a farlo! Tu!"

 

L'espressione del medico pareva avvalorare le tue parole. Ho sentito un'onda di rabbia chiudermi la gola. Eravamo sposati soltanto da cinque anni, e la nostra piccola ne aveva solo tre. Tre, e qualche mese.

 

Non potevi lasciarci sole.

 

"Io vi sto lasciando, Marianne..."

 

"Non ti perdonerò mai, se dovessi decidere di farlo! Ricordalo!"

 

Un'espressione spaventata ti ha attraversato lo sguardo. Il medico mi ha fulminata.

 

Non mi importava. Ti stavo perdendo. Avrei dovuto preoccuparmi d'altro?

 

"Fabien... Ha accettato..."

 

"Non importa... Non importa... Fabien non conta, ora... Il solo importante sei tu..."

 

Eri uscito per contrattare il matrimonio di nostra figlia. Pensavi che fosse giusto, per lei, occuparti del suo futuro. Della sua felicità. E niente ti era parso più valido del figlio di Fabien. Aveva dieci anni, a quel tempo.

 

Lo ricordo.

 

Io, quella sera, ti avevo chiesto di non uscire. Forse, da qualche parte, nell'anima, sentivo che saresti stato in pericolo.

 

Non hai voluto ascoltarmi.

 

Sono stati mesi atroci.

 

Dovrei venire da te? Ti stai lasciando morire di freddo?

 

Ti stai facendo soffocare dai rimorsi?

 

Hai visto come sia bella, nel suo abito? Hai notato il suo sorriso?

 

E se tu fossi stato previdente al punto da crearle la vera felicità?

 

Mesi lunghissimi.

 

Lentamente, hai ripreso a muoverti. Insieme, abbiamo superato quell'orribile prova.

 

Eri dispiaciuto per due motivi. Per l'orologio di tuo padre, che, oltre alla fede nuziale, ti era stato rubato, e per non poter sollevare, da solo, la tua piccola, per tenerla tra le braccia..

 

Passeggiavamo con lei. La tenevi per mano. Ci trotterellava accanto. A volte, correva e pareva che non volesse più fermarsi.

 

"Piano, Mi!"

 

"No!... No!... No!"

 

Ecco.

 

"Mi rimarrete accanto, Marianne?"

 

Credevo di non aver compreso.

 

"Come dici, scusa?"

 

Ti eri fermato. Mi avevi preso le mani, tra le tue, e mi fissavi. Eri diventato eccessivamente serio.

 

Un vociare di oche, alzatesi in volo. Michelle era piombata loro addosso. L'avevi guardata, ed avevi sorriso. Eri tornato a guardare me.

 

"Sono trascorsi più di sei mesi..."

 

"Lo so..."

 

"Sei mesi durante i quali i miglioramenti sono stati minimi..."

 

"Non dire assurdità! Eri morto, ed ora siamo qui, insieme! Di cosa parli? Piano, Michelle!"

 

"Lasciatela andare..."

 

"Mnh!"

 

Ora il sole ha invaso il cielo. Sei ancora nel tuo studio? Hai proprio scelto di non dormire?

 

"E' così tenera..."

 

"Un monellaccio..."

 

Avevi sorriso, nuovamente. Intimamente, concordavi con me.

 

"Marianne..."

 

"Sì?"

 

 

"Mi mancate così tanto..."

 
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