stagioni

astronomia


E’ stato deciso dall’assemblea generale delle nazioni unite, raccogliendo una proposta dell’UNESCO, L’organo delle Nazioni Unite preposto per l’educazione e la Scienza. Che il 2009 sarà l’anno internazionale dedicato all’Astronomia   Forse i primi uomini le adoravano o le ammiravano di nascosto, filtrando lo sguardo dall’oscurità delle grotte, attendendo, chissà, di vederne a tratti cadere qualcuna a terra, simile a bianco stelo o alla corolla di un fiore strappato dal vento.O forse le temettero come la bestia solitaria teme il fuoco e tutto ciò che non conosce e non può capire, fuggendo al loro apparire sotto le alte chiuse chiome degli alberi o nelle cieche dune selvagge.Il silenzio avvolge i pensieri e le emozioni della nostra preistoria; le paure e le gioie dell’uomo all’inizio del suo cammino sono atoni imperscrutabili di uno spazio senza risonanze e dimensioni. Eppure il cielo stellato, questa immensa volta punteggiata da eterne luci scintillanti, ha una storia lunghissima da raccontare. Una storia piena di poesia e di incanto, fatta di miti e di leggende.Un tempo era facile guardare le stelle; bastava sostare un poco alla finestra o sedersi sul gradino di casa o sul prato di una collina o sulla spiaggia umida  del mare e lasciare che gli occhi si imbevessero di infinito, placandosi.Le stelle si guardavano anche camminando sulla spessa coltre di neve o lungo sentieri incupiti di fronde o sulla morbida erba illanguidita dalla brina o dal tepore della notte.Oggi, questo modo di elevarsi in altro tra la bellezza e la solitudine, il raccoglimento e la beatitudine struggente, è diventato un privilegio, un dono concesso a pochi, un pretesto per allontanarsi dal caos alleviandone la morsa soffocante. Ma ognuno di noi, quando ritrova in se stesso la forza e l’attimo per fermarsi ad ascoltare il respiro leggero ed inquietate della sera, quando ad una ad una riesce a sentirne le parole di pace e il sussurro interrotto, riprende l’abitudine al sogno e riacquista la consapevolezza del corso stupendo di un destino cosmico che coinvolge il sottile divenire umano con la sua realtà statica implacabile.                     Ahmud Subarnio, poeta, drammaturgo, proletario, disoccupato, intellettuale incompreso della periferia di Giacarta, così diceva ai suoi amici: macchè pillole, macchè tranquillanti, quando vi sentite agitati, fate una bella passeggiata tra le stelle, con la fantasia che è gratuita a tutti!  Scrisse anche un dramma ma sinceramente non so se il titolo che è stato da lui scelto è “Di ritorno da Venere” o “La grande nostalgia”,  avrei voluto riportarlo  perché è bello, ma è lungo e non ho trovato nessuna fonte dove poter copiarlo, ma mi riprometto di continuare a cercare e al limite ricopiarlo per condividerlo con voi.  “E finalmente io ti domando o uomo sciocco. Comprendi tu con l’immaginazione quella grandezza dell’universo, la quale tu giudichi esser troppo vasta? Se la comprendi vorrai tu stimar che la tua apprensione si estenda più che la potenza divina, vorrai tu dir d’immaginarti cose maggiori di quelle che Dio possa operare? Ma se non la comprendi, perché vuoi apportare giudizio alle cose da te non capite?”  da: Dialogo dei Massimi Sistemi di Galileo