Creato da: Lyra1988 il 07/05/2011
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Affetuosa, affidabile, socievole, timida,  testarda, precisa. 

1.60 mt x 45 kg.  

Leggo, scrivo, vado al cinema ogni volta che posso.

Non fumo, non bevo. Gradisco solo del buon vino rosso e la Guinness made in Ireland. 

Mi piace studiare. 

Mens sana in corpore sano: la cura di sè per me è importante quanto la cultura personale.

Amo le mani curate, i capelli in ordine e l'odore di buono sia nelle donne che negli uomini. 

Non mi piacciono gli arroganti, i so tutto io, i politici, le prime donne, le maliziose. Odio le bugie e le omissioni.

Mangio pasta a chili, cioccolata rigorosamente fondente e tutti i tipi di salumi. Ma non sono ciccia e brufoli, tiè! Non mi piace la pizza, il ragù, non mangio dolci, odio l'anice, l'aglio,  la cipolla, le bibite gassate.

Tifo Inter e la Domenica è fatta solo per il calcio. 

 

 

 
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Il coraggio di lottare

Post n°152 pubblicato il 10 Ottobre 2012 da Lyra1988
 

Malala Yousufzai, una ragazzina pachistana di 14 anni che tempo fa ha avuto il coraggio di criticare il modello di vita imposto dai talebani nella Valle dello Swat (Pakistan nord-occidentale) è stata attaccata e gravemente ferita a colpi d'arma da fuoco mentre viaggiava in un autobus scolastico vicino a Mingora. 

Vincitrice del Premio nazionale della pace giovanile, Malala é stata colpita con due proiettili al collo e alla testa. Alcuni media hanno riferito che un commando armato ha fermato l'automezzo e cercato espressamente Malala prima di sparare, ferendola insieme ad almeno altre due ragazze.

Trasferita in un ospedale locale, la giovane è stata trasportata successivamente in un elicottero inviato dal premier pachistano Raja Pervez Ashraf a Islamabad. Conosciuta anche all'estero per la sua ribellione contro l'imposizione da parte dei talebani di una cultura che punisce le donne, la ragazza era stata posta dal movimento Tehrik-e-Taliban Pakistan (TTP) in una lista di personaggi da colpire. E' stato rivendicato qualche ora dopo dai talebani il ferimento oggi di Malala Yousufzai: "l'abbiamo attaccata perché stava sviluppando una propaganda anti-talebana ed un pensiero 'secolare' fra i giovani della zona".

In particolare, la ragazzina si batteva per il diritto all'istruzione delle donne. 

Preghiamo per questa bambina, il cui coraggio è pari a quello di una donna matura e di un uomo spavaldo. 

Lottare a 14 anni da donna per i diritti delle donne in un Paese come il Pakistan è un atto di valore e merita l'attenzione del mondo.

Comunque vada a finire, piccola Malala, hai dato dimostrazione agli uomini talebani della forza che possono avere le parole in bocca a una giovanissima donna. 

Hai sparato loro contro cartucce molto più dolorose delle uniche che quei disgraziati sono riusciti a trovare per cercare di metterti fuori gioco.

Devi farcela, per tutti noi. 

Forza.

 
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Italiani in fila agli Apple store

Post n°151 pubblicato il 29 Settembre 2012 da Lyra1988
 

Servizio all’ora di pranzo del Tg2, 28.092012. Il giornalista lo lancia così: “Vediamo ora cos’è accaduto questa notte a mezzanotte all’apertura degli Apple Store. In vendita l’IPhone5”. Parte il servizio.

La giornalista si avvicina ai ragazzi in fila e inizia la lunga serie di domande, sempre una, sempre la stessa: “Tu da quanto sei qui?”  Risposta di un ragazzotto mezzo addormentato: “Dalle sette e mezza di ieri sera”.

Altra domanda: “Tu da quanto sei qui?”. Risposta: “Da mezzanotte di ieri”. La giornalista: “Hai dormito qui davanti?”. Risposta: “Ner sacco a pelo”.

Domanda: “Tu da quanto sei qui?”. Risposta: “Dall’altro ieri, vengo da Catania”. Ancora: “E dove hai dormito?”. Risposta: “Non me lo ricordo”.  Cambia la domanda: “Cos’è l’IPhone5 per te?”. Risposta: “La vita”

Altra domanda: “Non ti sembra che costi un po’ troppo?”. Risposta: “Aho, ma che me frega a me, ho vinto alla Snai. Ho intascato i soldi e me so’ messo ‘n fila”.

All’apertura dello Store, i commessi abbracciano tutti insieme, tutti commossi, il primo della fila, quello che probabilmente ha sostato davanti alla vetrina tre giorni e tre notti. Il ragazzo è emozionato, abbraccia a sua volta tutti, li bacia e poi, carta American Express Gold in mano, si avvicina al bancone e la scatoletta magica con l’IPhone5 si apre per mostrargli il gioiello dei suoi sogni proibiti.

 

Oh lo so, lo so, sono la critica fatta la donna; l'impersonificazione della lamentela, della polemica, del controcorrente. La verità? Mi piaccio così. 

Io vorrei sapere dove hanno trovato praticamente 1000 euro da spendere per un CELLULARE, i cari ragazzi in coda davanti agli Apple Store dalla mattina del 27.09,in attesa della notte bianca della fessaggine iniziata alla mezzanotte del 28.09.

Tutti quei soldi e quelle ore di coda per acquistare un cellulare più lungo di un centrimetro rispetto alla versione 4s e dotato di  mappe satellitari che.. NON FUNZIONANO!! (Dichiarazione dell'amministratore delegato Apple, Tim Cook, il quale ha chiesto scusa ai clienti tramite una lettera -> Leggi qui) : fine delle differenze rispetto al "superato" Iphone 4s. 

Ora, io dico: questo Paese è al tracollo, la gente lamenta di non arrivare a fine mese, di poter comprare lo stretto necessario e di non potersi concedere mai vezzi, di non riuscire ad averi risparmi in banca. E questi ragazzi che fanno? Spendono soldi per viaggiare fino a Roma/Milano (sedi Apple in cui si è fatta la notte bianca) e ne spendono anche di più per comprare un CELLULARE DA 1000 EURO. CAPRONI.

Saranno forse i soli ragazzi ricchi del Paese, quelli in fila agli Apple store? O saranno i tanti disadattati che invece di risparmiare per il veramente necessario, preferiscono investire i propri risparmi in un modello di telefonino che fra un anno sarà già superato? Quei ragazzi che non hanno un'idea nemmeno vaga di cosa significhi vivere?

Io opto per la seconda, inutile dirlo.

Tutto questo mentre ci sono operai dell'Ilva arrampicati sulle torri e altri della Sulcis su silos di 70 metri. 

Io resto allibita. E auguro a tutti i proprietari del nuovo Iphone5 che caschi loro di mano entro la fine della settimana.

 
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I bambini nelle carceri italiane

Post n°149 pubblicato il 23 Settembre 2012 da Lyra1988
 

Che ci fa un bambino di due anni a giocare con una bacinella nel bagno di una prigione? Che ci fa, un altro poco più grande di lui, aggrappato alla sbarre mentre aspetta qualcuno che apra la «gabbia»?
E tutti quelli sdraiati sui sedili di un furgoncino? Ci dicono che sono in attesa di essere trasferiti in infermeria perché nelle celle con la mamma non c'è posto per la notte.

Ne vediamo tanti, nei vari carceri che visitiamo. E ogni volta è uno strazio. Lamenti, pianti, risa, giochi, nenie che siamo abituati a sentire nelle stanze colorate dei figli o dei nipoti stridono con il grigiore delle carceri, con la muffa che scende a frotte dalle pareti, con i bagni puzzolenti delle stanze, con giochi messi posticci per camuffare la tetra presenza delle inferriate ovunque. Le mamme hanno scelto per loro.
La legge le consente di tenerli in carcere fino all'età di tre anni.
Ma quale mamma si staccherebbe dal figlio, pur sapendo di portarlo in un posto del genere?

Nelle carceri italiane ci sono circa 70 bambini reclusi. Il numero è costante negli anni. «Lo so, è brutto, ma lontani non possiamo stare, né io né lui» dice una detenuta del carcere Gazzi di Messina. Lo stesso ministro della Giustizia Paola Severino ha ammesso di recente che «il carcere anche nelle situazioni migliori, è un luogo incompatibile con le esigenze di socializzazione e di corretto sviluppo psico- fisico del bambino». Si cercano sistemi alternativi.
Rende pessimisti il fatto che da anni si tenti di dotare il sistema di uno specifico ordinamento penitenziario pensato per i minorenni. In Italia non ce n'è uno.
Ma una serie di proposte sono all'esame del Parlamento dal 2008.

In altri casi la legge n. 40 del 2001 (che offre alternative alla detenzione proprio a tutela del rapporto tra detenute e figli minori), si trasforma in una serie di paletti insormontabili per le detenute straniere, soprattutto se nomadi. E così, dietro le sbarre ci restano soprattutto loro, senza alternativa.
Impedimenti che conosce bene anche Serenella Pesarin, che è a capo della Direzione generale per l'attuazione del provvedimenti giudiziari del Dipartimento Giustizia Minorile: «Se non trovano un lavoro, se sono discriminati, se non possono avere i documenti, se passano una vita per avere un rinnovo, se vengono guardati come nemici, cosa gli resta? Se non gli diamo un'identità, non li strappiamo alle organizzazioni criminali che li stanno sfruttando».

In una stradina al centro della capitale incontriamo l'associazione «a Roma insieme» fondata dall'ex onorevole Leda Colombini. Da anni si occupano di ordinarie storie di emarginazione in carcere e ogni giorno fanno i conti con le storture del sistema. Ci mostrano le foto scattate da Giuseppe Aliprandi, ne hanno fatte una pubblicazione (sono le stesse che usiamo anche in questo servizio video senza pixelare i volti dei bambini perché autorizzati dai genitori). Sono istantanee di una attesa e poi di una gioia settimanale: il sabato. Li chiamano «Sabati di libertà». E' l'unico giorno, infatti, in cui l'associazione può prelevarli e farli uscire dalla segregazione. Per il resto della settimana c'è il carcere con le sue dure regole.
Anche quando un bambino si ammala, anche quando deve andare in ospedale o deve subire un'operazione grave. La mamma non può seguirlo, non è autorizzata. Può solo chiedere informazioni agli assistenti penitenziari. E' quello che è successo anche a Grcjela, una rom che un'alternativa l'ha trovata. Grazie al volontariato si è ribellata al campo e ha trovato il coraggio di allontanare chi la costringeva a rubare. Ma invece del suo coraggio preferisce raccontarci dell'allontanamento dalla figlia malata, la tortura di sette giorni passati senza poterla vedere, senza poter parlare con i medici, senza sapere se era viva o morta.

Antonio Crispino per il Corriere della sera

 
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Un italiano adulto su tre vive a casa della mamma

Post n°148 pubblicato il 20 Settembre 2012 da Lyra1988
 

Dallo studio condotto dal Censis e dalla Coldiretti, viene fotografato un quadro perfettamente in linea con quelle che sono le caratteristiche tipiche del nostro paesi: italiani che vivono con i genitori fino all'età adulta, ma soprattutto pure quando si spostano dal nido familiare,la distanza tra loro e la mamma è ben poca


Circa un terzo degli italiani vive ancora con la mamma e ben il 42,3% abita a pochi chilometri di distanza dai genitori. Il senso della famiglia che è tipico di quasi tutti gli italiani emerge dall'ultimo rapporto condotto dal Censis e dalla Coldiretti, dove a spiccare è un quadro per niente inedito nel panorama del Belpaese.


Il 54% degli italiani abita al massimo a mezz'ora di distanza dai propri genitori. Dei giovani tra i 18 e i 29 anni, il 60,7% abita con la mamma, il 26,4% a meno di 30 minuti di distanza. Ma questi dati sono i medesimi anche quando la fascia d'età dei soggetti sale: della generazione compresa tra i 30 e i 45 anni infatti, ben il 25,3% vive con la madre e addirittura il 42,5% abita nei pressi. 


Gli italiani quindi, anche quando raggiungono gli anta, preferiscono non allontanarsi troppo dalla casa natale. Nonostante i tempi vadano avanti quindi, si riconferma ancora una volta il valore e forse anche un po' la dipendenza, che gli italiani hanno nei confronti della loro famiglia.

 

Farei notare il "tempo trascorso ogni anno per preparare i pasti" degli uomini: ragazzi, ma che, campate d'aria?  Fuoco ai fornelli, giovani! E' un piccolo passo che vi permette di staccarvi da mammà, da bravi cuccioli svezzati.. Forza e coraggio!

Per il resto, che dire..chi rimane in casa perchè non ha altre possibilità ha tutta la mia comprensione, e ci mancherebbe altro.  
Chi lo fa per paura/per pigrizia/per essere comodo lo scrollerei a furia di bastonate in testa (sono democratica, lo so). No, non c'è libertà di pensiero che tenga: a 30 anni e ben stipendiati, abbastanza da permettervi un affitto o un mutuo comodo, fate il favore di scollarvi da mammà. Punto. Fosse per me, dovrebbe essere una legge. Se no poi ci stupiamo del livello di scarsa adattabilità e percezione del rischio degli italiani. Parte tutto dall'attaccamento alle sottane materne, altrochè.
Chi va a vivere a pochi minuti da casa di mamma non lo so. Comodo è comodo, ma credo solo se si hanno dei figli. Se no, è un altro dato che mi perplime parecchio. 

 
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Le donne sono agenti segreti migliori degli uomini

Post n°146 pubblicato il 11 Settembre 2012 da Lyra1988
 

   Cosa direbbe James Bond se gli dicessero che le donne - che hanno sempre circondato il fascinoso 007, ma in ruoli subalterni - si dimostrano superiori agli uomini come agenti segreti? Saranno i tempi che cambiano ma e' quanto ha affermato una fonte piu' che attendibile, l'esperto  n.1 in Israele, il capo del Mossad Tamir Pardo. E lo ha dichiarato in una intervista (rara nel suo genere) al  settimanale femminile 'Lady Globes'.

''Noi prendiamo persone con un livello di intelligenza e con qualita' iniziali identiche - ha detto Pardo - e constatiamo una superiorita' operativa delle donne: la loro 'lettura' del terreno e' eccellente, come pure la analisi delle situazioni e la visione spaziale; tutto cio' in contrasto con gli stereotipi''.

Le donne, ha aggiunto, superano i loro colleghi maschi anche nelle capacita' tecniche, nella resistenza alla sofferenza, nella abilita' di ''recitare'', e nella disponibilita' a rinunciare al proprio ego pur di raggiungere l'obiettivo. Ci sara' allora un giorno una donna alla guida del prestigioso servizio di spionaggio di Israele ? ''Non vedo perche' no. Da noi - ha assicurato Pardo -hanno pari opportunita' ''.

Ansa

Beh, che dire?Io ho sempre sostenuto che una donna sospettosa/gelosa/offesa potesse condurre indagini più produttive di quelle portate avanti da un intero plotone dell' FBI, ma effettivamente quella dell'investigatrice è una carriera alla portata di tutte, sospetti/gelosie/offese a parte: dal banale scoprire vita morte e miracoli di una persona alla più complicata operazione di affinare il naso per odorare in anticipo i guai, noi donne siamo 007 perfette di natura.  Non trovate? 

Lyra

 
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