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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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C'era una volta l'est asiatico che insegnò all'occidente intero come si possa far lavorare sodo la gente per 10/12 ore al giorno, dandole solo un piatto di riso e un bicchiere d'acqua. Poi, giusto perché si scoprì che nel resto del mondo fosse conveniente spendere molto meno di quanto solitamente si spendesse per certi capi prodotti in casa propria, misero a lavorare i bambini, con le stesse condizioni dei grandi, per far fronte alla grande, forte richiesta di prodotti simili ai nostri, ma con prezzi stracciati. La prima parola in quel tempo lontano (sic) fu: sfruttamento dei minori e sfruttamento dei lavoratori. Ci indignammo, protestammo ma furono solo sprazzi: l'economia doveva essere mondiale e aperta a tutti. Ognuno produce quel che vuole e la gente compra ciò che gli va. Oggi a distanza di molto tempo, in un conteso "pacifico" e regolato da trattati internazionali, c'è libero scambio e la merce prodotta da tutti gira per tutti. La differenza è solo nella qualità: la qualità della mano d'opera e la qualità della materie prime impiegate. Tutto dichiarato, niente nascosto: basta prendere in mano un capo qualsiasi anche griffato con nomi che ben conosciamo, cercare la classica etichetta interna ed è un tripudio di made in China, Malesia, Nepal ecc.ecc., ovvero si fanno capi dove conviene specie per i costi della mano d'opera. L'equazione non è difficile: la gente povera, indigente, aumenta sempre più e la merce che può comprare deve necessariamente costare poco. Non fa una piega, anzi, si aspettano pure che compriamo e sullo scontrino, invece di stampare loro in fondo: "Grazie e Arrivederci", siamo noi a scrivere almeno un bel GRAZIE per quello che ci vendono. A Istambul hanno pensato bene di inventarsi qualcosa di nuovo i lavoratori di un'azienda che produce abiti a livello popolare: nelle tasche di alcuni vestiti, gli acquirenti trovano un biglietto su cui sta scritto: "Ti piace cosa hai comprato? Bene questo l'abbiamo confezionato noi ex operai della Bravo. Siamo senza stipendio, siamo per essere cacciati e non abbiamo nessun tipo di tutela". In parole povere, siamo sempre stati, più o meno, fermi a quel passato che raccontavo all'inizio del post: nonostante i pochi progressi, i piccoli passi fatti in tutto questo tempo, nonostante le ratifiche internazionali, le fabbriche (e i loro voraci proprietari) continuano a fare giochetti, aprono e chiudono, riaprono sempre negli stesi posti, pagano poche tasse, pagano pochissimo (e non sempre) i lavoratori, e le produzioni continuano a crescere sempre alla grande. Conclusione, la loro merce invade i mercati di tutto il mondo, noi continuiamo a comprare, loro continuano ad arricchirsi e i lavoratori sono sempre più morti di fame. Quando sentite parlare di futuro dai politici di tutto il mondo, sappiate che parlano solo per loro, non facciamoci ingannare! I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Equazione perfetta...per loro!
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