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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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« COME HA DA ESSERE L'ISTAT? | VENGO ANCH'IO? NO TU NO! » |
La buonanima di Riccardo Pazzaglia che con Arbore e altri amici allietava le serate in tv nello show "Quelli della Notte" oltre trent'anni anni fa, era solito accennare nelle sue uscite surreali, al "brodo primordiale" ossia, parlando di qualcuno o di qualche fenomeno tipico di quegli anni, attribuiva a quel brodo in cui erano generati, cresciuti e maturati, la loro esatta funzione sociale. Pazzaglia era veramente uomo di cultura e con De Crescenzo erano i grandi mentori di Arbore. E' proprio di quel brodo di cultura che voglio parlarvi, perché in fondo, resta sempre una definizione attuale e indica chiaramente come gli uomini, le idee e gli atteggiamenti, spesso siano frutto di quel brodo. Prendiamo i tempi attuali, quelli che viviamo oggi, la nostra quotidianità. Campiamo di rete, di comunicazione digitale e siamo immersi in un brodo primordiale ineccepibile per quanto riguarda l'uso, l'approccio e il godimento di ciò che internet con le sue sfaccettature, possa offrirci. Le fake news sono proprio il frutto più significativo di questo grande ventre sempre gonfio di feti pronti alla nascita e alla crescita. I lungimiranti, i precursori di questa balzana idea, iniziarono pensando allo scherzo: anche nel reale, gli scherzi, quelli ben studiati e architettati, ben approntati anche nei minimi dettagli, riescono divertenti e fanno buon presa proprio per l'originalità. Il tempo poi, non solo ha favorito i buontemponi della rete e dei social, ma ha anche favorito chi con le fake, ci campa e ci camperà per portare acqua e usufrutto alla sua "cassa". Una cazzata detta in rete, non lo immaginereste, è più veloce della luce, la sua immediatezza spiazza tutti e per rendersi conto se sia verità o meno, passa giusto il tempo perché migliaia e migliaia di persone abbiano già somatizzata e realizzata l'entità della notizia presa per buona. Ieri su Facebook, da un sito è partito un allarme preoccupante: "Un tale Tarim Bu Aziz, ha posto in rete una domanda al fine di puntare ad una migliore integrazione da noi in Italia: "Sia introdotta a scuola anche la numerazione araba. Tu che ne pensi?". Non vi dico cosa sia accaduto nel volgere di pochi minuti: i nervi erano già a fior di pelle, gli istinti politici non hanno lasciato scampo ai più esagitati che leggendo la richiesta e mal disposti verso integrazione, sbarchi e invasioni, hanno tempestato il povero Aziz: "I numeri arabi se li può infilare uno a uno in quel posticino", "Gli rispondo con una sola parola: ruspa!". "Che comandino a casa loro, non qui", ecc.ecc. Insomma, una valanga di insulti e offese provocate da una domanda che secondo i leghisti più esasperati, non si dovrebbe nemmeno immaginare di porre! Ma dove sta, la bufala? Sono partiti tutti in quarta e nessuno ha voluto prendersi la briga di dar movimento ai due soli neuroni che posseggono in quel cervellino stretto, tanto stretto, che i due neuroni quando si incrociano, per passare devono fare manovra. I numeri arabi sono quelli che usiamo da secoli e secoli, brutti ignorantoni! E' dal XIII secolo che vigono in Europa e da allora fanno parte della nostra cultura occidentale. Pensate un po': se non li avessimo adottati, oggi magari scriveremmo ancora con i numeri romani. "VI I....scemo", oserei dire a quello che suggeriva dove infilarli i numeri arabi! E' l'ignoranza il nostro peggior nemico, meditate gente!
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