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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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Ieri sera, sul tardi, sono sceso per depositare la spazzatura nei cassonetti. La strada era deserta, avevo da percorrere una quindicina di metri per raggiungere i contenitori, pertanto mi guardavo attorno con circospezione e precedevo guardingo, quando d'un tratto, vedo giungere dalla parte opposta alla mia un tizio con delle buste in mano. Non mi sono preoccupato più di tanto, le buste in una mano mi hanno tranquillizzato e ho presunto fosse diretto anche lui ai cassonetti. Il nostro incedere era simile per cui ho previsto che saremmo giunti più o meno insieme: infatti a meno di due/tre metri, ci siamo fermati contemporaneamente e ognuno, come se recitassimo un ruolo in una pièce teatrale, ha invitato l'altro a procedere con un gesto della mano per dire: "Si accomodi, prego!". Indossavamo entrambi la mascherina e i guanti, avremmo potuto magari avvicinarci insieme anche perché tra carta, plastica, organica e inorganica, probabilmente non avremmo avuto bisogno degli stessi contenitori. Vi ho raccontato alla men peggio e in un modo chiaro e inconfondibile, cosa sia la nuova malattia che ormai si sia impadronita di tutti noi: "La sindrome del metro". Non se ne può più, è un continuo parlare, discutere di metri: video, foto, filmati, disegni, cartelli, appositi segni a terra e limiti contrassegnati con nastri colorati, sono lì a indicare il rispetto del dio "METRO". Pare che non vi sia nessuno che viva senza un metro in tasca: a rollino o pieghevole, tutti a prendere misure, tutti a far calcoli e a disporre i locali, i luoghi e le attività a misura prevista dalle norme. Il bello è che non tutti parlano delle stesse misure: c'è chi fa riferimento a un metro, chi parla di due metri, poi vi sono i mezzi pubblici, vi saranno le spiagge, è un tourbillon di numeri sparati e applicati in modo diverso a secondo dei posti e luoghi, dei parchi, delle città e delle spiagge. Però il metro è sempre presente: materialmente o inteso come unità di misura riconosciuto in tutto il mondo, non possiamo vivere senza il metro. Io me lo sogno la notte, ormai sarà una mania pensarci, rispettarlo e adorarlo come un simbolo sacro, un totem che dobbiamo tenere presente sempre e ovunque. Ci mancava, avevamo bisogno di crearci un nuovo "idolo" e ci siamo muniti tutti del rollino: in tasca o appeso alla cintura dei pantaloni c'è un metro per ogni italiano adulto. Ma perché poi? Beh, se c'è da prendere una misura in un qualunque contesto, alla domanda: "C'è per caso qualcuno che abbia un metro?". Saremo tutti pronti a porgere il nostro. Sarà un po' come: "Scusi ha da accendere?". E vai con gli accendini a volontà! Se non è sindrome questa...non saprei cos'altro possa esserlo. Comunque ciò che accentua maggiormente la sudditanza all'orpello, sono le diverse disposizioni da applicare, le cazzate che ogni giorno si riferiscono in proposito e la confusione generale che si insinua e circola malignamente per tutti: c'è disorientamento e incertezza su tutto e il metro da applicare non è mai certo. Su un punto v'è certezza assoluta e prendetene nota: ricordate che c'è da mantenere la distanza di due metri dalle cazzate che ogni giorno siamo costretti a recepire e somatizzare. Quindi tenetevi a due metri e sarete al sicuro. Specie per quelle che scrivo io e nel caso indossate la mascherina, sarò più tranquillo quando le scriverò!
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