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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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Il caso di Ardea ha scosso come non mai, l'opinione pubblica: per la sua efferatezza, per le tre vittime di cui due ragazzini, per il contesto e per i precedenti. Orbene, volendo andare oltre per soffermarsi sulle cause, sugli effetti e soprattutto sulla possibile prevenzione utile per tentare di fermare questi gesti inconsulti e sempre più frequenti, mi permetto osservare alcuni presupposti che potrebbero aiutarci a capire come tentare di fermare questi assalti proditori e improvvisi da parte di persone fuori di testa. Nel 1978 entrò in vigore la legge Basaglia: nel nostro paese chiusero tutti i manicomi e fu predisposto che gli internati fossero ritenuti cittadini come tutti gli altri e quindi da "sottrarre" alle intemperanze, agli arbitri e ai trattamenti anche violenti per tutti coloro che fossero ritenuti pazzi o presunti tali. Una vittoria della civiltà, della medicina e della società moderna che non poteva più permettersi di gestire quel genere di malati con leggi vecchie e fuori da ogni diritto umano. A maggior ragione se i precedenti del folle erano noti, i segnali erano pericolosi, di persone gravemente malate in Italia ne abbiamo tante e tutte a casa, sorvegliati da familiari che magari la notte si chiudono a chiave per non essere follemente aggrediti dal parente. Insomma, siamo ostaggi delle casualità, dei contesti affrontati con sufficienza e distacco, un ritenere tutto scontato e normale. La legge Basaglia va cambiata, la collettività non può essere bersaglio di questi signori che ammazzano e si ammazzano come pare e piace a loro. Lo stato non può scaricare sulle famiglie un carico così gravoso, lo ammettono anche i medici, c'è da rivedere il sistema, non ci si può nascondere dietro la frase "inviolabili libertà individuali". E' vero, oltre 40 anni fa i diritti e i trattamenti degli internati erano calpestati da chi fosse responsabile della gestione di questi luoghi oscuri e impenetrabili, ma oggi si può aprire un nuovo capitolo: il disagio sociale cresce, la libertà di essere coinvolti da scorrerie di folli capaci di uccidere non può tenerci chiusi in casa. La libertà è un diritto di tutti: di quelli che ammazzano no, ma di quelli che vogliono vivere certamente sì! Nel vecchio manicomio di Madrid, ormai abbattuto e non più in uso, v'era una targa all'ingresso: "Non lo siamo tutti, non ci siamo tutti". Vera e comprensiva realtà, ma oggi non si può vivere con questa patema.
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