25/07/2006
Nel Reparto Per Donne Traumatizzate
oggi al lavoro ...
Una donna di quarantadue anni. Ha l'aspetto di una ragazza ribelle. I capelli tinti, corti corti, biondi con una ciocca rosa sulla fronte. Porta una tuta da jogging di addidas, ampia e leggera.
Siamo in tre, la paziente, la dottoressa ed io, l' infermiera. Sono accanto alla paziente, la psichiatra sulla sedia di fronte. È una seduta di psicoterapia con EMDR (Eyes Movement Desensitation and Reprocessing = Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari), una tecnica psicoterapeutica che si usa nel trattamento del Disturbo Post Traumatico da Stress.
La donna riferisce che si sente in colpa ancora oggi per un abuso sessuale subita da bambina, a otto anni. Vorrebbe sentirsi innocente, dare la colpa agli autori.
Poi ricorda la situazione di allora facendo i movimenti oculari. Racconta che cosa è cambiato, nelle immagini, nelle emozioni, nei pensieri, nelle sensazioni corporee. C' è un alternarsi tra muovere gli occhi e raccontare.
La voce cambia. Le gambe tremano. Adesso ha l' aspetto di una bambina. Respira a fatica, velocemente.
"È cosi pesante sul petto, c' è un peso su di me". Geme, si contorce.
"C' è qualcosa di caldo, schifoso". Nausea. "Fa così male" Dolori.
"Vai via, via"
Non ha più nulla distanza. È la piccola Viola che vive nella situazione traumatica.
Anche io sento la paura, la nausea, lo schifo. Devo assistere senza intervenire. Odio questo stato di impotenza.
Al momento è la dottoressa che lotta per riorientarla, che consola, che tiene la sua mano. "È passato. Lei è al sicuro".
Dopo la seduta, per il resto del mio turno, ero io che doveva lottare insieme alla paziente contro i flashback, la dissociazione, la disperazione.
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