In quel di Nove, centro conosciuto nel mondo per la
produzione di ceramiche e custodito un’interessante e invidiato reperto di
archeologia industriale: il più antico e funzionante mulino ad acqua d’Europa:
Il Mulino pestasassi Baccin-Cecchetto-Stringa.
Durante il processo di lavorazione della ceramica,
che era attività assai fiorente nel XVIII secolo, capofila la bottega degli
Antonibon, ha tuttora grande valenza l’operazione di impreziosimento della
terracotta denominata maiolicatura, tecnica che conferisce ai manufatti il
colore bianco, base essenziale per le decorazioni, e la verniciatura lucida che
ne conferisce la brillantezza. Dopo la prima cottura, la terracotta viene
immersa in una miscela di acqua e polvere bianca denominata “cristallina”.
Quarzo e carbonato di calcio sono i componenti della
cristallina e nel ‘700 si capì ben presto che il letto del Brenta era una ricca
miniera di Dolomie e Silicati, rocce ottime per la sua fabbricazione.
Ecco quindi sorgere nel piccolo paese di Nove
un’importante opificio che dava lavoro a un’ottantina di persone. Sfruttando
l’energia dell’impetuosa roggia duecentesca che attraversa il paese, una grande
ruota di legno faceva azionare prima una serie di pesanti pestelli in sequenza
e poi un gioco di ingranaggi conferiva a delle macine in pietra un deciso moto
di polverizzazione dei sassolini.
Le pietre trasportate dal greto del fiume venivano
pestate per caduta dei pesanti pali di legno con puntale di ferro (i pestelli);
la ghiaia risultante veniva trasferita nelle macine insieme a dell’acqua. Ne
risultava una poltiglia che veniva fatta decantare in una vasca per un paio di
giorni. La polvere si posava nel fondo e una volta tolta l’acqua il residuo in
formato di pizze veniva cotto sotto la legna dei forni per la ceramica. Il
prodotto cotto appariva come una pagnotta che una volta spaccata rivelava una
composizione vitrea solitamente di colore verde (il colore era dato
dall’utilizzo di ossidi di piombo per risparmiare sulla temperatura di cottura).
A questo punto la cristallina veniva rimacinata dal mulino e la finissima
polvere prodotta poteva finalmente essere usata per le maiolicature.
L’efficienza del mulino pestasassi, la sua
ingegnosità per il processo produttivo e la sapiente scelta di legni di diversa
durezza per controllare l’usura e la facilità delle riparazioni sono
caratteristiche studiate ancor oggi da diverse facoltà di ingegneria in Europa.
Naturalmente non si possono trarre dei paragoni con
la produttività dei macchinari moderni, ma quanti oggetti conoscete che,
realizzati interamente in legno, a distanza di 250 anni sono ancora in grado di
funzionare?
Questo gioiello di tecnologia settecentesca è
visibile attraverso una grande vetrata che si affaccia sulla strada procedendo
dalla piazza di Nove verso Sud. E grazie all’amore e alla perizia della
famiglia Stringa ne potrete ammirare il perfetto stato di conservazione.
Inviato da: lore47
il 11/04/2012 alle 11:30
Inviato da: themi
il 30/06/2010 alle 23:08
Inviato da: spily1985
il 30/06/2010 alle 11:32
Inviato da: stella112
il 12/01/2009 alle 12:19