Creato da cinereporter il 07/04/2008

Mondi di celluloide

Un piccolo blog per il grande schermo

 

 

CHANGELING

Post n°20 pubblicato il 20 Novembre 2008 da cinereporter
 

-Titolo: Changeling
-Anno: Usa 2008
-Genere: Thriller, Drammatico
-Durata: 140 minuti
-Rating: * * * * *
-Migliore frase: /
-Sito internet: Italia: http://www.cinema.universal
  
Changeling porta sul grande schermo il dramma, reale, di Christine Collins centralinista losangelina degli anni "20 che subisce il rapimento del figlio Walter di 9 anni e da quel momento in poi inizia la sua personale odissea della speranza, battendosi contro lo strapotere e l'inettitudine della polizia nell'America del Proibizionismo. 
E' una donna forte e coraggiosa Christine, la sua enorme determinazione farà di lei una paladina della giustizia e dei diritti civili, un simbolo di donna che sfida il potere costituito. Come già in Million Dollar Baby anche qui la protagonista è Femmina, ancora una volta una personalità ostinata che non molla, che non si rassegna alla sua impotenza, in una società fortemente maschilista come quella americana del 1928 
in cui il pensiero al femminile è, se non proprio biasimato, sicuramente tenuto in poca o nulla considerazione. Un film struggente, che atterisce, fa riflettere, emoziona e scoinvolge psicologicamente lo spettatore mettendolo in contatto con le sue paure nascoste. Ciò che rende ancora più suggestivo il racconto è il suo esser tratto da una storia vera, una vicenda drammatica che merita di essere ricordata, sia perché restituisce un'istantanea del clima socio-politico negli Usa dell'epoca, sia per far conoscere la protagonista. 
Christine è una madre esemplare mossa da fortissimi sentimenti, dall'amore per il suo bambino, una passione viscerale che è l'essenza della maternità, che al cinema si vede poco ma nella vita vera è molto spesso presente in tante mamme, eroine della porta accanto capaci di sfidare tutto e tutti per difendere il sangue del proprio sangue. Un film che al tempo stesso svela con semplicità ed efficacia scene di malvagità inaudita, mettendo a nudo le nefandezze, gli abissi senza ritorno a cui può giungere l'animo umano. Il bene e il male, impersonati rispettivamente da Christine Collins e da Gordon Northcott che alla fine si scontreranno violentemente (nella vita come in tribunale). Il lungometraggio è un capolavoro grazie alla buona interpretazione della Jolie, senz'altro credibile nei panni della madre affranta, ma prima ancora di lei dell'attore statunitense Jason Butler Harner, geniale nella parte del cattivo/pazzo e del piccolo Eddie Alderson, il cui personaggio è la chiave di volta della trama. Guardare i film di Clint Eastwood, al livello di maturità che ha raggiunto negli ultimi anni, aiuta a capire perché quella cinematografica è considerata un'arte.  Arte a tutto tondo la sua visto che di Changeling è oltre che regista e produttore anche autore delle musiche. Un livello di profondità narrativa che è stato toccato da pochi altri "maestri" di Hollywood, uno tra tutti Martin Scorsese. Un film da non perdere che vale tutto il prezzo del biglietto.

 
 
 

TIFFANY E I TRE BRIGANTI

Post n°19 pubblicato il 16 Novembre 2008 da cinereporter
 

-Titolo: Tiffany e i tre briganti (Die Drei Räuber)
-Anno: Germania 2007
-Genere: Animazione
-Durata: 75 minuti
-Rating: * * *
-Migliore frase: /
-Sito internet: Germania: 

Quella di Tiffany è una storia di gioia, amore e buoni sentimenti. La piccola orfana bionda è sulla carrozza che la condurrà all'orfanotrofio (istituto che cela in realtà uno stabilimento abusivo per la produzione di zucchero in cui sono sfruttati i minori), quando incontrerà i tre briganti tutti neri Potente, Volente e Nolente che diventeranno la sua nuova famiglia. Neri, certo, ma non cattivi: con il loro aiuto e grazie alla sua astuzia Tiffany riuscirà non solo a scampare alla perfida maestra cattiva che gestisce la casa di accoglienza per bimbi senza genitori ma anche a liberare i tanti altri piccoli costretti in quell'inferno. Tradotta in 18 lingue con oltre 2 milioni di copie vendute al mondo, "Tiffany e tre briganti" è una favola tenerissima rivolta ad un pubblico di soli bimbi, con un lieto fine forse un po' troppo banale ma che porta con sé una morale forte: quella dell'amore come soluzione contro meschinità e cattiverie. Il tutto raccontato con enorme maestria da Tomi Ungerer, il grande autore e illustratore di Strasburgo, a cui la città ha dedicato persino un museo. Le sue tavole sono un'esplosione di colori, un inno alla gioia di sfumature, un caleidoscopio di gialli, rossi e arancioni tanto accesi e luminosi da stordire la vista. Gli trepitosi disegni sono un ottimo motivo per portare i bimbi a vedere questo bel cartone tedesco, in occasione della cui uscita cinematografica il classico illustrato "I tre briganti" (edito in Italia da Nord-Sud/Salani) da cui il lungometraggio è tratto, è stato ristampato. 
 

 
 
 

HIGH SCHOOL MUSICAL 3. SENIOR YEAR.

Post n°18 pubblicato il 11 Novembre 2008 da cinereporter
 

-Titolo: High school musical 3. Senior year.
-Anno: Usa 2008
-Genere: Commedia musicale
-Durata: 100 minuti
-Rating: * *
-Migliore frase: /
  

I soliti Wildcats, la squadra di basket dell'East High alle prese questa volta con la maturità, l'ultimo (agognato) musical, il ballo della scuola e le scelte sul futuro. Troy (Zac Efron ormai superdivo amatissimo dalle adolescenti) è sempre innamorato di Gabriella, carina e intelligentissima, un genio tutto miele (interpretato da Vanessa Hudgens, in verità una bellezza tutt'altro che rara), la ragazza puntualmente trova sempre un pretesto per dirgli addio e fuggire col risultato che lui la insegue stile zerbino, arrivando a modificare anche i propri propositi futuri e deludere il padre pur di starle assieme. Il film conserva la sua carica di entusiasmo, ottimismo e gioia tipico di questo teen movie formato musical, che riporta alla mente in qualche modo il Bayside School degli anni "90.
Ma differenza dei precedenti questo HSM è molto più ovvio e scontato, le canzoni (che hanno tutta l'aria di pezzi scritti per una boy band, in passato molto piacevoli e orecchiabili) non sono all'altezza dei due film precedenti. 
Pur essendo stati scritti 10 brani originali, risultano refrein poco orecchiabili e difficili da ricordare, e questo è un difetto di non poco conto per una commedia che si basa per il 60% sui momenti musicali, duetti o coreografie di gruppo che siano. In compenso arrivano due nuovi personaggi (il clone di Efron Jimmie Zara e l'imitazione di Sharpay Tiara Gold) a cui spetta sostituire i nostri due eroi negli anni a venire, di modo che il liceo non avverta l'assenza di due elementi così popolari come loro. La bionda Ashley Tisdale si riconferma come la giovane attrice piu brava di tutto il cast, prima anche dello stesso Zac Efron, un canta-attore comunque di notevole carisma. La Tisdale però riesce ad essere versatile, padrona della scena, e a dare carattere al suo personaggio (la riccastra viziata alla ParisHilton-maniera) meglio di tutti gli altri. Alla Hudgens si devono riconoscere delle doti canore discrete e una bella voce che fanno perdonare la sua intepretazione sempre sotto le righe. 
Molto carina e interessante anche la pianista occhialuta della serie, ovvero Kelsi Nielsen, interpretata da Olesya Rulin, che poi finisce per far coppia con Ryan, il biondastro fratello di Sharpay. Di lui c'è da dire che nel terzo capitolo il suo personaggio ha assunto ormai un qualche rilievo, una sua personalità autonoma, e non è più il burattino insipido della sorella arpia. In High school musical 1 e 2 sembrava nient'altro che una citazione del celebre Richie di Happy Days, interpretato da Ron Howard, oggi regista di pregio. Un film da vedere ma senza affrettarsi. 

 
 
 

GIU' AL NORD

Post n°17 pubblicato il 06 Novembre 2008 da cinereporter
 

-Titolo: Giù al Nord (Bienvenue chez les ch'tis) 
-Anno: Francia 2007
-Genere: Commedia
-Durata: 106 minuti 
-Rating: * * *
-Migliore frase: "C'è un grande proverbio Ch'tis che dice: quando uno straniero viene a vivere al Nord raglia due volte, quando arriva e quando riparte."
-Sito internet: Francia:http://www.chtinn.com/


Philippe Abrams è un travet, un impiegato postale bugiardo e furbacchione. Dopo anni di carriera per non deludere la moglie la capricciosa Julie, truffa l'azienda beccandosi una sanzione disciplinare a causa della quale è costretto a trasferirsi all'estremo Nord della Francia. Il Nord-Passo di Calais è una regione la cui fama (pessima) di posto freddo e inospitale alimenta da sempre leggende e luoghi comuni. Philippe parte demoralizzato ma una volta arrivato in loco il calore umano e la simpatia travolgente della popolazione autoctona rovesciano i suoi pregiudizi e gli rendono quantomai piacevole la permanenza. 
Giunge finalmente anche in Italia il film campione d'incassi d'oltralpe, che ha piegato letteralmente in due la Francia dalle risate. Dalle nostre parti probabilmente non replicherà lo stesso colossale successo, dovuto in gran parte all'identificazione del pubblico con gli sterotipi mentali del francese medio. Ma ciò che appare subito allo spettatore di qualsiasi provenienza è che il film sia un lavoro lieve e godibilissimo.  La sua ilarità è merito delle gag esilaranti disseminate qui e là in tutta la storia e della bravura nell'interpretazione di Dany Boon (nella parte di Antoine Bailleul, un trentacinquenne bamboccione la cui madre morbosa e invadente riporta alla mente le mamme italiane del sud, presenze sempre troppo ingombranti nella vita dei figli) e del grande Kad Merad, attore incredibile che veste i panni di Philippe, il protagonista. Apprezzabile anche il soggetto (dello stesso Boon) che ruota tutta attorno ai Ch'tis, che sono un po' i terroni di Francia, ma al rovescio, visto che provengono da settentrione. Il film punta a smantellare miti e false credenze che li dipingono come bifolchi incivili, ignoranti e arretrati, cliché che devono essere veramente molto diffusi e radicati visto il riscontro del pubblico. Da ciò Giù al nord, la traduzione nostrana del titolo. Ottimo il doppiaggio italiano, a cui è spettato il difficilissimo compito di rendere nella lingua del bel Paese il dialetto della cittadina di Berges, forse uno degli elementi di maggiore simpatia della pellicola, che qua diventa una lingua impiastricciata con improbabili accenti simil-romagnoli,  ma ugualmente molto divertente. Il particolare più originale del film è un insolito strumento musicale, simile ad un pianoforte posto nella torre di un campanile e nel quale ogni tasto fa risuonare una campana diversa creando una melodia che si diffonde in tutto il paese. Un film ironico, leggero, mai volgare e ben girato che conferma l'abilità dei cugini di Francia dietro la macchina da presa.



 
 
 

CONTROL

Post n°16 pubblicato il 28 Ottobre 2008 da cinereporter
 

-Titolo: Control
-Anno: Usa 2007
-Genere: Biopic, Drammatico
-Durata: 122 minuti B/N
-Rating: * * *
-Migliore frase: "L'esistenza. Che importanza ha? Io esisto meglio che posso, il passato fa parte del mio futuro e il presente è fuori controllo."

L'attore inglese ventottenne Sam Riley è perfetto per interpretare la parte di Ian Curtis, front man dei Joy Division, morto suicida a soli 23 anni. Una leggenda della musica Curtis, la sua vita rispecchia alla perfezione il prototipo della rockstar tormentata. I conflitti che lacerano l'animo del cantante di Macclesfield (Manchester) sono tutti sentimentali ed esistenziali. Egli è diviso tra l'amore per la moglie Debbie Woodruff (Samantha Morton), la donna della sua vita che sposerà giovanissimo (autrice tra l'altro di un racconto biografico dal titolo "Touching From a Distance" sulla breve vita del marito a cui il biopic è ispirato) e la passione travolgente nei confronti della belga Annik Honorée (Alexandra Maria Lara) che conoscerà durante uno dei suoi tour. Curtis le ama entrambe di due amori diversi ma altrettanto intensi, al punto che l'idea stessa di perdere Deborah, decisa a chiedere il divorzio una volta venuta a conoscenza dell'adulterio, lo porterà a concepire e poi attuare i suoi propositi suicidi. Dopo i problemi di cuore ci si mette anche l'epilessia, disagio incurabile che lo farà sentire non sempre all'altezza del ruolo, e la depressione, quel male oscuro e infido che s'impossesserà di lui nel momento in cui la sua carriera è all'apice. La paura di perdere il controllo della sua esistenza è per Ian più che un semplice timore una vera ossessione, leit motiv dell'intero film a cui il titolo si riferisce. E' questa paura a muoverlo quando si toglie la vita nella cucina di casa sua impiccandosi con una corda. Egli preferisce interrompere il corso della sua esistenza pur di non perderne il filo. Non c'è soluzione alcuna al suo dramma personale se non l'epilogo definitivo.
La pellicola è costellata di moltissimi riferimenti musicali e letterari, a partire dall'azzeccatissima colonna sonora (acquistabile su Ibs) nella quale spiccano, oltre a successi dei Joy division anche pezzi di David Bowie e dei Sex Pistols da cui Curtis traeva ispirazione nel comporre. Il film contiene inoltre diversi tributi ai poeti romantici ottocenteschi da lui più amati tra cui William Wordsworth. 
L'opera prima del fotografo olandese Anton Corbijn presentato al Festival di Cannes é un B/N tanto delicato quanto lirico e struggente. Senz'altro un ottimo esordio cinematografico per A.Corbijn. Il suo innegabile talento emerge dalla purezza dell' immagine e dalla cura maniacale per i particolari, che lo inseriscono di diritto tra i migliori registi attualmente esistenti. Il ritmo candenzato con cui le scene si susseguono conferisce un taglio fortemente introspettivo al film, che indaga nella psiche dell'artista e ne svela il dramma interiore, ricostruendolo sullo schermo. Control fa rivivere i moti dell'animo di Ian Curtis attraverso le azioni esteriori, i suoi gesti, i versi delle sue canzoni che assumono un senso solo in relazione a ciò che lui provava. La linea delle azioni fisiche combacia alla perfezione con la linea delle azioni mentali.Ogni inquadratura è un chiaroscuro, un' istantanea sulla sua desolazione spirituale, sul deserto che Ian aveva dentro. Ciò è vero a tal punto che la visione lascia dietro di sé una scia di domande senza risposta, e incute in chi guarda la stessa devastante nostalgia del grande Curtis, consegnato ormai al mito da questo encomiabile tributo cinematografico. 

 
 
 
 

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In questo I-pod ho raccolto alcuni di quelli che secondo me sono i piu bei temi di tutta la storia del cinema. Spero che l'idea vi piaccia!


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