AREA PERSONALE
MENU
Bene, il momento è giunto! Lo aspettavo con timore - è un bel pò che voglio scriverlo - ora devo, il 100° post lo impone, non che rivesta tutta questa importanza, in effetti, ma è giunta l'ora: uno per tutti! Questo post a dedica e ricordo di tutti i post che ho cominciato e non ho inviato. Prosit! La bloggherina in crisi espone il dubbio esistenziale adolescenziale? Ma è ovvio, dille che..NO! Il tale ha scritto che... invece i documenti dicono, beh scrivigli...NO! La tizia si strugge perchè coso l'ha presa in giro, beh...se rileggesse il suo Blog capirebbe che....NO! 'Scolta Ciccio, non sarebbe ora che tu.... NO! |
Regolamento: il primo giocatore di questo gioco inizia il suo messaggio con il titolo "cinque tue strane abitudini", e le persone che vengono invitate a scrivere un messaggio sul loro blog a proposito delle loro strane abitudini devono anche indicare chiaramente questo regolamento. Alla fine dovrete scegliere 5 nuove persone da indicare e linkare il loro blog o web journal. non dimenticate di lasciare un commento nel loro blog o journal che dice "sei stato scelto" (se accettano commenti) e ditegli di leggere il vostro.
Mi stavo chiedendo: “chissà quanti bei post nuovi leggerò dopo un po’ di giorni di assenza (le mie scuse a chi addirittura ho lasciato a metà con i commenti…)”, neanche il tempo di aprire il blog che vengo affranto da tre segnalazioni tre! di altrettante adorabili ficcanaso (possiate scoppiare di salute e felicità…) alle quali non me la sento proprio di rifiutare un post (direttamente) personale, che di norma “aborro”. Sia chiaro che le abitudini sono e restano 5, indipendentemente dal numero di persone che le chiede… La vera difficoltà credo sia nel fatto strettamente culturale e di addestramento mentale, che purtroppo mi coinvolge, di essere refrattario istituzionalmente alle abitudini: in modo sistematico (questa potrebbe essere un abitudine…) quando mi accorgo di ripetere sovente dei gesti, me ne disfo, che so… cambio strada per andare sul luogo di lavoro, non mi alzo mai alla stessa ora, non faccio mai le ferie nello stesso periodo (non faccio mai le ferie, va…), non vado al cinema il 26 di dicembre, al mare a ferragosto e non faccio il pic nic il 25 aprile. Penso di poter elencare dei tic, dei vizi, piuttosto che delle vere e proprie abitudini, delle intime necessità, forse, ma nel momento in cui scoprissi di avere un abitudine, questa verrebbe "terminata". Confesso di essermi consultato con mia moglie, (20 anni di sopportazione, mica cotica…) indicata più di me per questo genere di riflessioni.
Cominciamo:
1) C’è una cosa per cui sono noto, famoso e famigerato, da alcuni addirittura temuto: non metto MAI le calze. Non le sopporto, non sopporto nulla che mi stringa, nessun indumento aderente (anche solo appena giusto), ma se ogni cosa può avere un limite di fronte alle necessità formali e professionali, questa non l’avrà mai, le calze no! 2) In casa cammino solo a piedi scalzi (lo facevo anche prima di avere il riscaldamento a pannelli radianti), anzi diciamo che ho la tendenza a farlo ovunque si presenti un accenno di possibilità. Sfortuna mia, vivo in lidi piuttosto freddi e distanti dal mare… 3) Prima di mettere in bocca qualsiasi cosa, l’annuso profondamente. Così come annuso le dita che hanno toccato una pietanza un alimento o uno dei miei adorati sigari o del tabacco da pipa. 4) Non sono in grado di tagliarmi le unghie con le forbici o, per lo meno, non l’ho mai fatto; quando giocavo, si presentava spesso la necessità di accorciare un unghia in tempi brevissimi e così ho sempre usato i denti. Non le mangio, semplicemente le taglio e le butto via. 5) Da quando posso scegliere di farlo (10, 11 anni) non mi asciugo i capelli dopo essermi fatto la doccia (è escluso il parrucchiere che, con quel che costa, ha il permesso anche di farci i ricamino, se vuole), inverno estate, macchina o a piedi, lascio che si asciughino da soli.
Questo è quanto, credo. Ora mi tocca destinare altre cinque anime a sta disgrazia. Eccole qua!
Nomino: La mia omonima “Deliziadelirante” La mia concittadina “Sally” “Streghella”, se non è stata bruciata in questi giorni I miei “antipodi” (parlando di sensibilità e geografia…) Naturalmente, tutti liberi di declinare.
|
Come per i film c'è il "making of", per le canzoni (famose) c'è il "songfacts", ecco "Hotel California" Il brano riguarda materialismo e senso dell'eccesso, la collocazione In California è simbolica, ma qualsiasi altro posto in America andrebbe bene lo stesso. Don Henley:" Noi eravamo tutti ragazzi della middle-class dell'america centrale. Hotel California era la nostra interpreazione della High-life di Los Angeles". Il brano vinse il Grammy per la canzone dell'anno nel 1977, ma la band non lo ritirò mai poichè Henley dichiarò di non credere alle competizioni musicali. Il termine "Colitas" nel verso "warm smell of colitas", viene di solito interpretato come fiore piuttosto che riferito alla sfera sessuale. In realtà è un termine ispanico tradotto a Henley dal manager del tour, di origine messicana, che letteralmente significa "Little Buds" (amichetti), metafora delle dosi di marijuana. Ci sono volute tre sessioni per registrare il pezzo in studio, per la difficoltà di accordarlo alla chiave vocale di Henley. Nel testo Glenn Frey si è ispirato agli episodi di "The Twilight Zone", dove si salta da un evento all'altro senza alcuna correlazione apparente. Il verso "They stab it with their steely knives but they just can't kill the beast" si riferisce a Steely Dan, con cui condividevano lo stesso manager ed una simpatica rivalità. Dan, l'anno seguente, restituì il gesto nel verso "Turn up The Eagles, the neighbors are listening" della canzone "Everything you did". L'assolo di chitarra è suonato in contemporanea da Don Felder e Joe Walsh. Molti pensarono che nel verso "She's got the Mercedes Bends" ci fosse un errore di stampa ( Mercedes Benz) e chiesero a Henley di correggerlo ufficialmente, ma invano, poichè doveva essere un gioco di parole. Glenn Frey: "Quel brano esplora, sotto le campane del successo, il lato oscuro del Paradiso.Che poi altro non era che la nostra esperienza a Los Angeles in quel periodo. Così diventò una specie di metafora del mondo e di ciò che ne sapevamo noi. Abbiamo deciso di farne Hotel california, una specie di microcosmo di ciò che ci stava accadendo." L'Hotel sulla copertina dell'album è il famoso Beverly Hill's Hotel, da sempre frequentato dalle Stars di Hollywood, più noto come Pink Palace. Sebbene si tratti di un Hotel piuttosto reale e, al tempo stesso, di una metafora, le fantasie dei fans sul "vero Hotel California" sono le più diverse: un'antica chiesa occupata da adoratori di satana, un ospedale psichiatrico, una locanda gestita da cannibali o la casa di Aleister Crowley, in Scozia. I Jethro Tull, nel 1969, scrissero "We Used to Know," che ha un assolo di chitarra identico a quello di Hotel California. I Jethro Tull suonarono in tournè con gli Eagles prima che incidessero Hotel California. A Chicago, all'epoca della massima popolarità del brano, la gente cominciò a chiamare la prigione "Hotel California", poichè si trovava in California street. Si chiama così ancora oggi. Durante un'intervista alla BBC, Ian Anderson, dei Jethro Tull, disse ridendo che stava ancora aspettando le Royalties. |
Ho ritrovato un vecchio libro di quando ero ragazzo (ho cominciato a cercarlo quando ho scritto il post n° 55) non spenderò mai abbastanza tempo a predicare il concetto dell'abbaglio clamoroso che prendiamo nella ricerca della felicità, come scrive il buon vecchio Paul Watzlawick. Come utilizzare l'intelligenza critica per non farsi abbagliare dalla rincorsa alla falsa felicità. Il libro È giunta l'ora di farla finita con la favola millenaria secondo cui felicità, beatitudine e serenità sono mete desiderabili della vita. Troppo a lungo ci è stato fatto credere, e noi ingenuamente abbiamo creduto, che la ricerca della felicità conduca infine alla felicità. Basta con i dissennati consigli di guru e sessuologi, con i decaloghi fumosi di tecnocrati e maestri di vita, con le prediche sulla pace interiore e le paralizzanti esortazioni alla spontaneità. Watzlawick mobilita tutti gli espedienti argomentativi, tutti i mezzi a sua disposizione, dall'intelligenza critica allo humour nero, mettendoci di fronte uno specchio ironico, tenendo viva una costante tensione tra il divertimento e il disagio di riconoscerci, ma non privandoci del piacere di interpretare il messaggio: come rendersi felicemente infelici? Comunque io, oggi più che in passato, tendo a preferire la saggezza che si può ricavare dalla studio della grande letteratura. |
Stop all the clocks, cut off the telephone,
|
CONTATTA L'AUTORE
Nickname: Mule1968
|
|
Sesso: M Età: 56 Prov: TO |