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Un blog creato da Mule1968 il 17/10/2005

The Mule

Magnifico Giganticus

 
 

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Antiplagico!

Post n°42 pubblicato il 07 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

Ieri sera, mi è capitato di rivedere un pezzetto del film in questione; non sono intenzionato ad affrontare la trama, la critica ecc, perchè non è il luogo. Mi affascina, però un aspetto, forse un pò più a "volo d'uccello".  La crisi "buonista" di idee e modelli della fine del secolo scorso (cent'anni consecutivi di spazzatura e/o ideologie, sono duri per qualsiasi tipo di arte) ci ha abituati al plagio, quasi fosse a sua volta una forma d'arte. A Tarantino in effetti tocca il merito di aver identificato il punto di non ritorno del percorso della "citazione": ha creato l'opera non-citabile.

 
 
 

Catene

Post n°41 pubblicato il 07 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

"L'amore è un castigo! Siamo puniti per non aver saputo restare soli."

M. Yourcenar

 
 
 

Carpe Diem (II)

Post n°40 pubblicato il 07 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

...e come tutte le più belle cose...

....vivesti solo un giorno..

...come le Rose..

De Andre

 
 
 

Lo Specchio!

Post n°39 pubblicato il 06 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

La particolarità di questa poesia è, oltre al fatto che io l'abbia ritrovata, considerato il mio senso dell'ordine, che chi la pubblica, la dichiara come opera postuma. Mi spiego meglio: scritta dall'autore dopo...essere morto, comunicata poi via medium, uno dei più grandi di sempre, mica fagioli, consegnata alle stampe, poi, nel libro di memorie dell'importante medium stesso. Gli argomenti medianità e paranormale, non hanno davvero bisogno che io aggiunga commenti, suggerisco solo di leggerla perchè...perchè...perchè, beh, io conosco bene Trilussa!

Lo Specchio

 

Mentre che scrivo guardo ‘nde lo specchio

Che stà davanti sulla scrivania

E pare che me dica: “ormai sei vecchio

Povero Carlo, er tempo vola via.

 

Coll’antri lo poi fa, co’ me ce caschi

Io te conosco bene, bene assai

A me nun me poi di fischi pe’ fiaschi

Co’me gnente annisconni, ce lo sai!”

 

E cià raggione. Lui nu sbaja mai

Ai voja a mette’ mpicci drento o fora

L’anni ce so’ e so’ quelli che ciai

E nun je poi fregà manco mezzora..

 

Perciò co’lui bisogna arassegnasse

E ripenzà solo ai li tempi belli,

quanno li lumi erano solo a gasse

quanno che annavi a piedi a li Castelli.

 

ciavevo nà ventina d’anni,

er monno me pareva tanto bello

senza le sozzerie e senza affanni

senza preoccupazioni inder cervello.

 

Scrivevo allora pe’ divertimento

E annava tutto liscio come l’ojo.

Bastava addimme: bravo! Ero contento

E nun pensavo a empimme er portafojo

 

Quante mijara de rimane ho scritto

Che miscujo de cose che pantano!

Sarebbe stato mejo a stasse zitto

E nun confonde er “sacro cor profano”.

 

Li lupi l’ho confusi co’ l’agnelli

Li gatti co li sorci e co li cani

Li rospi abbracciati cò l’uccelli

E li somari assieme a li Cristiani

 

Ho fatto raggionà li polli e l’oche

Er bove te l’ho messo assieme all’orco

Formiche e grilli a spasso co le foche,

e nella società ho mannato er  porco.

 

Tutto questo l’ho fatto solamente

Pè cercà la morale in quarche posto

Ma ner cercà non ho trovato gnente,

sortanto tutto fumo senza arosto

Mo’ so’ arrivato e vedo da piantalla.

Questo è l’urtimo scritto e l’annisconno,

la gente nun la vojo più scoccialla,

scoccialla e riscoccialla fininfonno.

 

Ma si quarcuno cià pazienza

Je vojo addì solo sta’ cosa ancora

La “morale” sta assieme a la coscienza,

è inutile a cercalla drento o fora.

 

Ridò no sguardo ancora ‘ndè lo specchio

Sento qualcuno che a la porta bussa

Dico: ce semo! Bona notte ar secchio.

Che vonno proprio a te, proprio a Trilussa!

Carlo Alberto Salustri?

 
 
 

Fondazione e Storia II

Post n°38 pubblicato il 05 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

Segue da 37

Vico però non esplica mai questa ipotesi. In realtà non ne ha bisogno, perché un’idea simile, anzi meglio identica, era già stata avanzata un secolo e mezzo prima di lui dal fiorentino Niccolò Machiavelli. Uomo politico e letterato, Machiavelli aveva una propria visione della politica nuovissima nell’impostazione metodologica ma un po’ antiquata nell’ideologia filosofica, perché si rifaceva a quella stoica (la concezione ciclica della storia). Tuttavia Machiavelli anticipava l’idea vichiana di storia come scienza, ed anzi presupponeva che esistessero vere e proprie leggi che muovevano il corso degli eventi. Per Machiavelli, proprio come per Seldon, era compito dell’uomo politico capire quelle leggi ed attenersi ad esse per mutare e migliorare il corso della Storia, che per Machiavelli è magistra vitae, perché insegna dando “modelli comportamentali”, cioè schemi predefiniti entro i quali si verificano gli eventi che fanno la Storia. L’azione umana, secondo Machiavelli, è pure sovrastata dalla necessità e della casualità, e qui si vede proprio come egli sia in qualche modo il teorico della Psicostoria. Barr parlava a Bel Riose di «necessità psicostorica», infatti, ma sbagliava perché non prendeva in considerazione la casualità, l’altra componente della scienza psicostorica, che s’incarna nel personaggio del Mule. Quindi da una parte le ferree leggi della Storia, dall’altra l’onnipresente caso, che rimescola sempre le carte in gioco.

 La teoria della prevedibilità scientifica della Storia, elemento base di tutta la saga della Fondazione, è un’idea profondamente radicata nell’epoca romantica. Il già citato Santo Mazzarino lo spiega in queste righe fondamentali, che ci servono a capire meglio come la Psicostoria, in realtà, non sia altro che la ripresa di una determinata corrente filosofica: «Il presentimento di una fine “scientificamente” prevedibile, com’esso si trova in Polibio… stabiliva, già nella cultura di Roma repubblicana, una connessione strettissima fra l’idea della decadenza e quella della prevedibilità dei fatti storici. Per questa ragione, la “profezia” poliziana [della caduta di Roma, n.d.r.] divenne per eccellenza attuale in un’altra epoca, in cui pure si credette di poter “prevedere” il corso fatale della storia: l’età del romanticismo. Un secolo fa, nel 1858, apparve un libro di Lasaulx, initolato La forza profetica umana nei poeti e nei pensatori… Oggi è giustamente dimenticato; allora ebbe notevole fortuna, perché la tesi che sosteneva, della “prevedibilità della storia”, aveva tenaci assertori… E’ naturale che Polibio fosse il ‘pezzo forte’ dell’argomentazione di Lasaulx: se lo storico dell’età repubblicana aveva potuto prevedere la crisi dello stato romano, tutte le altre ‘profezie’… acquistavano cittadinanza nella storia dello spirito». Ma come abbiamo già avuto modo di vedere, la prevedibilità del corso degli eventi è possibile solo in casi di grandi generalizzazioni, ma mai in eventi singoli e ristretti.

 Questa discussione sulla prevedibilità della storia, come è stato detto, si sviluppa particolarmente nell’età Romantica, nella prima metà dell’Ottocento. Il francese Claude Henri de Saint-Simon, "socialista utopista", riteneva proprio come Vico che la storia fosse regolata da una legge generale, consistente nell'eterno avvicendarsi di "epoche organiche" e "epoche critiche". Epoche organiche sono quelle dove vige ordine e coesione sociale (l'Impero), epoche critiche sono quelle dove vengono a crearsi diverse forze sociali in conflitto tra loro, provocando insomma uno stato di caos (Interregno). Ma a questa idea si opponeva il filosofo tedesco Schelling, il quale riteneva che la Storia non potesse essere in nessun modo oggetto di previsioni, e che quindi non fosse soggetta a leggi scientifiche proprio come Asimov suggerisce con la Psicostoria. «All'uomo la storia non è disegnata in anticipo, egli può e deve farsi la sua storia», affermava il filosofo, il quale sosteneva l'assoluta libertà dell'agire umano.

Contemporaneo a Shelling, il filosofo Hegel, pur non ritornando all'idea ormai obsoleta delle leggi scientifiche, riprende i concetti chiave su cui si basa proprio l'idea di Psicostoria.  In primo luogo, riprendendo Vico e la sua Provvidenza, egli ritiene che la Storia sia dominata dalla ragione, quindi diversamente dal concetto implicito di Schelling di una totale imprevedibilità. Esiste, quindi, una "necessità psicostorica", per riprende di nuovo le celebri parole di Asimov, che spinge il corso degli eventi verso precise direzioni. Interessante notare che Hegel attacca però il concetto di provvidenza da un punto di vista religioso, disdegnando l'idea di un «commercio al minuto della fede nella provvidenza»; in pratica il singolo uomo non deve credere che la Provvidenza giungerà presto o tardi a portargli giustizia, concetto perfettamente trasposto da Asimov nel momento in cui la Fondazione finisce per cadere in una fase di stagnazione politica certa com'è che, pur non facendo nulla, la provvidenza della Psicostoria otterrà la vittoria sul nemico. Concetto errato, perché a causa di questa cieca fede la Fondazione rischierà prima la sconfitta con l'Impero e poi verrà davvero sconfitta, questa volta dal Mule. Hegel, tra l'altro, definirebbe il Mule un "individuo cosmico storico", cioè uno di quei pochi individui che riesce a mutare la Storia con la sola propria forza di volontà, permettendo un balzo in avanti del normale corso degli eventi. Anche Hardin, Mallow, Bayta Darrell possono essere visti come "individui cosmici storici", proprio come lo era Napoleone per il filosofo tedesco. Ed infine, volendo sottolineare ancora di più la straordinaria somiglianza tra la filosofia storica di Hegel e quella che domina la saga di Fondazione, è giusto ricordare un ulteriore originale elemento della filosofia hegeliana: l'incarnazione dello spirito storico all'interno di un determinato popolo in una determinata epoca. Questo concetto, chiamato "Spirito di popolo" (Volksgeist), da una parte rimarca il concetto che siano comunque le masse, i popoli, a fare la Storia, al di là dei balzi in avanti che possono compiere gli "individui cosmici storici", dall'altra sostiene però che la Storia sia mossa da un vero e proprio Spirito, in questo caso assolutamente divino (simile forse allo Spirito galattico di Asimov?), che rende l'uomo non attore della Storia, ma strumento. In questo caso è il popolo prescelto dallo Spirito a far muovere le ruote degli eventi. In Fondazione questo concetto domina: infatti il popolo di Terminus si considera un "popolo eletto", infallibile e invincibile grazie alla protezione offerta dalla Psicostoria di Seldon. Eccone la descrizione fatta dal generale Bel Riose: «Si tratta di un popolo così orgoglioso e ambizioso da sognare di diventare i dominatori della Galassia. Sono talmente sicuri di sé che non hanno fretta. Si muovono lentamente e con flemma; parlano dei secoli necessari. Annettono interi pianeti senza muovere un dito… Ho ascoltato ciò che mi diceva il popolo; essi accettano con tranquillità il loro "destino manifesto"».

 Ebbene, al termine di questa ampia carrellata di teorie filosofiche, con la quale abbiamo avuto modo di scoprire come Asimov non sia stato altro che l'ultimo esponente di una determinata corrente di pensiero nell'ambito della filosofia della Storia, vale la pena capire cosa Asimov stesso pensasse della scienza da lui inventata, la Psicostoria. In Fondazione e Terra egli completa la sua meditazione sulla storia umana e decide che, in effetti, la Psicostoria non può avere successo. Essa infatti riuscirebbe a prevedere l'evoluzione della storia umana solo a condizione che:

1.       Il campione d'analisi sia almeno di un miliardo di individui (cosa che esclude una Psicostoria di medio e piccolo livello, e quindi necessariamente le previsioni sono vaghe).

2.       Nessun individuo sia al corrente delle predizioni della Psicostoria (cosa che dunque impedirebbe la nascita di una scienza pubblica e ufficiale).

3.       Non esistano, all'interno del campione d'analisi, esseri non-umani (quindi, come vedremo al termine di Fondazione e Terra, la Galassia non può essere soggetta alle leggi psicostoriche a causa dell'esistenza dei robot, dei gaiani, di determinati tipi di mutanti come il Mule e l'ermafrodita Fallom).

Notiamo una notevole diversificazione di pensiero rispetto a quanto leggevamo nel primo capitolo di Fondazione, dove la Psicostoria è così infallibile da prevedere addirittura il comportamento esatto di un singolo individuo. Abbiamo dunque ripercorso il cammino evolutivo del pensiero storico attraverso le massime teorie filosofiche, seguendo al contempo, come ora possiamo finalmente notare, il cammino evolutivo del pensiero di Asimov, ultimo filosofo della Storia.

Fonte: fabbricantidiuniversi.it

 
 
 

Fondazione e Storia I

Post n°37 pubblicato il 05 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

E' il 1° Agosto 1941. Mentre in Europa la guerra infuria e l'asse Roma-Berlino pare prossimo alla conquista del mondo, un giovane ventunenne di nome Isaac Asimov sta recandosi a far visita all'editore della rivista Astouding, John Campbell, che ha già pubblicato numerosissimi racconti del giovane autore. La leggenda vuole che Asimov stia camminando per strada, angosciato poiché non sa che trama esporre a Campbell per il prossimo racconto. Per caso si trova tra le mani un libro (più specificatamente una raccolta di operette di Gilbret e Sullivan), lo apre e cerca di farsi venire uno spunto da un'immagine qualsiasi. Il libro si apre in una pagina dov'è raffigurato un legionario romano: subito nel cervello di Asimov si avvia una specie di associazione di idee. Soldato, Roma, Impero… Impero Galattico. La 'frittata' è fatta. L'idea fulmina il giovane ragazzo, che si avvia trionfalmente dall'editore per esporgli la trama del prossimo lavoro: un romanzo storico sul futuro. John Campbell è emozionato dalla straordinaria idea di Asimov e gli consiglia di scrivere non un solo racconto, ma una imponente serie che delinei tutta la storia futura del crollo dell'Impero Galattico. La trama è semplice: un impero millenario (inizialmente della durata di qualche millennio, si estese poi negli ultimi romanzi a 12000 anni) che domina tutta la galassia, in rapido crollo. Una scienza, la Psicostoria, che prevede matematicamente il corso degli avvenimenti e cerca di abbreviare da trentamila a soli mille anni l'epoca di barbarie che seguiranno . La Fondazione, un mondo di scienziati che deve preservare la tecnologia e la conoscenza per dare inizio, nel giro di un millennio, al Secondo Impero Galattico. Asimov si riappropria di vecchi temi usati in alcuni suoi racconti di scarso successo (Pilgrinage) e li rielabora per dare vita al ciclo epico della Fondazione

"Non  c'è dubbio  che  la ragione fondamentale del successo della "Trilogia" sta nel fatto che si tratta di un libro di storia. Chi vi si addentra,  può non conoscere Gibbon,  Toynbee o Marx,  ma la sua  reazione  sarà  certamente  quella  dell'amatore di storia che si aspetta dallo "specialista" un racconto e insieme una spiegazione  del racconto:   lieto  abbandono  al  possente  fiume  degli  avvenimenti, ammirata gratitudine per l'autore che ha capito tutto e ci conduce con mano esperta nel labirinto,  piacere per ogni nuovo groviglio  che  si forma  dopo  lo  scioglimento  del precedente,  assoluta fiducia nella plausibilità delle connessioni, delle corrispondenze, degli incastri». Così Fruttero e Lucentini, due dei maggiori esperti di fantascienza italiani, introducono la saga della Fondazione (o Trilogia galattica) nella sua ultima edizione pubblicata (Mondadori 2004). Andiamo ad analizzare le enormi similitudini che equiparano “l’ideologia storiografica” di Asimov con quella dei maggior pensatori di ogni tempo. E si vedrà come la Fondazione non sia altro che l’ultimo tassello di un’affascinante filosofia della Storia.

 Quali sono le due costanti del grande affresco storico dipinto da Asimov nella Fondazione? La prima, la caduta dell’Impero galattico. La seconda, la teoria della prevedibilità della storia. Come vedremo, sono due idee perfettamente legate. Santo Mazzarino, il più eccezionale storico italiano dell’età romana, nel suo classico storiografico La fine del mondo antico apriva l’opera con questo capitolo: “Prologo su due idee antichissime: impero universale e crisi dello stato”. Il capitolo discute dell’antica idea di impero e di come l’impero sia destinato sempre a cadere. L’Impero di Trantor è identico all’impero di Roma, l’urbs, la città, in questo caso Roma, nel nostro caso Trantor, coincide con l’orbs, il mondo, l’universo. Ma stati tanto grandi finiscono per forza di cose per crollare, perché omnia orta intereunt, tutto ciò che nasce ha una fine (Sallustio), anche le cose eterne come l’Impero galattico. Seldon, in Preludio alla Fondazione, rimane sconvolto dalle parole di Demerzel che presagiscono la prossima fine dell’Impero. «L'Impero Galattico non poteva finire, proprio come l'universo non poteva finire. O meglio, solo se l'universo avesse cessato di esistere, sarebbe scomparso anche l'Impero», pensa Seldon. E’ esattamente ciò che penseranno tutti i contemporanei della caduta dell’impero romano nel momento in cui il barbaro Alarico, nel 410, saccheggerà la Città Eterna. Il declino di uno stato immenso come quello dell’Impero galattico è lento, come lento è il declino dello stato romano, iniziato verso il 200 e terminato duecentocinquanta anni più tardi.

Ma il declino dell’Impero galattico viene visto nelle opere di Asimov anche e soprattutto come fine di un’età dell’oro. Ebbene, è proprio questa la brillante idea che così tanto riesce a equiparare la Fondazione con una determinata corrente della filosofia della storia, quella dell’inevitabile corruzione dei tempi. Nel primo capitolo di Fondazione il giovane Gaal Dornick giunge per la prima volta nella sua vita a Trantor, la capitale della galassia. Seldon gli fa notare come la decadenza stia prendendo il sopravvento ovunque: nelle infrastrutture del pianeta, nell’amministrazione dell’Impero, nel sentimento stesso del popolo, sempre più oppresso dalla burocrazia. In Preludio alla Fondazione Demerzel fa notare a Seldon il rumore che l’Espressovia (una specie di metrò) fa mentre corre sulle “rotaie”. Nei tempi precedenti il treno non faceva il minimo rumore, e correva nel silenzio più totale. E’ la condizione tipica della decadenza dei tempi e dei costumi. Lucrezio ci tramanda questo passo: «E già, scuotendo il capo, il vecchio aratore sospira di frequente; lamenta la sua fatica vana, e confronta il tempo d’oggi coi tempi che furono; loda spesso le fortune del suo genitore». La decadenza dell’Impero galattico è il simbolo della fine di un’età dell’oro che già Esiodo nell’antica Grecia teorizzava: da un’età di prosperità e benessere l’uomo è destinato a corrompersi sempre più, finendo in un’età del ferro, dove il duro lavoro è l’unica cosa che gli garantisce il sostentamento. Gli abitanti di Trantor, che hanno di che sfamarsi grazie ai venti mondi agricoli che provvedono ai loro fabbisogni, finiranno per dover coltivare da soli il cibo nel momento in cui il crollo dell’Impero e il saccheggio del pianeta provocherà la fine definitiva della prosperità. Come Roma, con i suoi milioni di abitanti che si sfamavano grazie alle derrate della Campania e dell’Egitto, si spopola e diviene cittadina di agricoltori con la fine dell’impero, così Trantor dopo il saccheggio si spopola: dai 40 miliardi di abitanti giunge a poche centinaia di migliaia di individui, «e il grano cresceva nelle immense isole spartitraffico», mentre i trantoriani spogliano il metallo delle cupole per costruire le proprie macchine così come i cristiani spogliavano i monumenti di Roma dal marmo per edificare nuove chiese.

 Ma la degenerazione dell’uomo non è un tema raro nella filosofia della storia. Dopo Esiodo sarà ripreso dai cristiani, i quali ricorderanno come l’Uomo sia stato cacciato dall’Eden e sia stato costretto al lavoro. Archetipo jungiano. Nel medioevo la storia viene rappresentata come linea discendente, e se l’antichità classica ne era la maturità, il medioevo per i contemporanei ne è la vecchiaia, il tramonto. E’ la dottrina del mundus senescit, il mondo morente. I contemporanei della Cristinatià medioevale attendevano l’imminente arrivo dell’Anticristo, che avrebbe posto fine al declino dando il colpo di grazia all’umanità. Così, per la religione scientista di Fondazione, Hari Seldon è il profeta dello Spirito Galattico, che con la sua Psicostoria annunciò l’imminente fine dell’Impero e la futura venuta di un nuovo Paradiso Terrestre (come nell’Apocalisse biblica è la discesa in terra della nuova Gerusalemme Celeste).

 Eppure la filosofia asimoviana della storia non è affatto una parabola discendente, come si potrebbe immaginare. Del resto è impensabile che un positivista ateo come Asimov credesse che l’uomo fosse destinato alla degenerazione. E infatti la filosofia della Fondazione è ben altra: dopo la caduta dell’Impero e i mille anni di barbarie, vi è la rinascita di un nuovo Impero galattico, più prospero e duraturo del precedente. E qui sta il punto centrale di tutta la concezione della saga, che si rifà alla concezione di innumerevoli filosofie. In primo luogo a quella della concezione ciclica del divenire del filosofo greco Empedocle. Egli immaginava la ‘vita’ dell’universo come un circolo chiuso che prevedeva l’alternarsi di amore e odio. Il periodo del benessere e della prosperità è quello in cui nell’universo vi è solo l’amore. E’ il periodo, diciamo, dell’Impero galattico. Ma l’amore viene inevitabilmente intaccato dall’odio (che non è negativo, perché se ci fosse solo amore non ci sarebbe la Storia e non vi sarebbero molteplicità), e i due elementi per un periodo convivono insieme. E’ il periodo della decadenza dell’Impero. Ad un certo punto l’odio prevale, vi è autentico caos. E’ il periodo delle barbarie. Dopo di ciò c’è un nuovo alternarsi amore/odio (rinascimento) e infine il ritorno a uno stato di solo amore (il Secondo Impero). E così via all’infinito.

 Tale teoria viene ripresa più avanti dagli Stoici. Essi ipotizzavano che l’universo seguisse una specie di corso naturale di vita (il Grande Anno), al termine del quale vi sarebbe stata una conflagrazione generale (che noi moderni chiameremo un ‘big crunch’), e poi da qui la rinascita dell’universo, dove le cose sarebbero andate nello stesso, identico modo dell’universo precedente. Cioè, ci sarebbe stato anche nell’altro universo (così come in tutti i futuri universi, in eterno), un Asimov che avrebbe scritto la Fondazione e qualcuno che avrebbe scritto un articolo di critica come questo. Seldon, in Fondazione anno zero, parla in qualche modo proprio di questa concezione, quando al suo amico Amaryl rivela di sentire l’uomo come Sisifo, il leggendario titano costretto a trasportare fino alla sommità di una collina una roccia, che poi inevitabilmente sarebbe rotolata giù e avrebbe costretto Sisifo a rifare il lavoro daccapo, in eterno. Con questa metafora Seldon spiegava la sua visione della nascita del Secondo Impero. Ebbene, in effetti la storia sarebbe andata proprio così, almeno secondo le intenzioni originali di Asimov, e quindi potremo affermare che queste teorie filosofiche rispecchiano perfettamente quella di Fondazione. Anche perché per gli Stoici la legge che domina l’universo è il fato, il destino, proprio come la Psicostoria di Seldon. Essa è una teoria scientifica che però si basa sulla prevedibilità del comportamento umano, prevedendolo. Dunque la Psicostoria viene vista come elemento di conferma dell’esistenza, nell’universo secondo Asimov, di un destino precostituito. E’ questo ciò che in Fondazione e Impero il patrizio dell’Impero simpatizzante per la Fondazione, Ducem Barr, cerca di far capire al generale imperiale Bel Riose quando questi è intenzionato ad attaccare Terminus. «Sostenete – chiede Riose a Barr – che questa scienza è in grado di predire che io attaccherò la Fondazione e che perderei la tale battaglia per la tale ragione? Intendete dire che io non sono altro che uno stupido robot che segue una via predestinata verso la propria distruzione?… Allora noi ci troviamo semplicemente nelle mani della Divinità della Necessità Storica?» «La Necessità Psicostorica», lo corregge Barr, che infine dichiara: «Fate ciò che vi pare. Esercitate il vostro libero arbitrio. Verreste comune sconfitto». Ed eloquente è il botta e risposta conclusivo tra i due: «A causa del vicolo cieco creato da Hari Seldon?», chiede Riose. E Barr risponde: «A causa del vicolo cieco della matematica del comportamento umano che non può essere fermato, annullato o deviato». Eccola, la Psicostoria. Una versione moderna e soprattutto razionalmente scientifica del Fato dello stoicismo.

Ma la saga della Fondazione segue un proprio cammino evolutivo che segue, presumibilmente, il corso dei pensieri del suo autore. Asimov, infatti, riprendendo mano la cosiddetta Trilogia Galattica verso la metà degli anni ’80, aggiunge due nuovi capitoli: L’Orlo della Fondazione e il conclusivo Fondazione e Terra. A questi, come si saprà, si aggiunsero i due prequel. Ebbene, con gli ultimi due romanzi della saga l’ideologia cambia completamente. E la Fondazione perde la propria battaglia. Asimov sembra volersi ribellare a quel circolo vizioso da lui stesso creato negli anni Quaranta, e non accetta che la Fondazione dia vita a un Secondo Impero in un ciclo continuo e improduttivo. E qui sta la svolta importante. A questo punto, con la scelta di Trevize di permettere la nascita di una nuova entità, Galaxia, la storia cambia per sempre. Non è più un circolo chiuso, ma una curva aperta. Prima avevamo analizzato la componente degenerativa della visione storica di Asimov, poi abbiamo scoperto che in realtà essa è una specie di ciclo immutabile; e ora, invece, ci accorgiamo che la Storia per Asimov è continuo progredire, continua evoluzione verso nuove forme di civiltà. 

Molti hanno criticato la scelta di Asimov di “uccidere” la Psicostoria di Seldon scegliendo la soluzione un po’ new age di Galaxia. In realtà questa soluzione dimostra la vera impostazione positivista della filosofia di Asimov. Che si riallaccia, tra l’altro, ad esperienze storiche e dottrine filosofiche ben precise. Prima di tutto perché se, come si è detto, la storia della Fondazione segue le orme della storia della caduta dell’Impero romano, allora questa scelta si colloca perfettamente nel quadro. Con la caduta di Roma ci saranno numerosi tentativi di restaurare il leggendario Impero. Tentativi da parte di Giustiniano con la riconquista dell’occidente da parte del generale Belisario (=Bel Riose), tentativi di monarchi barbari di ‘scimmiottare’ le istituzioni e i titoli imperiali (=Anacreon, Kalgan), tentativi di rifondare davvero l’impero come fece Carlo Magno duecentocinquanta anni dopo la fine di Roma con il Sacro Romano Impero (=Fondazione). Ma in realtà tra l’XI e il XII secolo ci sarà la definitiva comprensione che l’istituzione semileggendaria dell’Impero in realtà è obsoleta, ed essa scomparirà sostituita dagli stati-nazione, che rimarranno fino ad oggi. Ed è quindi questo cammino storico che Asimov segue. L’Impero ormai obsoleto non è impossibile da restaurare, ma è inutile restaurarlo. I particolarismi sorti nella galassia saranno più facilmente coordinati non da un’istituzione centralizzata, ma da una Casa dei Mondi come quella che diverrà Galaxia.

In questo senso, quindi, la visione della Storia per Asimov assume un senso positivo, un senso progressista. E qui Asimov dimostra di riallacciarsi alle filosofie della storia più moderne e generalmente accettare. A partire, naturalmente, dall’idea della Storia secondo Giambattista Vico. Primo filosofo a fare della storia una scienza, Vico formulò la teoria secondo cui il corso della storia umana procede in corsi e ricorsi, ma sempre in un continuo progresso. In parole povere, la storia è fatta di periodi di progresso e periodi di regresso (i ‘ricorsi’) ma anche i periodi di decadenza possiedono in nuce le potenzialità di miglioramento. Ecco un famoso esempio di Vico, che calza a pennello col nostro discorso: l’apogeo dell’Impero Romano fu un periodo di indubbio progresso dell’umanità, a cui fece seguito l’evitabile regresso, cioè il Medioevo. Eppure, il medioevo non è un periodo totalmente negativo. Non si torna mai a un livello culturale precedente a quello dell’età classica, e il medioevo stesso possiede elementi che saranno alla base del nuovo progresso avvenuto con il Rinascimento (ad esempio, sempre nelle parole di Vico, la letteratura medievale possiede opere del calibro della Divina Commedia di Dante Alighieri). Appunto, quindi, se i mille anni di barbarie seguenti la caduta dell’Impero galattico sono un regresso, un ricorso, essi comunque possiedono le novità che creeranno un nuovo stato di cose migliore anche del precedente. Così come il Rinascimento e l’età moderna sarà un'epoca culturalmente e scientificamente superiore rispetto a quella classica, così Galaxia sarà un miglioramento rispetto al vecchio Impero galattico. Insomma, corsi e ricorsi non sono, come precedentemente teorizzato, periodi all’interno di un circolo chiuso infinito, ma c’è sempre un elemento progressivo. Celebre l’esempio della Storia secondo Vico assimilabile a una freccia che va verso l’alto, a simboleggiare la costanza insita nella Storia del progresso, ma che al contempo lungo la sua traiettoria ha delle specie di ‘onde cerebrali’, picchi verso l’alto e verso il basso che simboleggiano corsi e ricorsi.

 L’idea della Storia progressista di Vico è proprio la stessa idea che Asimov sembra avesse in mente delineando col tempo la grande saga della Fondazione. In effetti, anche il grande storico settecentesco Edward Gibbon, autore di quel Declino e caduta dell’Impero Romano così celebre nel mondo anglosassone e che ispirò Asimov nella sua opera, aveva la stessa idea di un progresso implicito nel corso degli eventi dell’umanità, da buon illuminista qual’egli era. Eppure, l’idea di Vico è fondamentale anche e soprattutto per un altro fattore: corsi e ricorsi, come si è detto, sono costanti nella Storia umana. Ebbene, dunque significa che sono anche prevedibili. Vico sembra credere a questa ipotesi, appunto perché egli è fondatore di quella che chiama la Nuova Scienza, che non analizza il mondo naturale ma ha come oggetto delle sue ricerche proprio la Storia, che essendo prodotta dall’uomo è completamente conoscibile (e quindi prevedibile) dall’uomo. In questo senso, Vico sembra appunto teorizzare le basi di quella Psicostoria tanto cara ad Asimov. Corsi e ricorsi devono per forza di cose essere concatenati, e dunque quando si è stabilito che ci si trova in un periodo di progresso è ipotizzabile che presto o tardi giungerà invece un regresso. In realtà Vico sottintende il fatto che la Storia, in qualche modo, si ripeta. Non si ripete pedissequamente e in modo sempre uguale come credevano gli Stoici, perché essa cambia sempre. Ma almeno nella sua impostazione la Storia si ripete. Ergo, potremmo aggiungere noi, è prevedibile

Segue

 
 
 

Metafore Machiavelliche

Post n°36 pubblicato il 04 Novembre 2005 da Mule1968
 
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El mulettino, poiché gli è impazato, si vuole trattarlo al contrario degli altri pazzi: perché gli altri pazzi si legano, et io voglio che tu lo sciolga. Daràlo ad Vangelo, et dirai che lo meni in Montepugliano, et dipoi gli cavi la briglia et il capestro, et lascilo andare dove vuole a guadagnarsi il vivere et cavarsi la pazzia. Il paese è largo, la bestia è piccola, non può fare male veruno; et così sanza haverne briga, si vedrà quello che vuol fare, et sarai a tempo ogni volta che rinsavisca a ripigliallo.

Tutto sommato, chi desidera dire la verità (impazato), ancora oggi, non stà a lungo senza briglia et capestro.

 
 
 

Tom's Quest

Post n°35 pubblicato il 04 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

Ci sono personaggi che ingabbiano un attore per sempre, ci sono canzoni che segnano la vita di un artista in modo indelebile. Una mi ha sempre colpito per la sua assoluta atipicità e, perchè no, unicità. Nessuno l'aveva fatta prima (molti avevano ed hanno continuato a fare pezzi a cappella, ma questa non lo è nel senso proprio del termine) nessuno ha seguito il filone dopo (molti l'hanno rifatta, ma si sà...gli anni 90...) perchè....perchè non poteva funzionare! Le era andata bene, ecco la verità, un'altra così non sarebbe riuscita. Ho voglia di tradurre, forse per piacere archeologico, il recente risultato di un giornalista musicale newyorkese, sulle tracce della storia e dei luoghi di Tom's Diner:

Tom's Diner Day

"Tom's Diner è stata scritta nel Tom's Restaurant, parla realmente del Tom's Restaurant, tra la 112ma e Broadway, a New York, ed è stata scritta partendo dal punto di vista del mio amico Brian, che fa il fotografo, ed un giorno mi esternò che, come fotografo, aveva la sensazione di vedere tutta la vita come attraverso ad una lastra di vetro, si sentiva sempre di essere testimone di un sacco di cose, ma di non rimanerne mai realmente coinvolto. Così, mentre una mattina sedevo al Tom's Restaurant, mi sembrò di vivere la medesima strana sensazione, mi prese completamente, così pensai 'Bene, se io fossi Brian, oggi, come percepirei tutti questi avvenimenti?' Il tutto, però, doveva risultare abbastanza umoristico, non doveva essere preso completamente sul serio. E provai anche a pensarlo da un punto di vista maschile. In origine la sentii con un pianoforte di accompagnamento, ma, siccome io non suono il piano, è venuta a cappella." Quindi sappiamo di che cosa tratta la canzone, ma possiamo determinare esattamente QUANDO fu scritta? Sebbene Suzanne ci fornisca un sacco di osservazioni, in raltà ci dice poco o nulla; persino il ristorante in se, è identificato come "the diner on the corner" dove "the man behind the counter" versa il caffè, signore abituali entrano e/o rimangono fuori. Persino il riferimento ad un quotidiano è vago:

I open
Up the paper
There's a story
Of an actor

Who had died
While he was drinking
It was no one
I had heard of

Proprio questo, abbastanza stranamente ci fornisce una traccia vera. Sebbene Suzanne, nelle sue note ad una versione del 1991, ci ricordi che la canzone è stata composta una mattina del 1982, Brian Rose, in un articolo del 1982 colloca il completamento di Tom's Diner, a metà fra il 1981 ed il 1982. L'apertura di questa finestra coincide perfettamente con l'intervallo di tempo della morte dell'attore William Holden, il cui cadavere fu scoperto lunedì 16 novembre 1981, nell'appartamento dove era rimasto per ben una settimana, morto dissanguato dopo essere caduto, ubriaco, contro lo spigolo affilato di un tavolo. La storia non era andata sui giornali fino a martedi, comunque, e non apparve sul New York Post - uno degli unici due quotidiani newyorkesi con fumetti - fino al mattino del mercoledì, 18 novembre 1981. Basandoci sul contenuto stesso del Post e sui ricordi di Suzanne vecchi di vent'anni, è quasi certo che il giornale della canzone sia stato questo. In effetti William Holden è stato un attore piuttosto ben conosciuto all'apice della sua carriera, che coincide, però, con la nascita di Suzanne. Non ci sorprende dunque che fosse "no one I had heard of".

And I'm turning
To the horoscope
And looking
For the funnies

Sebbene queste azioni appaiano non correlate, in realtà lo sono: il 92-pagine-a-singola-sezione New York Post, non è ciò che si può definire il quotidiano più "reader's friendly" e, in questo particolare giorno, l'oroscopo quotidiano è nascosto in mezzo alla pagina dei fumetti. Così il sistema più semplice e veloce per trovare l'oroscopo è "looking for the funnies", appunto, a pagina 30. La ragione per cui Suzanne potrebbe non avere incluso maggiori informazioni riguardo al suo oroscopo, potrebbe essere che, in quel particolare giorno, non era davvero memorabile. Quindi possiamo collocare gli eventi della  "story of an actor" il mercoledì 18 novembre 1981. C'è solo una piccola contestazione a questa teoria: le previsioni del tempo del Post per quel giorno che danno "parzialmente soleggiato" e limpido, senza alcuna speranza per un pò di pioggia fino, almeno, al venerdì successivo. Costretta a confrontasi con questa contraddizione, Suzanne ha di recente confessato:"E' evidente che Tom' Diner non è stata scritta riguardo ad una sola mattina, ma piuttosto almeno due - ricorda una serie di eventi concatenati che fanno risalire la scrittura a qualche mese più tardi - e la mattina piovosa in questione fu nella primavera del 1982. Nonostante ciò, il 18 novembre del 1981, è quanto di più vicino potremo mai trovare alla data degli eventi narrati in Tom's Diner, il "rainy day" in primavera è probabilmente troppo vago, mentre le date degli altri eventi, quali il "Midnight picnic" di Suzanne con Jack Hardy sulle scale della cattedrale sono noti solo ai presenti del tempo (sebbene l'annotazione di Suzanne riguardo al fatto che avvenne "before the rain began", collochi temporalmente anch'esso nel 1981.

David Hammar

 
 
 

Scemo, più scemo

Post n°34 pubblicato il 03 Novembre 2005 da Mule1968
 
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In politica la stupidità non è un handicap.

Napoleone

 
 
 

Eroi, nel vento

Post n°33 pubblicato il 03 Novembre 2005 da Mule1968
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Colonna Sonora

"C'era un sogno, che era Roma...", oppure "Tutti muoiono, ma non tutti possono dire di aver vissuto veramente..." del romantico William Wallace. Chi è l'eroe, nel  XXI Secolo?

Un testo, forse premonitore, uno dei pochi nella storia del Rock italiano a meritare una lettura:

"Scatti ai nervi e i sensi che/Le ombre dei sogni scuotono/ Spazza vento e porta via/ Il bambino che gioca con il mare/ Non sarò eroe / Non sarei stato mai/ Tradire e fuggire/ è il ricordo che resterà/ Eroi nel vento / è la noia che scava dentro me/ Solo noia che scava dentro me/ Guerre di eroi/ Tradite senza pietà/ e svanite nei secoli".

 
 
 

W le golose!

Post n°31 pubblicato il 02 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

Questa mattina mi sento molto vicino (tre giorni di bagordi dilatano lo stomaco, eh?) alle signore che tristi hanno constastato, al rientro, i danni del ponte al loro girovita. In più, questa poesia, è stata composta dall'autore, seduto nella confetteria che io maggiormente amo.

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
Signore e signorine –
le dita senza guanto –
ritornano bambine!

Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.

C’è quella che s’informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta o forma.

L’una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupile ghiotte.

Un’altra – il dolce crebbe –
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!

Un’altra, con bell’arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall’altra parte!

L’una, senz’abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare

sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D’Annunzio.

Fra quegli aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,

di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!

Perché non m’è concesso –
o legge inopportuna! –
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,

o belle bocche intatte,
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.

Guido Gozzano

 
 
 

Groundhog Day

Post n°30 pubblicato il 02 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

Buongiorno campeggiatori, camperisti, campanari! Oggi è il giorno della marmotta!

Ovviamente no, non è ancora il 2 febbraio, ma non avete anche voi la sensazione che le giornate si assomiglino un pò, quando ci si incammina verso l'inverno?

 
 
 

Tears

Post n°29 pubblicato il 02 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

I’ve seen things, you people wouldn’t believe.
... attack ships on fire off the shoulder of orion.
I’ve watched c beams glitter in the dark near the tannhauser gate.
All those moments, will be lost in time like tears in rain...

Tutti quei momenti, saranno persi nel tempo come lacrime nella pioggia...

Colonna sonora

 
 
 

You've got mail

Post n°28 pubblicato il 01 Novembre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

Le ricerche di Eric Berne partono, non tutti lo sanno, da una serie di esperimenti scientifici svolti sul metodo di immagazzinamento dei ricordi che utilizza il nostro cervello. Grazie a localizzati ed infinitesimi stimoli elettrici il cervello ci dà una serie di risposte che sintetizzeremo con i seguenti enunciati: 1) noi stiviamo i ricordi in ordine cronologico 2) noi non immagazziniamo le informazioni, i dati (temperatura, luce e colori, altezza ecc.), ma esclusivamente le emozioni che l’avvenimento ci ha provocato. Vale a dire, nell’atto del vivere, non ci poniamo mai nei confronti di un evento qualsiasi come recettori di informazioni, ma esclusivamente come “trasformatori” emotivi (interessanti le conseguenze sulla percezione della realtà, che richiederebbero però un tragitto tangenziale rispetto all’obbiettivo di questo post). Facendo un salto di una dozzina di anni - questo è il tempo intercorso tra la “transazione” di Berne e la “comunicazione” (così la chiamiamo tutt’oggi) di Watzlawick – possiamo cominciare a scomporre l’evento in tante piccole parti per scoprire che, procedo alla velocità della luce, la componente inerente il contenuto (ad esempio lo scritto, che è l’unica parte che noi negoziamo, nel mondo virtuale) non supera il (ormai famoso) 6-7%. Dal punto di vista emotivo, questo cosa comporta? Il nostro cervello non è in grado di accettare una transazione così emotivamente povera, provvede pertanto a completarla da solo, attingendo nel modo più vario e personale all’interno dei bacini emotivi pregnanti del ricevente. In quattro parole, ma non c’è molto di più da dire senza sfociare nel romanzo, questo è ciò che accade nelle relazioni “virtuali”, blogghiere o chattiere che siano. Questo, naturalmente, a condizione che le identità che stanno “transando” emozioni, siano, a priori, vere e sincere e non identità di comodo o di fantasia. Cosa c’è di vero nei sentimenti che si provano nel mondo virtuale? Tutto, perché riguardano essenzialmente, noi stessi, almeno per il 93%. Il punto, a dire di alcuni recenti pubblicisti sull’argomento (tutte donne, non ci avevo mai fatto caso fino ad ora), non è tanto la genuinità del sentimento provato, che è fuor di dubbio, quanto l’intensità. L’assenza dell’interlocutore nella sua fisicità, permette la purezza e l’idealizzazione dell’emozione, che ci appaga completamente (è nostra, ci mancherebbe che non fossimo capaci di crearci un’emozione perfetta, su misura!) tanto che la sensazione affettiva rasenta l’incandescenza, innamorarsi è quasi la norma, appartiene all’inevitabile.

 Come difendersi…ma soprattutto, perché mai difendersi??? Chissenefrega di difendersi…..

 
 
 

Edie Brickell

Post n°27 pubblicato il 28 Ottobre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

Me, I'm a part of your circle of friends
and we notice you don't come around
Me, I think it all depends
on you touching ground with us.
But, I quit. I give up.
Nothing's good enough for anybody else
it seems.
And I quit. I give up.
Nothing's good enough for anybody else
it seems.

And being alone
is the best way to be.
When I'm by myself it's
the best way to be.
When I'm all alone it's
the best way to be.
When I'm by myself
nobody else can say goodbye.

Everything is temporary anyway.
When the streets are wet --
the color slip into the sky.
But I don't know why that means you and I are
- that means you and....
I quit -- I give up.
Nothin's good enough for anybody else it seems.
But I quit. I give up.
Nothing's good enough for anybody else it seems.

And being alone
is the best way to be.
When I'm by myself it's
the best way to be.
When I'm all alone it's
the best way to be.
When I'm by myself
nobody else can say...

Me, I'm a part of your circle of friends
and we notice you don't come around.

 
 
 

Come un ombra

Post n°26 pubblicato il 28 Ottobre 2005 da Mule1968
Foto di Mule1968

Porto di Genova. Sotto l'ombra del check in, dall'interno della mia auto intravedo stagliarsi contro il cielo la bianca mole del traghetto. Il blu ed il bianco fungono da, ben modesta, anticipazione della meraviglia liquida in cui da lì a poche ore mi immergerò (no, non stò parlando del vermentino). Il Mare, il Sole, gli scogli, meritata catarsi di un anno gelido nella sua durezza... ma eccolo, è lui, puntuale come un maledetto orologiaccio al quarzo delle bancarelle: il "magone". Si quell' oscuro pensiero che ti passa per la testa mentre stai per avere un momento felice, il "magone", che ti sussurra: "finirà...finirà presto".

Non c'è fuga, il "magone" non cade in tranelli, entri in un centro commerciale, vuoi comprare un profumo,ma ecco all'ultimo secondo cambi idea, imbracci un abito ed infili la porta del camerino, fra te e te pensi: ti ho fregato! E' un attimo, un istante, quella vocina:"ti starà da schifo...anche se ti sembra che ti stia bene....infatti non capisci niente di vestiti...lo sai..." Per non parlare di che cosa è capace di dirti mentre stai assaggiando l'arte del più sublime chef, o assaporando una dolce vittoria! Mentre a dieci centimetri da terra cammini al fianco di colei-che-è-discesa-dal-cielo, "finirà...prima o poi..." ti sussurra mielosamente. E' una forma di insicurezza, mi dico, si cura, quindi, con l'analisi, bene! Eccoti sdraiato sul lettino, socchiudi gli occhi, finalmente pronto a risolvere il tuo problema, "non servirà a niente... sai come sei fatto..". Dottore, ha detto qualcosa? No di certo, Caro (caro sarà lei!).

Distrutto, Lei ti ha lasciato, non ha resistito alla tua ennesima incertezza, tu da solo sul cornicione non osi guardare di sotto. Il vento nei capelli, gli occhi socchiusi, pensi: Ti ho fregato, ce l'ho fatta, ora non puoi più tormentarmi. Tu sia maledetto! Non mi puoi più nuocere!

"Cosa fai?...potresi rimanere su una sedia a rotelle per tutta la vita...." 

 
 
 

Non solo poeti...

Post n°25 pubblicato il 27 Ottobre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

Tandem venit amor, qualem texisse pudori
    quam nudasse alicui sit mihi fama magis.
Exorata meis illum Cytherea Camenis
    adtulit in nostrum deposuitque sinum.


Sulpicia

È giunto amore finalmente. Nasconderlo
sarebbe assai più grave vergogna che svelarlo.
Commossa dai miei versi, Venere lo portò
sino a me,
tra le mie braccia, compì la sua promessa.

Non voglio offenderti con la traduzione...

 
 
 

La vita bucolica di campagna...

Post n°24 pubblicato il 27 Ottobre 2005 da Mule1968
 
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Ecco come sono arrivato al lavoro questa mattina...

Foto: poco fa.

 
 
 

Manifesto

Post n°23 pubblicato il 27 Ottobre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati, seu plures hiemes, seu tribuit Iuppiter ultimam, quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero


Non domandarti – non è giusto saperlo – a me, a te
quale sorte abbian dato gli dèi, e non chiederlo agli astri, o Leuconoe; al meglio sopporta quel che sarà:
se molti inverni Giove ancor ti conceda o ultimo questo che contro gli scogli fiacca le onde del mare Tirreno. Sii saggia, mesci il vino – breve è la vita – rinuncia a speranze lontane. Parliamo e fugge il tempo geloso: cogli l'attimo, non pensare a domani.

 
 
 

La Goccia

Post n°22 pubblicato il 27 Ottobre 2005 da Mule1968
 
Foto di Mule1968

Una goccia d'acqua sale i gradini della scala. La senti? Disteso nel buio, ascolto il suo arcano cammino. Come fa? Saltella? Tic, tic si ode a intermittenza. Poi la goccia si ferma e magari per tutta la rimanente notte non si fa più viva. Tuttavia sale. Di gradino in gradino viene su, a differenza delle altre gocce che cascano perpendicolarmente in ottemperanza alla legge di gravità, e alla fine fanno un piccolo schiocco, ben noto in tutto il mondo. Questa no: piano piano si innalza lungo la tromba delle scale lettera E dello sterminato casamento... sarebbe per caso una allegoria? Si vorrebbe, per così dire, simboleggiare la morte? o qualche pericolo? o gli anni che passano? Niente affatto, signori: è semplicemente una goccia, solo che viene su per le scale. O più sottilmente si intende raffigurare i sogni e le chimere? Le terre vagheggiate e lontane dove si presume la felicità? Qualcosa di poetico insomma? No, assolutamente. Oppure i posti più lontani ancora, al confine del mondo, ai quali mai giungeremo? Ma no, vi dico, non è uno scherzo, non ci sono doppi sensi, trattasi ahimè proprio di una goccia d'acqua, a quanto è dato presumere, che di notte vien su per le scale. Tic,tic misteriosamente, di gradino in gradino.

 E perciò si ha paura.

Dino Buzzati

 
 
 
 

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