Domenica
scorsa, a borse chiuse, la Cina ha tirato fuori 586 miliardi di dollari
di risorse statali per i prossimi due anni, l'equivalente del 20% del
Pil cinese. Secondo Federico Rampini di Repubblica il paragone non va
fatto coi 700 miliardi del piano Paulson destinati a ricapitalizzare le
banche, ma coi 200 miliardi di dollari di sostegno alla crescita varati
quest'anno negli Usa. Secondo Pino Longo, corrispondente Rai da
Pechino, la cifra stanziata dal governo cinese, paragonata al tenore di
vita dei cittadini cinesi, equivarrebbe a 2000 miliardi di dollari.
"Negli ultimi due mesi - si legge nel comunicato diffuso ieri a Pechino
- la crisi finanziaria globale ha avuto un'accelerazione giorno dopo
giorno. Di fronte a questa minaccia dobbiamo aumentare gli investimenti
pubblici in modo energico e rapido".
Si preannuncia una "politica fiscale aggressiva" fatta di maggiore
spesa pubblica e sgravi d'imposte, insieme con una "politica monetaria
espansiva" (nuovi tagli dei tassi, dopo che la banca centrale ha già
ridotto per ben tre volte il costo del denaro da metà settembre). La
terapia shock sarà mirata anzitutto a "migliorare le condizioni di vita
della popolazione, perché possa aumentare i consumi".
La terapia d'urto includerebbe nuovi investimenti pubblici
nell'edilizia popolare, l'accelerazione della costruzione di ferrovie e
aeroporti; investimenti nelle energie rinnovabili; spese sociali a
favore delle fasce più indigenti; prestiti alle piccole e medie
imprese; detassazione sugli acquisti di macchinari industriali.
Insomma, un vero e proprio New Deal, in salsa cinese.
Mentre negli Usa si contano i giorni dell’insediamento di Barak
Obama, e nel frattempo si cerca di capire se anche la sua nuova
amministrazione vorrà e saprà prendere di petto la situazione
economica, come il neo presidente ha già detto nella sua apparizione
pubblica dopo la vittoria elettorale, il resto del mondo sembra
intontito, come la lepre abbagliata dai fari di un’auto. L’ubriacatura
neoliberista sembra dura da digerire.
E’ il corso il G20, ma finora l’unica notizia degna di nota è il
richiamo in patria del ministro dell’economia cinese domenica scorsa,
per varare appunto il piano cinese anti-recessione.
In Italia? A parte tagli alla spesa pubblica, che stanno facendo
protestare il mondo della scuola e i dipendenti pubblici; a parte la
vicenda Alitalia, che caricherà il contribuente di ulteriori enormi
oneri, e che al contempo ha creato una situazione libanese tra i
dipendenti; a parte i tagli alla sicurezza e alla giustizia; insomma, a
parte i tagli che scopriremo quando la Finanziaria sarà varata, il
governo italiano sembra imbambolato.
Cala la produzione industriale, calano i consumi, si stanno perdendo
migliaia di posti di lavoro, si stanno abbandonando al loro destino
migliaia e migliaia di lavoratori precari, proprio mentre il Parlamento
si accinge all’esame della legge Finanziaria discussa in nove minuti e
mezzo al Consiglio dei ministri, nove settimane e mezzo fa, prima della
crisi dei mutui, prima dell’arrivo della recessione, prima della misure
straordinarie prese negli Usa e in Cina.
Il ministro Tremonti ha detto: “Da qui a Natale tutti i paesi europei prenderanno i loro provvedimenti". Ci fa piacere.
Nel frattempo, per ingannare la recessione, potremmo metterci a
cantare: “Mo’viene Natale, nun tengo denare, me leggo 'o giurnale e me
vaco a curcà!.
Inviato da: ninograg1
il 17/09/2013 alle 07:00
Inviato da: ninograg1
il 17/09/2012 alle 18:21
Inviato da: nonpiu
il 25/07/2009 alle 20:32
Inviato da: nonpiu
il 05/06/2009 alle 23:10
Inviato da: nonpiu
il 28/05/2009 alle 21:10