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IL SILENZIO DEI VIP

Lettera pubblicata da "La Nuova" il 27 luglio.
E' mai possibile che la Sardegna venga cercata o venga vista solo per due mesi l'anno?
La nostra bella Isola ha vissuto dei momenti durissimi e difficili per il sequestro di Titti Pinna e quando abbiamo bussato alla porta di questa "bella gente" cercando aiuto, nessuno ci ha aperto, ci è stato addirittura consigliato di fare silenzio.
In definitiva nessuno ha avuto un occhio di riguardo per un uomo ridotto in catene da persone senza scrupoli. Per otto lunghi mesi la Sardegna era Terra di Nessuno, solo dei sardi, che gridavano a gran voce: "No ai sequestri, liberiamo Titti Pinna!". E oggi invece la Sardegna non è dei sardi, se non si hanno soldi in tasca non ci si può nemmeno passare vicino alle nostre bellissime Coste. La Sardegna è in mano a quelle persone che se ne sono infischiate di quell'uomo in catene, e se ne sono infischiate della Sardegna stessa.
I padroni dei locali alla moda, sentendosi a casa qui in Sardegna, non hanno mai pensato di fare un appello per la liberazione di Titti in tutti questi mesi? Non devono pensare solo di sfruttare la Sardegna e guadagnare qualcosa in estate, dovrebbero pensare anche che questa non è casa loro, sono ospiti.
Cari "Vip", non avete fatto niente prima, fatelo ora.
Rosanna Sechi, Bonorva
 

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CASO CAMPUS ..19 GIORNI DI SILENZIO

Post n°92 pubblicato il 13 Ottobre 2009 da frickpeace

FLORINAS. Diciannove giorni e neppure un segno. Silenzio totale sulla sparizione di Gianfranco Campus, l’allevatore di 57 anni prelevato la notte del 24 settembre dalla casa del maneggio «Contessa» a Florinas. Rapito e portato via, ma non per chiedere il riscatto.

Nessuno ha chiamato la famiglia e non risultano messaggi fatti arrivare attraverso altre persone. Niente, neppure un soffio (solitamente dal mondo della campagne arriva sempre qualche indicazione seppure codificata), tanto che si teme per l’incolumità di Gianfranco Campus. Gli investigatori non lo ammettono, ma tra le ipotesi più accreditate c’è proprio quella che l’allevatore sia stato prelevato da qualcuno e portato via per un regolamento di conti. Storie vecchie o recenti non fa molta differenza. Anche se sarebbe utile avere elementi precisi in mano per dare una svolta all’attività investigativa.

Per cercare di tenere viva l’attenzione, ieri il l’Associazione giovanile cattolica «Gioventù Cristiana» ha lanciato la mobilitazione su internet, tramite il social network facebook: è stato creato il gruppo «Liberate Gianfranco Campus» che sta crescendo con il passare delle ore. E Gioventù Cristiana ha anche annunciato che fra breve terrà a Sassari una manifestazione silenziosa «quale strumento pacifico di sensibilizzazione dei cittadini nei confronti del fenomeno dei sequestri di persona in Sardegna». E’ una storia che si ripete. Anche per Titti Pinna - considerato nelle prime settimane un sequestrato di serie B - c’era stata la mobilitazione del popolo di internet e dei gruppi cattolici. Unica differenza: la telefonata fatta dall’ostaggio, appena dopo il prelievo, per chiedere un riscatto di 300mila euro. Nel caso di Gianfranco Campus niente telefonata, perchè il sequestro - come è facile comprendere - non è a scopo di estorsione. E chi l’ha portato via non sembra per niente interessato a lasciare un resoconto del suo passaggio. Anche se è altrettanto evidente che c’è gente che sa più di quanto ha già detto ed è in grado di agevolare il lavoro dei carabinieri del Reparto operativo del comando provinciale che stanno seguendo la vicenda. Resta il mistero del perchè del prelievo e del trasferimento dell’allevatore: se doveva essere regolamento dei conti poteva avvenire anche sul posto, a meno che l’intenzione dei sequestratori non sia quella di non fare ritrovare il corpo.

I carabinieri lavorano senza sosta. Al centro dell’attenzione uno strano episodio accaduto in carcere (prima della sua scarcerazione, avvenuta nel 2007, ci sarebbe stato lo scontro con qualcuno); minacce di morte dirette ricevute più di recente da parte di una persona che conosceva bene e che aveva frequentato abitualmente; la storia di una donna che potrebbe portare qualche indizio interessante. Per il resto una attesa snervante. Maria, sorella di Titti Pinna, ha confidato che non bisogna perdere la speranza «che la telefonata potrebbe arrivare». Infine un riferimento a Gianfranco Campus: fisicamente non stava bene.

Chi l’ha visto pochi giorni prima del sequestro bere una camomilla al bar ha riferito che aveva la mano tremante. «Se davvero sono andati in sei a prenderlo, vuol dire che gli altri cinque sono rimasti a guardare». Insomma, non c’era bisogno di un nucleo di prelievo di prim’ordine per portare via l’allevatore di Florinas. E chi ha agito lo sapeva bene.
(13 ottobre 2009)

di Gianni Bazzoni
tratto da La Nuova Sardegna
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Commenti al Post:
frickpeace
frickpeace il 13/10/09 alle 20:46 via WEB
Vi terremo informati su un'evventuale manifestazione.
 
safurraja
safurraja il 14/10/09 alle 18:55 via WEB
Su mudimene est torradu appena ch’ana furadu un’omine. Aberrer runcu est comente anne peldere sos casciales! Parin bezzos cadroddos cun sas zinzias tottu iscaldidas. E suldos pedrales sunu. E narant puru chi niunu parit chi lu connoscat! Acconzos semus. Boh, Boh. Torrados bi semus a istrocchire sas munincas. Già est beru chi deris sa Nuova e s’Unione an torradu a fentomare cuss’iscuru, ma sos pizzinnos de oe, bae tue, a los cumprennere ite cherent bi cheret fadiga. Sun fattos tottu a s’imbesse. Como giughene a pane e cariga custu “faccinbucca” … nò ma ite est poninne a pare? Sempre istroppienne sas peraulas istranzas! … Tue mudu e faghe su chi ses faghinne! Intantu, si narat , simmai, “uccainfaccia”, ca sa ucca est in cara e no a s’imbesse comente naras tue. Ma allu cheres biere custu istudiadu, como chi frecuentat sa prima media cheret insinzare a mie ue s’agattat sa ucca! Ohi, ohi, ello bah, bah. E poi ite cheren fagher in cussu nicciu, costoidos. E chie los biet? Nisciunu! Onzunu giughet unu bullettinu e solu issos bi podent intrare in cussu nicciu. Ma cantu est lalgu custu logu, mi dimanno, azis a essere tottu a pispirinu po bi istare. Ma chie bol ne illagazzat pius dae igue si giughides sos binujos aggaizzonados? E invece, bisonzat chi ne alziedas su culu dae sa cadrea … nò, torrente b’est … ehi, no mi isteules! Puite, mezus in italianu est: alzate il deretano dalla sedia. Pucci pucci. Custa olta a mie parit chi siat peus de canno si cheriat digugliare in Cadreas. Ma fint tottu addoloridos, e a Cadreas l’ana idu in binoculu (a bos l’ammentades?.Però, tanno, assunessi una passizzada este istada fatta, calchi mese prima. Inoghe, invece, ant seberadu de sicche inserrare in custu magasinu giamadu faccinbucca. Ma no bi istedes troppu, meledennne ite fagher. Mira mì, già l’ischides, no bi istentedas troppu in cussu logu ca a che istuppare a fora, si sezis istados troppu inserrados, bi cheret solu sa pulga.
 
safurraja
safurraja il 23/10/09 alle 18:14 via WEB
A cantu paridi ada fattu effetu solu a parizzos. Sos ateros si che sunu istados ue fini e no sicche ana ingultu nudda.. Ingroddidos fini, in cussu logu chi no chelzo mancu torrare a fentomare, ingroddidos sunu restadados. Cussos no ti azzuana mancu si tiene calenne che i s’appara!. Issos sighi sunu pessonas ziviles! Bae bae no, tenene dolu né de s’iscuru, né de sas fizas chi d’eris ana abeltu sa pultescione.in tathari. Comente fatto a l’ischire si fia in domo? Zeltu chi l’isco! Elle nocche fidi inie su sulvile. E ite pensaizis chi isse puru restaiat in s’appusentu? Acconzos sezis, tanno no lu connoschides bene. Cheste istuppadu, mancari esserat purur die mala, cun cussos battoro attos de amigos, chena mi narrere nudda. Ma già ischia ue fidi truvenne. E l’appo aisettadu finzas a taldu. Non mi so movida, ca el beru chi giughia unu pagu de romadia, ma su chi no mi faghiat annare fini sol dolores, ispuntados in custu tempus che i sos cugumeddos. Como los intenno in tottu sos ossos, e zoccheddana puru chi parini sas matraccas de sa chida santa. Gia el beru chi cun custu fattu feu, parimos in caresima, ma a ponne pè in zittade no b’aiat afficcu; po no fentomore sa pressione chi est cominzenne torra a che ponner pè. Aisettenne, ingalenada micche so’, e canno so torrada in sé mi so agattada su passarizzu tottu pienu de calzettas d’onzi colore: in fila binne aiat una biaitta, s’attera groga, bianca e ruja chi pariat sa bannela continentale e poi sas atteras. Ma it’este su male chi tenet a minne attire tottu custu corredo? Boh, boh. No bi l’appo mancu dimannadu ca fit dromminne che pudidu. Però in su sonnu ses postu a chistionare: “su carrucciu, a su carrucciu, no bi cheret sa roda de iscolta ca este tottu buccada”. Cessu peldeu, si tinne parit beru! Ma a tinn’ischidas e la finis de narrer macchines! E ischidadu ne l’appo po mi raccontare tottu. Como deo no isco ite fagher cun custa criadura. Si li che costoo su traste, sas notiscias de su munnu las leggede in sos giornales, si no comporo giornale si las leggede in su traste de iscola. E no poto annare mancu a scioperare po no li fagher ischire sos macchines . E tanno? E tanno li naro a no sicche ponnere patatas, né zimineas in conca, ca sa vida nostra este attere. No nos podene giughere che conca caddina. Invece devimos dare, a chie tenet famine, subitu su pane e poi su zappu; a chie mancat su estire, s’istimenta noa, e a sos chi sunu presoneris, sa libeltade. Gai narat su liberu de duamizza annos faghet, e finzas cussu pius antigu. Tanno amos a essere nois matessi e gai amos a torrare a essere pessonas ziviles comente nos a fattu babbu soberanu.
 
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