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NON ME LO SO SPIEGARE

Post n°9 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da JILMARY

Quando ho guardato la mia mano, così, per caso, prima di martedì, mi sono ricordata di quella volta che la zingara ha letto una grande solitudine e poi un grande amore, e poi ancora solitudine. "Perchè c'è un'isola", mi disse, "...e questa isola, e le due linee che la delineano, sono le braccia che ti tengono stretta".

Ho guardato attentamente quel groviglio che segue le linee, ricordando la grande solitudine che le precedeva, ed ho realizzato improvvisamente che non è sempre tutto così semplice e non esistono sempre isole.

Eppure eravamo felici. O forse lo ero sola, felice, tu no e la tua tristezza mi è crollata addosso come crollano gli edifici di cemento armato dopo una detonazione.

Se avessimo avuto un rudere, probabilmente, non avrei avvertito nessuna fitta al cuore, forse non mi sarei sentita nemmeno così avvilita. Avrei preso coscienza che prima o poi qualche mattone logoro potesse fracassarmi la testa.

Invece io guardavo in giardino, e sotto la neve, osservavo i tulipani e le rose.

Per giorni mi sono sentita schiaffeggiata da una lunga fila di perchè, come il cassiere delle poste centrali nel giorno di pagamento delle pensioni.

Frustrata da un solo senso di colpa. Guardando l'orologio, in attesa dell'ora di chiusura. 

Un'ora che non arrivava mai, l'orologio girava a contrario e mi riportava continuamente a rivivere le mie paure, le parole stonate in un'armonia di musica, i dubbi che hanno affollato la mia mente, come le api sul miele. Tutto è sembrato improvvisamente chiaro, cristallino, lentamente la storia aveva una trama, una tresca.

Ho creduto, che se qualcuno avesse avuto una ragione per alzarsi dalla sedia e disturbare il mio quotidiano, avrebbe dovuto avere ascolto. Quantomeno un senso.

Le rughe che cominciano a segnare il mio viso nascondono l'incertezza di un'adolescente, che tu chiami gelosia, ma è solo paura. Queste rughe mi hanno suggerito per un attimo la saggezza di screditare ogni sospetto, distogliere da te ogni dubbio e proclamare la mia fede senza esitazione. Ma nell'insistenza, nel promettere le prove del fattaccio, hanno dipinto sul mio volto la smorfia della disillusione.

Non ti ho creduto. Ed era San Valentino. Delle rose che non ho ricevuto mi sono rimaste le spine che la notte si adagiano comode sul letto e non mi fanno dormire.

Non ti dovevo delle scuse e non te ne devo. Chiederti scusa perchè non ti ho creduto quando mi guardavi, scioccato dalle mie angosce, mentre ripetevi di non aver fatto assolutamente niente. Avrei dovuto ascoltare il mio cuore, invece di tappargli la bocca come io sola so fare. Non posso chiederti scusa perchè in quel preciso istante, nell'attimo stesso in cui i vostri nomi si sono incrociati, ho chiuso gli occhi e preso a pugni la ragione.

So dare un nome ad il tuo tempo. Il tempo di riflettere. Di stare lontani. Di stare un pò soli. Noi che soli non ci siamo sentiti mai. E mi chiedi di non piangere e mangiare. Non è facile, ed è strano, perchè l'amore è una cosa semplice. E nella più semplice delle cose io ho trovato la più preziosa. Non so cosa sarà di noi. Non lo so. Non me lo so spiegare. Non mi so spiegare perchè le tempeste distruggono i giardini, e appassiscono i gerani dei nostri balconi, perchè l'acqua corrode la roccia, o perchè la gente smette di amarsi. Non lo so.

Quello che so, è chi sono io. 

Non ha importanza ora se si può evitare una goccia, se il vaso è pieno trabocca anche con un soffio di vento. L' importante è continuare a remare. 

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