Il 15 gennaio il Corriere delle Sera ha pubblicato un articolo sul record dei cesarei (90%) in una nota clinica romana.
Purtroppo il tasso dei cesarei in Italia è in costante aumento e secondo il Dott. Di Lallo dell’Agenzia di Sanità Pubblica “tra 10 anni quasi tutte le donne partoriranno in sala operatoria”.
L’Italia è il terzo paese al mondo per tagli cesarei, il primo in Europa e non è raro che una clinica raggiunga l’80% di tagli cesarei. L’incidenza è nettamente inferiore in ospedale anche se la maggioranza dei nosocomi supera abbondantemente il tetto del 15% indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Tutto questo nonostante il costante impegno dei piani sanitari ad abbattere la percentuale del parto chirurgico e riportarlo a livelli europei.
L’articolo del Corriere prosegue con un’intervista ad un ginecologo romano, il Dott.Zupi, secondo il quale è l’applicazione alla medicina difensiva che causa questo stato di cose e che “noi non siamo dei martiri…se una donna è minimamente a rischio la spingiamo verso il parto chirurgico, quando non è lei stessa a chiederlo come spesso accade, specie se si tratta di donne ben informate”.
Donne ben informate dice? Ma le donne sono informate dell’aumento della mortalità materna e fetale che si accompagna all’intervento chirurgico in assenza di un’indicazione medica?
Infatti il taglio cesareo, salvavita quando necessario, (dal 5% al 15% , a seconda dello stato socio-ecomonico) è associato a rischi aumentati, rispetto al parto spontaneo, sia per la madre che per il bambino (Centro Nazionale di Epidemiologia , I.S.S.).
La medicalizzazione della nascita con l’impiego di tecnologie diagnostico-terapeutiche invasive, usate indipendentemente dalla reale necessità, promuove un senso di inadeguatezza della donna: un vero e proprio processo di dis-empowerment .
Malgrado questo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità ci dicono che il 90% delle donne che hanno partorito spontaneamente confermano, subito dopo il parto, la preferenza al parto vaginale .
Ma sorprendentemente anche il 70% di donne che ha partorito per via chirurgica avrebbe preferito un parto naturale.
Dunque, a differenza da quanto viene dichiarato, le donne vogliono partorire e i motivi che spingono all’aumento dei cesarei sono da ricercare altrove.