Parole in confusione

il ritorno


Si riparte con un numero in meno nel parco macchine, momentaneamente. La prima novità si materializza col cambio di percorso per raggiungere il solito posto di lavoro a bordo della “vecchia” Yaris. Subito l’insicurezza è arrivata a farmi visita e non è stata una sensazione piacevole da sostenere. Pensavo all’eventualità di un altro incidente, all’assurdità delle probabilità e a cosa avrebbe portato nelle conseguenze. Arrivo a parcheggiare senza ragioni per aggravare il momentaneo pessimismo e aggiungendo un punto sotto la casella “più unico che raro”. A lavorare l’accoglienza era, al solito, sbilanciata sull’umanità e sulla comprensione, manifestata nei giorni precedenti attraverso quelle due telefonate che mi avevano sorpreso, all’insegna del “cerca di stare bene”. Adesso bisognava recuperare tutto quello rimasto in sospeso, accumulato sottoforma di materiale da verificare, contare e depennare dalla lista di spunta.Qualche consegna nel pomeriggio mi aveva anche fornito un alibi per fermarmi velocemente alla carrozzeria che aveva in cura la mia macchina. Dopo il primo, dissacrante preventivo, il mio sconforto non poteva far altro che essere visibile ad occhio nudo da una distanza di 500mt poi ci aveva pensato mia madre a restituirmi quella bellissima cosa che è la speranza imbeccandomi sul marito di Katia (figlia di amici di famiglia con cui ho passato tanto tempo libero della mia prima giovinezza) e, appunto, sul suo lavoro. La promessa di farmi spendere il meno possibile già mi bastava visti quegli ingiustificabili 6000Euro di preventivo paventati in prima battuta. Fermo il camion davanti alla carrozzeria, inserisco le quattro frecce e faccio il mio ingresso, notando la presenza di una Yaris nel parcheggio. Dentro trovo anche i miei genitori che stanno sostenendo l’interessante (per le mie finanze) colloquio dall’esito troppo simile al precedente per regalarmi un sorriso. Torno a lavoro con la consapevolezza di non poter fare più niente per rimediare. Sono costretto a ripararla nonostante la mia disponibilità a fare dei sacrifici e questo significa lavorare 6 mesi per rimediare ad un istante di disattenzione. Neanche per la musica credo di aver mai speso una cifra del genere e adesso mi tocca farlo per un pezzo di lamiera che non è fondamentale per la sopravvivenza dell’essere umano. Torno a casa in compagnia della tristezza. Non riesco a sorridere perché è finito il mio turno di lavoro. So che non avrò tempo per dedicarmi a me stesso e nemmeno a quell’ispirazione arrivata e lasciata lì ad aspettare sul foglio, emblema dell’inutilità di questi giorni. Devo reagire e dedicare tempo alla ricerca di un compromesso anche se trovarlo (il tempo) sarà difficile. Arrivato a casa mi aspettava la doccia, la cena, la lezione di piano e l’uscita con destinazione Forlì (FC) della band dei Morgana decurtata, per ragioni d’amore, di un componente. Siamo in quattro e dall’elenco stampato dei locali della zona ne individuiamo una decina che Beppe mi detta, dal sedile posteriore, mentre io li individuo sulla cartina, dividendoli tra “zona “centro” e zona “viale”, in una specie di battaglia navale (es. Tav.1 B-3). Arrivati alla porta della città parcheggiamo nei pressi del primo pub prescelto, il “Pride”. Io e Beppe, che nel frattempo aveva pestato una merda, diamo il via a questo tour preventivo che come scopo principale ha quello di trovare date da dare in pasto allo spettacolo, messo su agli inizi dell’inverno e che ormai non ha più ragione di essere provato in sala prove, solo per il nostro piacere personale. Marco e Amedeo aspettano dalla macchina vista l’inutilità di presentarsi tutti insieme. Ci dirigiamo all’ingresso e sembrerebbe una cosa facile da fare se solo non fossimo costretti a girare intorno alla struttura una volta e mezzo per trovarlo. Entriamo e il locale è semideserto. Inizio a propormi al tizio dietro al bancone che si occupa della gestione. Ci dobbiamo calare le mutande chiedendo 150Euro come compenso da vincolare alla promessa di una dote da 20-25 persone. La proposta non può che essere accettata e la prima data al primo tentativo la portiamo a casa, senza neanche lasciare una demo. Torniamo alla macchina e ci dividiamo. Io e Amedeo ci prendiamo il centro storico da affrontare a piedi mentre Marco e Beppe, con la macchina, percorrono i viali. Si parte. L’aria della notte si fa sentire e, uno ad uno, tocchiamo con mano quei locali vivi, fino a quel momento, solo sulla carta. Intanto il ricordo quella sera di tre anni fa quando, in occasione del compleanno di Alice, le regalai il concerto di Sergio Caputo. Era in Italia per una mini tournee dopo il suo ultimo, quasi sconosciuto, lavoro discografico. La convinsi ad uscire, vincendo quella vena di sconforto che l’aveva presa e guidai fino a Forlì. Ci aspettava un concerto a base di due chitarre elettriche e voce con un palco a stretto contatto con il pubblico. Io del cantautore in questione non conoscevo granché ma non era la mia festa e l’idea era comunque stimolante. Dopo l’ultima nota e parola, cantata senza cedimenti dalla mia festeggiata, l’artista si diresse immediatamente dietro al bancone e cominciò a servirsi da solo. Non proprio usuale come abitudine. Poi l’attesa per ritrovarlo all’uscita dei camerini, una volta smaltita gran parte dell’odiens più numerosa. Finalmente lo rivedemmo ancora con un bicchiere di qualcosa in mano e, sulle comode poltrone iniziammo una conversazione che proprio non avrei sperato per mettere il fiocco a tutto il pacchetto. Scoprimmo una persona amante del bere nel quale sembrava affogare una perenne tristezza. Scattai una foto ad entrambi e lui sfoderò quel sorriso prestampato da fotografia senza significato. Mi fece una gran pena. Il locale si chiamava “Corso Garibaldi, 82” come l’indirizzo a cui è domiciliato (idea stimolante) e l’avrei ritrovato sulla mia strada proprio ieri sera, dopo i vari tentativi di collocarlo nello spazio degli ultimi tempi passati alla ricerca di locali a cui proporre il mio progetto Jazz. Chiedo del direttore artistico e possiamo entrare saltando il pedaggio. Siamo dentro e posso rispolverare la memoria, regalandole nuovi e luccicanti colori, invece della sbiadita fotografia rimasta nei miei ricordi. Saluto Luca, con la promessa di risentirci prossimamente, in vista del prossimo assetto invernale del locale. Ritorniamo sulla strada e tra le tappe, alternate a seconda delle esigenze personali o del gruppo, Una sosta al Forno Vassallo dove le trecce al prosciutto si rivelano sempre più inversamente proporzionali, in grandezza, alla cifra indicata sullo scontrino. Una voglia improvvisa di due biscotti tra pasta frolla e cioccolato, per addolcire il palato, e il ritorno a casa. scopro una bella città che avevo dimenticato essere così suggestiva. Mi fa piacere. Ci ricongiungiamo agli altri a Piazza Vittoria e dopo un salto al Naima Club (chiuso) ritorniamo a casa col nostro piccolo bottino di date, conoscenza del territorio e contatti utili. Falling downI'm falling down And fifteen thousand people scream They were all begging for your dreams I'm falling down Five thousand houses burning down No-one is gonna save this town Too late, I already found what I was looking for You know it wasn't here... no It wasn't here I was calling your name But you would never hear me sing You wouldn't let me begin So I'm crawling away 'Cause you broke my heart in two yeah, No I will not forget you Too late, I already found what I was looking for You know it wasn't you... No, it wasn't you, no Falling away You would never see me through No I can not forget you Falling down Five thousand houses burning down No-one is gonna save this town, yeah... Too late, I already found what I was looking for You know it wasn't you... no It wasn't you, no Falling down, Now the world is upside down yeah.. I'm heading straight for the clouds Muse ascolta...