Parole in confusione

dal garage


Secondo TempoAl secondo giro intorno all’isolato ci facciamo circondare dalle righe gialle (che non è un bel colore) di fronte a un bel cartello di rimozione forzata con qualche riga scritta sopra. Un posto lasciato libero in una situazione tragica come quella non poteva offrire garanzie consistenti. Il divieto intimidatorio, però risultava inefficacie perché limitato nel tempo se ci si soffermava a leggerlo attentamente come ho fatto io. Rimanendo ferma l’incognita del giallo ho lasciato decidere a Matteo vista l’eventuale multa di sua proprietà. Raggiungiamo in pochi passi il locale e subito l’atmosfera mi fa una piacevole impressione. Nella filo diffusione gira una voce femminile dal sapore anni ’50, regalato soprattutto dal taglio delle frequenze e dal percorso obbligato del suono. Scopro un ambiente confortevole caratterizzato da un rivelante spreco di candele. Proseguiamo oltre il corridoio caratterizzato dal bancone e saliamo le piccole scale. Si apre una stanza più ampia mentre la musica di sottofondo cresce di intensità fino a prendere forma fisica nell’ultima stanza, comunicante con la prima. Il duo è la voce femminile di lei e il contrabbasso di lui, entrambi suonati con molto gusto. Ci sediamo ad uno dei tavolini e la cameriera raccoglie l’ordinazione. Scopro di essere in un’enoteca e rimando la scelta ad un incerto futuro. Gli ascoltatori sono pochi e mi meraviglio, sei persone in tutto, ne meriterebbero certamente di più. Scopriamo gradualmente della stanza riservata dalle 23.00 in avanti e che mancano pochi minuti, così come alla fine del concerto che arriva puntuale. Possiamo incrociare le mani e fare le presentazioni, da unire ai complimenti. Vengo a sapere che il motivo dei tavoli prenotati è la festa lesbo che sta per cominciare e, mentre riesco a spiegarmi il perché di tutto quel gioco mancato di sguardi, faccio caso alla dee-jay pronta a subentrare ai musicisti nella professione del distribuire note. Mi stupisce con una versione di un brano dei Franz Ferdinand che devo assolutamente domandarle per merito di chi. Faccio quindi la conoscenza del gruppo delle “Scissor Sister”. La serata prosegue insieme a Deborah, la cantante, il suo coinquilino e un’allieva di lei. Di li a poco siamo in Piazza maggiore e prendiamo la porta del “Balmoral”. Ricordo che l’ultima volta che vi misi piede era in occasione della festa di laurea di Max, compagno d’università di Nicola e Seba. Rientrarci così senza preavviso mi ha fatto piacere soprattutto visto il gruppo jazz che si stava esibendo, decisamente accattivante. Tutti ragazzi della “giovane” scena bolognese che spero presto di imparare a conoscere. Un ragazzo al sassofono che mi ha veramente fatto rimanere con le orecchie spalancate. Ordiniamo qualcosa e Matteo può finalmente mettere qualcosa dentro il serbatoio dello stomaco aspettando di togliere dal rosso battente anche la spia della macchina che ci ha portati, senza spingere, fino a li. Tra le varie offerte il mio gusto viene subito stuzzicato dal Tiramisù della casa che non tarda molto a presentarsi in tutto il suo splendore sotto i miei occhi. Ancora una buona partecipazione nelle vesti di pubblico e poi fuori, a piedi, per raggiungere il “Chet Baker” con la sua rinomata fama di Jazz Club. Arriviamo a concerto già finito ma riusciamo comunque a soddisfare la necessità di Matteo di parlare con il proprietario in vista di un futuro inserimento nella programmazione. Torniamo sotto il portico e le nostre strade si dividono. Raggiungiamo l’auto e facciamo rifornimento sui viali di Bologna. La via Emilia la sfruttiamo fino in fondo e intorno alle 2.30 posso riposare un corpo che avverto pesante, con la mente rivolta allo straordinario organizzato del sabato mattina che è già cominciato.