Parole in confusione

le esigenze sulla strada per il Gasoline


Avere memoria della giornata di ieri potrebbe sembrare una cosa semplice ma potrebbe anche essere una cosa difficile. Il lavoro ha smesso di impegnarmi la mente e non la considero una cosa positiva. Se come ambiente e tipologia di lavoro, a metà tra il magazziniere e il corriere, sarebbe perfetto, il sapere che non avrò mai la possibilità di ritagliare tempo necessario a una delle poche cose importanti della mia vita, la musica, mi ha lasciato col serbatoio perennemente in riserva. Cercherò un altro posto di lavoro nel fine settimana e questa è una speranza fondamentale per stare su e ammorbidire l’espressioni del viso nell’ambiente famigliare. Guardo al futuro con la speranza e la certezza che prima o poi riuscirò a trovare una zona franca dove poter alternare il dovere al piacere. Mi dispiacerà un giorno andarmene soprattutto per le persone che ho conosciuto che per il resto. Non è facile riuscire a convivere in un ambiente ostile, tutti (forse) avrebbero qualcosa di meglio da fare, come quello del lavoro. Le escursioni col daily mi aiutano a glissare su quella mancanza di apprendimento e di efficienza, legati all’interesse, che si fanno sempre più vive. Mi dispiace ma non riesco a mettere la passione nel dovere, quella passione che mi aiuterebbe ad arrivare a casa stanco, la sera, con la certezza di essere servito a qualcosa. Per me il lavoro rappresenta il sostentamento, forzato e coatto, della società moderna. Paghi lo stipendio, la sopravvivenza e quei pochi agi che ti agitano sotto il naso (macchine, vizi ecc…) con le ore migliori della tua giornata e con gli anni migliori della tua vita. Per me non ne vale la pena. Il mio necessario e l’amore di una ragazza Stupenda e la possibilità di scrivere qualche parola e metterla in musica. Sono i miei bisogni primari oltre al solito mangiare, bere e dormire. Non devo arrivare, essere qualcuno attraverso il mio lavoro, presuntuosamente mi vado bene e sono felice per quello che sono. Tornando da Lugo (RA), ieri mattina, avevo notato dei contadini intenti a seminare qualcosa su loro pezzo di terra. Mi sarebbe piaciuto fermarmi e mettermi a lavorare un po’ con loro, parlare, conoscerli, capire cosa stavano facendo e quella che era la loro vita. Probabilmente se l’avessi fatto mi avrebbero cacciato o, perlomeno preso per matto ma sarebbe stata sicuramente una cosa interessante da fare. Nel pomeriggio, durante il solito vortice di consegne dovevo tornare negli uffici della I.T.S.. Il pensiero di rivedere Federica non mi faceva impazzire ma non potevo esimermi. Dovevamo vederci due settimane fa, dopo che le avevo esposto il mio tremendo problema di curiosità su tutti questi anni passati senza mai avere notizie, l’uno dell’altro, nonostante l’essere coetanei e praticamente vicini di casa. L’appuntamento era stato fissato per un mercoledì ma abbisognava di una conferma a mezzo telefono. Dovevo chiamarla il giorno prima ma non feci in tempo a ricordarmene e così rimandai alla pausa pranzo del giorno dedicato alla mia curiosità. Non la trovai ma lasciai il mio numero di cellulare al padre ammalato. La sua telefonata non è mai arrivata facendomi pensare a lei come ad una di quelle tante ragazze che dicono le cose senza pensarle, solo perché sta bene farlo. Questo tipo di delusioni non mi fanno più male anche se la strada per la parziale insensibilità è stata lunga. Ieri mi apprestavo a rivederla durante lo svolgimento delle mie funzioni e pensavo all’atteggiamento di cortese distacco da presentare. Non mi piace disturbare le persone e il mio entusiasmo, per tutto quello che sento spontaneo e ispirato, alle volte rischia di precipitare in modo eccessivo sulle spalle degli altri. Se lei non avvertiva quella stessa esigenza di ritrovarsi dopo così tanto tempo a parlare me l’avrebbe potuto dire tranquillamente ma non sempre, e soprattutto le donne, fanno arrivare quello che pensano, proprio perché, troppe volte, non sta bene. Condizione inaccettabile per la sincerità. Entro e la saluto con un normalissimo “Ciao” a cui lei risponde nello stesso modo. La collega mi accompagna nel magazzino dove lasciare quelle due sportine e sei verghe d’acciaio. Le faccio firmare le bolle e improvvisamente mi balza agli occhi quell’immenso scaffale di legno fatto a mano che mi dice avere la bellezza di trent’anni. Immortalo con la fotografia il prezioso pezzo di artigianato e mentre sto ritornando alla cabina di guida arriva Federica, a sorpresa, a fermarmi. Chiarisce la situazione e la cosa mi fa piacere. Bisogna sempre lasciare un margine di sicurezza prima di giudicare persone e situazioni. Mi lascia il suo numero di cellulare e rimaniamo d’accordo per ritrovarci, una sera della settimana prossima. Getto la veste del lavoratore e rimetto quella del tendente musicante. È la serata dedicata alla ricerca di concerti sul territorio ravennate è anche il turno di riposo di Amedeo e il primo di Davide, che per una sera deve abbandonare le grazie della ragazza. Partiamo sulla via Emilia e la prima tappa è a Faenza (RA), al centro sociale Capolinea. Ci accoglie un punk sulla quarantina con un ciuffo da cresta rossa sul posteriore della nuca che sta curando un bel fuoco giallo e scintillante all’avamposto di ingresso di cui è il solo custode. Ci rimanda al lunedì, serata dedicata alle riunioni e alle varie proposte. È solo l’inizio. Arriviamo a Russi (RA) e poi Godo (RA) raccogliendo recapiti e conoscenze utili anche se la meta ultima e più interessante rimane il Gasoline di Ravenna. L’aperitivo lo dedichiamo al passaggio in un altro pub nel centro città che conosco e dove assistetti, in compagnia dell’Annalisa, ad un concerto Jazz con Roberto Faenzi alla batteria. Personaggio che volevo coinvolgere nelle registrazioni del mio prossimo cd - 4 Caffè -. La collaborazione non ci fu mai, nonostante la sua disponibilità a prendere in considerazione l’idea. Adesso, al posto del locale la vetrina pubblicizzava un centro estetico. Mi ha fatto tristezza. Per il Gasoline la mappa fotocopiata non ci poteva venire in aiuto perché limitata alla carta e ai suoi confini. Cercavo di rintracciare qualche traccia del ricordo della prima e unica volta che ci avevo messo piede. Suonava un gruppo quella sera ma non erano niente di eccezionale. Non avevo preso niente da bere e alla cassa mi aspettavano per il pedaggio dei 6Euro da consumazione obbligatoria. Ero intenzionato a darglieli solo per la perlustrazione del locale ma gli sembrava troppo illogico che non ne approfittassi per farmi una bevuta anche se non avevo sete. Alla fine ordinai un caipiroska alla fragola che si divisero i miei compagni di avventura. I 6Euro erano così rientrati nella logica comune. Adesso, nonostante le indicazioni del pizzaiolo (che mi aiutò a suo tempo per rintracciare il locale diventato centro estetico), non riuscivo proprio a ricostruire un percorso affidabile. Dopo aver raccolto altre informazioni lungo il percorso e aver fatto due o tre avanti indietro sulla stessa strada, ci ritrovavamo nuovamente sulla Faentina, da dove eravamo arrivati. Prima della Porta, su via Matteotti ero nuovamente sceso per chiedere informazioni ad un bar ancora aperto. Il tipo si era anche prodigato nell’illustrazione di una cartina “fai da te”, guarnendo il tutto di elementi utili a caratterizzare il territorio, un carico dell’acqua, il ponte, le varie rotonde e il distributore dell’Agip che affiancava il tanto agognato “Gasoline”. Seguiamo passo passo le istruzioni definitive e dopo un bel tour di dieci minuti circa ci ritroviamo esattamente al punto di partenza, sulla Faentina col muso puntato verso Faenza. A questo punto diventa una questione di principio. Ripassiamo davanti al bar ma non ci fermiamo di nuovo. Saliamo sul ponte e alla rotonda, invece della prima, decidiamo per la seconda a destra. È la mossa decisiva. Vediamo il distributore e, finalmente, il “Gasoline”… chiuso. Va beh tanto la cosa più importante era già stata fatta. Torniamo a casa passando da Bagnacavallo (RA) dove troviamo il Bar Ramenghi in chiusura con la barista bionda dell’est e (forse) sua figlia a darci qualche informazione e contatto utile. A Massalombarda (RA) l’ultimo locale, chiuso, prima del letto dell’una di notte, passata.