Parole in confusione

la sveglia


La domenica mattina partiva da un ottimo presupposto. La casa, lasciata libera dalla dipartita dei miei del sabato pomeriggio precedente, offriva uno spazioso giaciglio in comune da condividere al momento di chiudere gli occhi. Il ritorno da Bologna ci lasciava spegnere le luci intorno alle 2.00 e quella necessità di recupero psico-fisico non mi aveva nemmeno lasciato lo spazio per un pensiero che anticipasse il sonno. La sveglia di domenica mattina può essere traumatica, figurarsi quando tende al sabato sera appena trascorso. Quel dormire che mi stava riuscendo così bene viene spiazzato dalla comunicazione di Giulia che, ha causa di un’allergia montante dovuta alla polvere, decide di tornare all’offerta del mio materasso privato. Il mio palato sopraffino si era lasciato sfuggire questo tasso eccessivo presente nella nuova sistemazione che continuavo a gradire comunque al solito divano. Reagendo al distacco con qualche parola restata incastrata nella bocca, ritornare nel mio mondo fantastico non aveva presentato nessun ostacolo. Mi aspettava un sogno altrettanto fantastico molto alla pellicola hollywoodiana. C’era il solito scienziato geniale che cercava da sempre di costruire un robot funzionante che potesse essere utile alla società nelle vesti di agente di polizia. Riuscendo finalmente nel suo intento però, la situazione sfuggiva di mano al povero scienziato e ai suoi amici. Il regista (me medesimo) mi aveva assegnato un ruolo da co-protagonista e la cosa potrebbe assomigliare leggermente alla favola Muccino&co. ma non fa niente. Insomma, il robot funzionante aveva una personalità cattiva ed era riuscito a risvegliare anche tutti gli altri costruiti dallo scienziato. A questo punto, con un bel salto temporale, il mondo si trovava in balia di questi agenti robot e una piccola resistenza, tra cui il co-protagonista, me medesimo, cercava di opporsi in qualche modo. La parte del protagonista l’avevo affidata, con successo, al recente premio oscar Forest Whitaker e proprio a lui toccava il gesto più pericoloso e determinante nella lotta ai robot ora giunta nelle strade delle città. Con una scena ripresa in modo veramente talentuoso era riuscito ad impossessarsi di una delle armi delle macchine, le uniche utili a danneggiarle. Da lì i ribelli, me medesimo compreso, erano riuscite a riconquistare il controllo della città e, …Andrea… proprio mentre stavano festeggiando tutti insieme, …Andrea… in cerchio con le armi alzate al cielo e Whitaker mi sorrideva …Andrea… una piccola voce si faceva …Andrea… strada dentro di me. – “Andrea”Apro gli occhi e capisco che Giulia è venuta gentilmente a offrirmi il buongiorno delle 9.30. L’unica persona che, su questa terra, avrebbe potuto permetterselo, ricevendo in cambio una reazione estremamente pacifica ad un evento tanto destabilizzante. La riempio di bacini dopo essermi lavato i denti, perché aprire la bocca e darle fiato di prima mattina è sempre un trauma per chi ti sta a sentire. Facciamo colazione e per il pranzo siamo di nuovo da mia nonna che ha preparato le tagliatelle col ragù a cui far seguire un secondo e un dolce. Giulia deve prendere il treno che tende alle 14.00. il blocco del traffico rende agevole e rilassante il viaggio verso la stazione, con quel po’ di anticipo necessario a fare tutto con calma. Ci dobbiamo salutare, in anticipo sulle mie previsioni ma ci tiene allo studio e posso solo capirlo e cercare di accettarlo nel mio modo migliore. Torno alla mia domenica senza lei. La sera, insieme ad Alex e Marco, andiamo a vedere la partita di ritorno del campionato di calcetto femminile che pone di fronte amiche comuni dei miei due accompagnatori. Il tempo mi tradisce offrendo vento, pioggia e freddo, non così comuni per questo inverno. Seguo la partita sotto l’ombrello condiviso con Alex, dall’altra parte della rete. Ringraziamo la portiera (portiere al femminile) che ce l’ha prestato. Molte delle ragazze in campo infatti giocano anche a pallavolo dove il mio vicino di riparo svolge le funzioni di vice-allenatore non stipendiato. Arriva anche Matteo “Zac” con cui ho condiviso tanti allenamenti e partite di pallacanestro in gioventù. È qui per vedere la sua ragazza, come all’andata. In campo rivedo Alessia che saluto su una rimessa laterale. Fa veramente freddo e sul 2-0 finale per le ragazze in maglia bianca dove Rita, altra vecchia conoscenza, indossa il numero 10 decidiamo di tornare a casa. il lavoro mi aspetta il giorno dopo. Suona la sveglia e mi alzo. Il sole continua a regalare splendide giornate. Mi rimane il siparietto divertente al momento di una delle tante consegne al magazzino della Cefla di via Bicocca. Uscendo dalla parte di magazzino destinata allo scarico merci vengo investito da una corrente d’aria poderosa sparata dal basso. Me stesso: - “Fa molto Marylin Monroe…” Magazziniere con l’accento del sud: - “La prossima volta vieni con la minigonna.”