Parole in confusione

sulla punta della lingua


A questo giro bisogna fare un salto temporale leggermente più lungo. Lunedì sera, attanagliato da quella voglia di una sfida a ProEvolution soccer, alimentata dal desiderio di tornare a calcare realmente il sintetico del calcetto, avevo chiamato Alex per prenotarmi un posto sul divano di casa sua. L’offerta, da parte sua invece, sarebbe stata decisamente più accattivante. Una partitella, di quelle dei vecchi tempi, era già in programma sul rettangolo di gioco all’aperto, affittabile presso il centro sociale “La Tozzona”. L’idea di saltare la doccia imminente del dopo lavoro poteva sembrare fastidiosa ma per una buona causa potevo resistere. La conferma via sms dell’orario a cui presentarmi in tenuta sportiva e potevo fare nuovamente il mio ingresso nel campo ad ore, illuminato dai riflettori. La ruggine da togliere era molta ma non mi spaventava più di tanto. Le squadre, 5 contro 5, le casacche per la squadra avversaria, anche se ormai ci si conosce tutti e si può avverare il momento del calcio d’inizio. Prendiamo subito un parziale da cappotto (all’incirca un 6-0) ma poi, finalmente, la palla inizia ad entrare anche nella porta avversaria. Ritrovo il buonumore e quella scarica positiva da tutti i pensieri che affollano la mia giornata, nel bene e nel male. Le ultime partite, giocate circa tre mesi fa, avevano portato solo nervosismo e, nonostante la mia intenzione di parlare il meno possibile, le sensazioni non erano più quelle giuste. All’ingresso Benso mi saluta così: - “Toh, chi si rivede!” Il senso che ci ho dato io è stato più o meno questo. “Hai capito che se vuoi giocare in campionato devi venire ad allenamento altrimenti ti lasciamo fuori squadra?” Non so se intendeva veramente questo con il tono di voce, non m’interessava approfondire anche perché se faccio qualcosa è perché la sento e non per avere qualcosa in cambio. Tornando sul verde, il fiato non mi dava l’impressione di cedere più di tanto anche se l’inattività non poteva aver portato così tanti vantaggi. Mi diverto e ci divertiamo. Alla fine il passivo si trascina ma perdere non è poi così importante in certi casi. Torno a casa, mi lavo e lascio al letto ogni cura rigenerante del mio corpo. Al risveglio, ieri, ho motivo di pensare che il trattamento non sia riuscito poi così bene. Dal primo piede appoggiato per terra capisco che sarà una giornata difficile. Sono tutto indolenzito. La caviglia destra, la coscia sinistra, il bacino (sui fianchi) e soprattutto il ginocchio destro che ad ogni riduzione dell’angolo mi fa pensare a quale smorfia di dolore sia meglio trasmettere alla faccia. Devo andare a lavorare e non c’è nessuna possibile alternativa da vagliare. Oltretutto sembra che i corrieri si siano dati appuntamento per venirci a riempire il magazzino. Nonostante le otto ore non riusciamo proprio ad arrivarci dietro. Mi tocca pure qualche consegna compresa quella spettacolare di qualche raccordo di tubo da fare a Trebbi, un nostro vicino di capannone. Ivan mi allunga la scatola e mi fa: - “Magari fatti prestare la bici da Max così chi sai tu non rompe il cazzo.” Si riferiva al capo-area presente per la sua visita settimanale. Mi lascio sorridere. Inforco la bicicletta e, con la scatola fermata dalla molla del portapacchi posteriore, mi getto dentro un’importante giornata di sole. Sono 200mt che mi separano dal luogo della consegna ma riesco a godere di ogni cm affrontato sui pedali. Per un breve istante mi ritrovo scaraventato in un passato recente che ricordo sempre con nostalgia. Una goccia di ottimismo da conservare sempre, sulla punta della lingua. Alla sera mi aspetta la solita cena da proprietario immobiliare. Piadina e prosciutto crudo nel freezer da scongelare mentre mi faccio la doccia. Poi il formaggio fresco, lasciato al buio del frigorifero dalla sera prima, da spalmare a fatica sul piatto usa e getta (errore della dispensa dovuto a mia madre) che mi risparmia così tante preoccupazioni. Mangio e poi le prove del gruppo in vista del concerto prossimo di Giovedì. Mi tocca pure cantare vista l’assenza di Marco. Al ritorno carico l’amplificatore nel bagagliaio, regalando un assetto decisamente più basso alla mia Yaris, come è stato per tanti anni. Lascio Davide a casa e in compagnia di Beppe passiamo dal Sonix (ww.sonixhall.it) in cerca del direttore artistico e di una eventuale data a cui pensare. Da fuori riconosco le note di un pezzo degli AC/DC. Entriamo e al buttafuori chiedo di poter parlare con chi di dovere. Mi dice che è sul palco e sta suonando ma la cosa mi lascia piuttosto interdetto. Espongo le mie perplessità e così ci regala due drink card senza obbligo di consumazione insieme all’invito a farci un giro. Immediatamente capisco il perché di tanta disponibilità. Il locale è deserto. 5-6 persone al massimo e sul palco altrettanti musicisti che, come cover band degli AC/DC, se la cavano alla grande e che, se non fosse per tutto l’indolenzimento da recuperare, rimarrei assolutamente ad ascoltare. Purtroppo mi devo arrendere, almeno questa volta.